Affidare alla Nato il comando delle operazioni in Libia è «la soluzione di gran lunga più appropriata». Le parole pronunciate ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, «in piena sintonia con Stati Uniti, Regno Unito ed altri alleati», hanno in pratica assecondato la nuova posizione del governo, anticipata dai malumori leghisti di inizio operazione. «Si ricompone in questo modo una politica interna gradualista – dice Massimo Franco a IlSussidiario.net -, meno intenzionata a seguire lo schema Sarkozy e più fedele a un’interpretazione restrittiva del mandato dell’Onu. Sul piano internazionale ora è la Francia il Paese più isolato».
Qual è il suo giudizio sull’operazione e sul ruolo giocato dal governo in queste prime fasi?
Da un lato la missione è stata tardiva, dalle analisi dei centri di ricerca occidentali è emerso infatti che per fermare Gheddafi e aiutare gli insorti sarebbe stato necessario intervenire almeno due settimane prima. Dall’altro, grazie soprattutto al protagonismo francese, si è andati al di là dei compiti che l’Onu aveva previsto inizialmente. Di conseguenza si iniziano a intravedere gli effetti delle crepe presenti nella coalizione. Per quanto riguarda il governo, la sua posizione è stata piuttosto ondivaga.
Per quale motivo?
Berlusconi aveva puntato sull’eventualità che Gheddafi restasse al suo posto. D’altronde, prima che iniziasse la guerra, sembrava davvero possibile che il rais riuscisse a resistere e a riconquistare il proprio Paese. La mossa franco-inglese ha poi spiazzato il premier costringendolo a prendere una posizione totalmente ostile a Gheddafi. L’atteggiamento scettico della Lega ha però finito col prevalere riportando il Presidente del Consiglio sui suoi passi. Di certo, l’immagine che è emersa è stata quella di una politica estera molto confusa, anche se bisogna tenere conto del fatto che rispetto a una risoluzione dell’Onu era molto difficile chiamarsi fuori.
La Lega secondo lei ha saputo capire gli umori dell’opinione pubblica prima del Pdl o è stata addirittura tentata, come sostiene qualcuno, dall’ipotesi di aprire una crisi?
Non penso che il Carroccio avesse intenzione di indebolire Berlusconi. Penso piuttosto che Bossi abbia temuto molto i possibili contraccolpi sul piano dell’immigrazione di una possibile destabilizzazione del Maghreb. Per il resto, ma questa è una costante, quando il leader del Carroccio si allinea al Cavaliere è sempre costretto a marcare la sua identità, anche in modo polemico, sui temi cari alla propria base.
Quanto inciderà sul quadro politico il rischio di flussi migratori incontrollati?
Questo tema avrà un impatto molto forte sulla gente, persino superiore al timore di attentati terroristici. Tutte le regioni hanno dovuto prepararsi ad accogliere profughi. Ci attende una prova molto pesante che potrebbe scatenare fortissime polemiche, soprattutto se l’Europa ci lascerà soli.
Un pericolo che paradossalmente rafforza il centrodestra?
Su questi temi la maggioranza è sicuramente più attrezzata dell’opposizione. Se però non riuscisse a far in modo che il peso venga distribuito anche al di fuori dei confini nazionali, quest’arma potrebbe ritorcersi contro il centrodestra.
All’interno di questo quadro in che posizione si trova l’opposizione?
Per ora la stella polare della sinistra è stata duplice: da un lato la posizione di Obama, dall’altro l’antiberlusconismo. Gli Usa stanno virando verso un’ipotesi Nato anche se i dettagli non sono chiari e si intravvedono differenze sostanziali: gli Stati Uniti infatti vorrebbero la cacciata di Gheddafi, mentre italiani, tedeschi e russi preferirebbero una linea morbida. Nell’opposizione credo che a questo punto sia logico aspettarsi una dialettica tra le diverse sinistre, anche se molto dipenderà dalle posizioni che il governo prenderà, a cominciare dalla discussione in Aula di oggi.
L’attacco alla Libia ha chiaramente stravolto l’ordine delle priorità della politica italiana. Un po’ difficile parlare in questi giorni di “rimpasto”…
Se ci sarà soltanto la formalizzazione della strategia della sopravvivenza, non ci sono altre prospettive. La maggioranza ora ha numeri maggiori ma, politicamente, li ha pagati a caro prezzo.
Il via libera della commissione giustizia all’emendamento che riduce i tempi di prescrizione per gli incensurati ha riaperto invece la polemica sulla giustizia.
È la conferma che non ci sarà nessuna riforma della giustizia, tantomeno condivisa. È evidente che ci sono forze, sia nel governo che nella magistratura, che lavorano contro questa possibilità. Le polemiche scatenate dal segretario dell’Anm, solo per fare un esempio, hanno senza dubbio rafforzato le componenti più estremiste del governo…
Da ultimo, manca ancora qualche mese ma, anche a causa della tragedia giapponese, si parla molto di referendum. Un eventuale successo rimetterebbe Vendola e Di Pietro al centro dello schieramento di centrosinistra?
Intanto devo dire che la moratoria sul nucleare mi è sembrata una scelta saggia e obbligata. Bisogna fermarsi a riflettere prima di decidere su un tema così delicato.
Per quanto riguarda l’opposizione prevedo uno spostamento ancora più deciso verso sinistra, favorito dai referendum ma non solo. Le distanze tra il Pd e Udc sembrano sempre più incolmabili. D’altra parte Casini sta attendendo pazientemente una crisi di sistema all’interno del centrodestra e non ha assolutamente voglia di rimanere intrappolato all’interno di qualche “Santa Alleanza”…
(Carlo Melato)