Con o senza smentita il tema della successione a Berlusconi non sembra più un tabù. E così, nonostante le battute del premier («sarebbe il massimo che oltre a tutto ciò che mi attribuiscono mi prendessi anche la colpa su chi verrà dopo di me») e le dichiarazioni spontanee del Guardasigilli («non ho ricevuto alcuna investitura»), il dibattito aperto dalle indiscrezioni super partes del Guardian e del Wall Street Journal ha preso il via.



«Dare eccessiva enfasi alla vicenda, o viceversa liquidare il tutto come se si trattasse solo di una trovata propagandistica, sarebbe un grave errore – dice Peppino Caldarola a IlSussidiario.net -. Berlusconi inizia ad avere la grande tentazione di mollare e ad avvertire il peso di una lunga stagione politica. I messaggi che ha voluto lanciare, a mio avviso, sono essenzialmente tre. Per prima cosa si è rivolto a un partito ormai lacerato: il suo non sarà un ritiro definitivo e, come “padre nobile” del centrodestra, proverà a influire sul dopo attraverso un meccanismo di successione. Indicando un quarantenne, il premier ha poi fatto capire che non considera come possibili rivali i dirigenti della sua generazione, né di quella successiva alla sua. Il terzo messaggio, anche se forse a livello inconscio, penso sia rivolto ai suoi storici avversari, giudici e sinistra, affinché mollino la presa e gli rendano l’onore delle armi».



Più scettico Paolo Franchi: «Al di là di come sia davvero nata la notizia, la storia del Berlusconi politico è colma di proclami, smentite ed episodi di questo genere. Sinceramente fatico a leggere in questa storia una vera e propria decisione politica, soprattutto se si considerano l’attuale situazione e le inevitabili reazioni che era logico prevedere. Insomma, non mi sembra il momento più adatto per scegliere un erede. Da qui al 2013 può davvero accadere di tutto e quei pochi che anche hanno un disegno chiaro in mente faranno molta fatica a metterlo in pratica».

Che si tratti di vera investitura o soltanto delle prime prove tecniche di “successione”, per Marcello Veneziani le parole del Presidente del Consiglio hanno invece prodotto un notevole “cambio di prospettiva”: «Il mondo non finisce con Berlusconi ed è giunto il momento di un salto generazionale. Questi sono i due dati politici più importanti, anche se le inevitabili resistenze al cambiamento ne stanno ridimensionando la portata. Il punto più interessante, ad ogni modo, non è se sarà davvero Alfano il prossimo leader del centrodestra. Nemmeno il ministro della Giustizia può pensare di diventarlo attraverso una nomina dall’alto e senza alcun altro tipo di legittimazione. Il centrodestra dovrà individuare una terna di possibili leader che abbiano questo tipo di profilo. Poi si vedrà sul campo chi è realmente il più adatto a sostituire il Cavaliere». 



E Tremonti? Potrà rientrare nella corsa alla leadership del centrodestra o si tratta proprio di una bocciatura? «A mio parere – dice Caldarola – lui gioca un’altra partita: è una sorta di riedizione di Giuliano Amato, un “uomo di Stato”, una figura che potrebbe essere designata da entrambi gli schieramenti e che non attende investiture di questo tipo».

«Se l’ipotesi Alfano dovesse davvero prendere corpo – sostiene invece Franchi – l’asse Lega-Tremonti non la prenderebbe di certo bene e non solo per la sicilianità dell’attuale ministro. Detto questo, il Carroccio non crede a una ricandidatura del Cavaliere nel 2013, ma i conti con il dopo Berlusconi deve ancora farli». Di “schiaffo” nei confronti del ministro dell’Economia parla invece Piero Sansonetti: «Mi sembra la vera ragione di questo annuncio. La scelta di Alfano è più simbolica che reale, e forse nemmeno Berlusconi la ritiene praticabile. Detto questo, al di là dei nomi, nell’era post-berlusconiana l’attuale rapporto Pdl-Lega non sarà riproducibile. Il partito di Bossi è ormai legato per la vita all’attuale Presidente del Consiglio: quando il Cavaliere passerà la mano il Carroccio è destinato a crollare, così come il centrodestra che abbiamo conosciuto in questi anni. Devo dire però che la cosa più positiva di questo annuncio mi sembra comunque il modello scelto: Alfano è uno dei politici più dialoganti e meno aggressivi dell’attuale centrodestra. In poche parole, l’anti-La Russa».

Anche secondo Mario Sechi l’uscita di scena di Berlusconi porterà inevitabilmente alla ristrutturazione profonda del centrodestra: «Non esistono successioni dinastiche nei partiti, soprattutto se ci riferiamo a quelli contemporanei, che sono propriamente dei “non-partiti”. Al di là di tutti i discorsi, il nuovo leader verrà scelto soltanto da chi nel ’94 volle Berlusconi premier, ovvero gli elettori. L’eventuale uscita di scena del Cavaliere Berlusconi, a mio parere non così vicina, chiuderebbe comunque la stagione di questo centrodestra e riporterebbe sul campo una serie di vecchi e nuovi competitor. Tra questi probabilmente nessuno avrà il carisma del Cavaliere. Uno di loro però ci si avvicina molto, anche se andrà testato a livello elettorale, ed è Luca Cordero di Montezemolo».

«Temo davvero che questo sia lo scenario più probabile – conclude Sansonetti -. La Terza Repubblica si aprirà con l’uscita di scena di Berlusconi e vedrà la discesa in campo del blocco politico-sociale che fa riferimento alla borghesia torinese e alla Fiat, il che comporterà uno spostamento a destra. La successione di Alfano rischia così di ridursi a una pia illusione: il Cavaliere infatti non può estendere la sua vittoria sul dopo perché senza di lui il centrodestra non esiste. Ecco perché il dopo, dal suo punto di vista, non può che essere una sconfitta».

(Carlo Melato)