La vigilia del processo Ruby va raccontata. Affinché il lettore si faccia un’idea di quel che accadrà durante il dibattimento. Davanti al Palazzo di Giustizia di Milano stazionano da tre giorni i pulmini delle televisioni straniere. Giornalisti, tecnici, cameraman, provenienti da Austria, Spagna, Germania, Francia, Inghilterra, la Cnn statunitense, Al Jazeera, che tra un reportage dalla Libia ed uno da Lampedusa ora si occuperà dell’Italia grazie a Ruby.
Ora, dato che il Procuratore generale di Milano, Manlio Minale, notoriamente ostile alla pubblicizzazione dei processi in tv, ha vietato tassativamente l’ingresso alle telecamere e ai fotografi, di questo ambaradan giudiziario nessuno potrà avere immagini. Non solo, occorre ricordare che l’udienza del 6 aprile è una tipica udienza di cosiddetto smistamento, servirà solo per aprire ufficialmente il dibattimento, che sarà subito rinviato al 31 maggio. Non ci sarà Berlusconi, non ci saranno gli avvocati più famosi della difesa, come Ghedini e Longo, non si vedrà Ruby, né le altre ragazze coinvolte a vario titolo nell’inchiesta.
In un primo tempo la presidente del collegio giudicante, Lidia Turri, aveva ipotizzato la sola presenza delle telecamere della tv pubblica, la Rai, che avrebbe poi distribuito gratuitamente il segnale alle altre emittenti italiane ed estere. D’accordo con questa soluzione anche il capo della Procura di Milano, Edmondo Bruti Liberati, e la Presidente del Tribunale Livia Pomodoro. L’irremovibile Minale ha però puntato i piedi e per ragioni di ordine pubblico, visto l’esercito mediatico sceso in campo per questo processo, ha ordinato che tv e fotografi stessero all’esterno del Palazzo. Dunque l’udienza che sta mobilitando l’intero mondo durerà si e non una ventina di minuti e poi tutti a casa, compresi i soliti sostenitori del premier accampati all’esterno del Palazzo e i previsti contro manifestanti convocati anche loro via sms dal Pd.
L’Aula prescelta è quella della Corte d’Assise, che ha visto ben altri imputati per processi anche clamorosi al tempo di Mani pulite, lì Antonio Di Pietro annunciò al termine della requisitoria su ENI-Sai le sue dimissioni dalla magistratura, e lì si svolgono abitualmente processi contro affiliati della ’ndrangheta e del terrorismo. Per l’occasione è stata completamente riverniciata, i pavimenti tirati a lucido, i carabinieri opportunamente istruiti per il mantenimento dell’ordine e del decoro. Le gabbie che solitamente contengono i detenuti sono state pietosamente ricoperte da teli bianchi ignifughi per non mostrare alla stampa estera di tutto il mondo che in Italia esistono ancora queste gabbie. Non sappiamo al momento se verranno collocate le abituali piante di ficus utilizzate per i grandi appuntamenti istituzionali o commemorativi.
Fin qui la cronaca, il colore, gli aneddoti di un evento che per molti aspetti è senz’altro unico nel suo genere. Domani inizia a Milano il processo ed ecco sul Corriere della Sera di oggi in prima pagina tre intercettazioni telefoniche che riguardano conversazioni private di Silvio Berlusconi. Si badi bene che il premier è un onorevole, un deputato del Parlamento, e solo la Camera appositamente chiamata a farlo può concedere ad un pubblico ministero la possibilità di fare e pubblicare intercettazioni riguardanti un parlamentare.
Nel fascicolo, va detto, voluminoso, dell’accusa al premier, cui si contesta da parte dei pm milanesi il reato di concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile, ci sono molti omissis con la corretta dicitura “ non utilizzabile perché soggetto ad autorizzazione della Camera”. Ma guarda un po’ che combinazione, vuoi per un certo disordine presente in molte cancellerie, vuoi per qualche impiegato un filo distratto, tre di queste private conversazioni sono, diciamo così, filtrate. E il Corriere della Sera, poveretto, che poteva fare se non inzuppare il biscotto nella cremosa panna? Non senza aver avvertito il lettore che così non si dovrebbe fare, che è scandaloso che così accada, che guai a chi continua ad utilizzare l’edicola per il deposito degli atti giudiziari e processuali!
Certo la Procura ha scelto di non usare quelle intercettazioni, con la voce del presidente del Consiglio che parla con tre persone distinte, tre delle giovani donne da tempo poste sotto indagine e quindi, loro sì, intercettabili. E come allora rendere comunque note queste conversazioni? Inutili processualmente ma fondamentali per il vero obiettivo della Procura di Milano, non tanto o non solo processare Berlusconi ma soprattutto minare la sua immagine a livello di pubblica opinione. Va proprio detto che oggi certi giornali hanno superato i limiti imposti dal buon senso, fasciandosi nel manto dell’ipocrita commento della serie “eh no così non si fa”, salvo poi con maggiore enfasi ed evidenza entrare nei dettagli delle conversazioni private intercettate.
Ho voluto raccontare questi due aspetti, uno squisitamente cronistico, l’altro volutamente più politico, perché ritengo, e non da oggi, che qualcosa non funzioni nella nostra Giustizia. La necessità della giusta pubblicità a processi importanti si scontra con quello che è da tempo diventato un vero e proprio circo mediatico, con i suoi leoni, le gabbie e i circensi che giocano ciascuno un proprio ruolo. C’è poi l’annosa e grave questione delle intercettazioni e delle cosiddette anticipazioni giornalistiche, delle fonti e degli interessi che le parti hanno alla diffusione di atti che pubblici non dovrebbero essere alla vigilia del processo ma, se utilizzabili, all’interno del processo. Il problema è che nessuno ha interesse a mettere il dito in queste piaghe e ad affrontare seriamente questi problemi.