Il silenzio non sempre è d’oro. Soprattutto quando si parla di politica e quando a parlare non è uno qualsiasi. Romano Prodi è tornato a sferzare il Pd, l’Italia e l’Europa attraverso interviste ed editoriali sempre molto centrati.
È normale che in un momento di confusione, dagli assetti nostrani fino alla crisi in Libia, uno dei padri nobili del centro-sinistra italiano faccia sentire la sua voce. Tanto è vero che l’interessato sottolinea come le sue siano soltanto indicazioni, manifestazioni di un reale attaccamento al Partito Democratico e al Paese.
Possiamo credergli? Assolutamente sì. Ma non sfugge a nessuno che la sua voce sia anche un grido d’allarme per una condotta quanto meno incerta da parte dell’attuale leadership del centro-sinistra. Di fronte ai molti nodi che rimangono da sciogliere, primo fra tutti quello delle alleanze – ma poi ci sono le primarie, le candidature, ecc. – si guarda con interesse a chi, pur con una formula improponibile oggi, ha sconfitto per ben due volte Silvio Berlusconi alle elezioni.
Che Prodi abbia voglia di tornare in campo e magari di candidarsi nuovamente come alternativa all’attuale inquilino di Palazzo Chigi è suggestione che per il momento attiene alla fantapolitica. Ma ogni suo intervento, ogni sua critica, rendono più evidente il vuoto che c’è attorno al Pd e al centro-sinistra in termini di progetto politico.
Non bastano dieci (dieci?) milioni di firme raccolte. Non basta nemmeno l’invito di Veltroni a scendere in piazza per sostenere la rivolta libica contro Gheddafi. Anzi, rimane la sensazione di un coro polifonico che crea tutt’altro che una piacevole armonia.
Quella di Prodi deve essere una sofferenza vera di fronte all’incapacità di mettere in campo un progetto chiaro: fatto di un programma, un leader e una coalizione coerente. Forse, il Professore vede con fastidio perfino l’ipotesi della ricerca di un Papa straniero per il centro-sinistra, a cominciare da quel Mario Monti che in tutto e per tutto ha un pedigree simile all’ex premier bolognese, ma che oggi, nell’epoca delle curve schierate a favore o contro Berlusconi, avrebbe scarsa o nulla possibilità di successo, se non come esponente di un vero governo di ampia convergenza parlamentare.
Insomma: ci aspetta un nuovo Prodi a guidare una coalizione di centro-sinistra? Crediamo di no. Ma comunque il tempo del Professore non è ancora terminato. Nei prossimi due anni, in Italia e nelle organizzazioni internazionali, ci sarà spazio per chi ha voglia di riportare al centro un progetto politico serio. Magari ricordando proprio le due vittorie ai punti contro Berlusconi. Purché non sia, però, un malinconico revival dei tempi che furono. Abbiamo bisogno di ben altro. E siamo sicuri che anche Prodi questo lo sappia.