I drammatici avvenimenti libici di questi giorni riportano alla memoria i fatti dell’ottobre del 1985, con il sequestro della nave da crociera “Achille Lauro” e la conseguente crisi di Sigonella. Sono tempi lontani, in effetti, ma i problemi, e anche una parte dei protagonisti, sembrano gli stessi. In più, mentre oggi si discute di raid e bombardamenti, di comando della coalizione, contestando addirittura il vertice della Nato, di basi militari, c’è un’eco  diversa, dissonante dal comportamento di governi e uomini politici di allora e di oggi.
Alle ore 13 e 7 minuti del 7 ottobre del 1985, quattro terroristi sequestrano l'” Achille Lauro”. Si dichiarano, falsamente esponenti dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina). In realtà i quattro fanno parte di una fazione filosiriana, conosciuta con la sigla Fplp. E’ un’azione feroce, messa in atto per ottenere cinquanta prigionieri palestinesi che sono nelle carceri israeliane. In Italia scatta il massimo d’allerta.
Il primo a essere contattato è lo stesso Yasser Arafat, presidente dell’Olp, che si dichiara del tutto estraneo al sequestro e che, per questa ragione, emette un comunicato stampa ufficiale della sua organizzazione e suo personale. Arafat parla direttamente al telefono con il ministro degli esteri dell’epoca, Giulio Andreotti, e successivamente con il presidente del Consiglio, il socialista Bettino Craxi. E’ in quest’ultima telefonata che Arafat suggerisce a Craxi di trovare una mediazione attraverso un egiziano e il filosiriano Abu Abbas, un dissidente dell’Olp.
Dal canto loro i quattro sequestratori chiedono un negoziato con Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Germania Occidentale sotto la mediazione della Croce Rossa. Ribadiscono la richiesta dei cinquanta prigionieri e minacciano, altrimenti, di far saltare la nave. Subito si delineano le posizioni. L’Italia, con Craxi e Andreotti si decidono subito per la trattativa, gli Stati Uniti del Presidente Ronald Reagan, attraverso l’ambasciatore Rabb, fanno sapere che sono contrari a qualsiasi trattativa. La replica di Bettino Craxi è altrettanto perentoria: la trattativa si farà, anche se gli Usa non sono d’accordo. E’ il primo strappo tra la linea italiana e quella americana. Nel frattempo sulla nave la situazione degenera. Due terroristi sparano, uccidono e buttano a mare un ebreo americano disabile, Leon Klinghoffer. Il delitto è orrendo, ma il mediatore Abu Abbas riesce a entrare in contatto con i terroristi (si dice che sia lui l’ispiratore di tutta l’azione) e li convince a fare rotta verso l’Egitto. 



Nessuno sa ancora dell’uccisione di Klinghoffer e lo stesso comandante della nave cerca di nasconderlo per raggiungere Alessandria d’Egitto. La mediazione italiana continua, mentre gli Usa si fanno sempre più aggressivi e minacciano un intervento armato per liberare gli ostaggi. La trattativa quindi va avanti. La nave e tutti gli altri passeggeri sono salvi, mentre i quattro terroristi. più due rappresentanti dell’Olp, Abu Abbas e Hani El Hassani, salgono su un aereo egiziano. Sono accompagnati da un ambasciatore e da uomini dei servizi di sicurezza egiziani. L’aereo, un Boeing 737 parte dall’aeroporto del Cairo alle 23 e 15, destinazione Tunisia come contemplato dalla trattativa.
A quel punto scatta il piano americano suggerito a Reagan dai consiglieri Robert McFarlane e Oliver North ( il famoso colonnello dell’Iran-gate). Dalla portaerei americana Saratoga decollano quattro F14 Tomcat che intercettano l’aereo egiziano sopra Malta e gli intimano di seguirli. Tentano un atterraggio in Tunisia, che a questo punto rifiuta; in Grecia, che rifiuta; e anche in Israele, che pure rifiuta. La decisione è a questo punto di puntare su 
Sigonella che da due anni ospitava gli euromissili Cruise della Nato.
Craxi a questo punto viene contattato da un altro consigliere americano, Michael Ledeen. Il presidente del Consiglio italiano chiede perché gli aerei americani vogliono atterrare a Sigonella e chiede perché di questa operazione del governo americano non è stato informato. Alla fine Craxi acconsente all’atterraggio, ma dice subito che la gestione dei terroristi e dell’altro personaggio a bordo sarà gestita autonomamente dalle forze armate italiane e dalle autorità italiane. E’ un autentico schiaffo alla linea americana, allo stesso presidente Ronald Reagan, ma non fa una piega nell’ambito del diritto internazionale  e neppure della sovranità nazionale pur nell’ambito di una coalizione e di un’alleanza militare.
A questo punto avviene una scena irreale. Atterra l’aereo egiziano e poi, a luci spente, due C141 Lockheed della Delta Force americana.. Gli italiani della Vam (Vigilanza aeronautica militare) e 20 carabinieri italiani circondano l’aereo egiziano. Subito dopo arrivano gli uomini della Delta Force e circondano i  nostri militari chiedendo la richiesta del personale a bordo dell’aereo egiziano. Nel giro di pochi minuti, tra consultazioni rabbiose e concitate,  altri militari italiani, avieri e carabinieri circondano gli uomini della Delta Force. Sono minuti di tensione altissima, ma alla fine, come era nel loro diritto e come era stabilito nella trattativa, gli italiani prendono in consegna i terroristi e fanno decollare gli emissari egiziani e Abu Abbas verso Ciampino. 



Ancora una volta l’aereo egiziano sarà oggetto di un intercettazione di un Tomcat, Ma la vicenda finisce come doveva finire, con la gestione italiana della sua base, della sua linea di trattativa e dei suoi sacrosanti diritti nazionali. I quattro terroristi saranno giudicati in due processi a Genova e il maggior responsabile, il killer di Klinghoffer si beccherà l’ergastolo.
Se si eccettua la posizione ultra-atlantista di Giovanni Spadolini, tutto il governo da Craxi, ad Andreotti, al ministro della Giustizia Mino Martinazzoli ( che aveva voce in capitolo per l’arresto dei sequestratori dell'”Achille Lauro e il via libera al mediatore Abu Abbas) lavorò in piena sintonia.
E’ paragonabile quell’atteggiamento fermo e determinato a quello dei “dilettanti allo sbaraglio” della cosiddetta Seconda Repubblica  di fronte ai “willers” che, dopo aver contestato la stessa Nato, prescindono da ogni diritto nazionale ? Diciamo pure che siamo al grottesco, ascoltando i dibattiti nella aule in Parlamento.
Aggiungiamo anche due considerazioni di carattere politico internazionale che sembrano dimenticate in questi tempi. Il 14 aprile 1986 gli americani decisero di bombardare la Libia e Craxi cercò di opporsi. Quando vide che gli americani non desistevano, il presidente del Consiglio avvisò Gheddafi perché si salvasse. Quale era lo scopo ? Di carattere squisitamente politico: evitare un’esplosione di instabilità in un Paese islamico che sta di fronte all’Italia. Sembra, oggi, un problema che non ci riguarda.
Seconda considerazione. nel novembre del 1987, il presidente della Tunisia, Habib Borghiba, dava segni di senescenza fisica e mentale. La diplomazia francese si inserì in un gioco che voleva “teleguidare” un candidato “filofrancese” alla guida della Tunisia. Ventiquattro ore prima di questa mossa, ci fu un colpo di Stato incruento che portò ben Alì al posto di Bourghiba, bruciando il candidato di Parigi. E l’Italia diede subito l’appoggio  a Ben Alì. Per la stabilità nel Magreb. Leggere, per informazioni, le memorie dell’ammiraglio Fulvio Martini, allora capo del Sismi. Chissà se in Italia c’è ancora qualcuno che pensa a queste cose.

Leggi anche

Olanda sospende accordo di Schengen, Norvegia proroga stop/ Tornano i controlli alle frontiere: ecco perchéDOPO GHEDDAFI/ Catturato il figlio Saif al-Islam nel sud della LibiaLIBIA/ Processare Mohammed? La giustizia dei "ribelli" ricorda tanto Balduccio Di MaggioLIBIA/ Tutti quelli che sognano il fantasma di Gheddafi