Il viceministro alle infrastrutture Roberto Castelli rivela di aver rifiutato, ai tempi in cui era ministro della Giustizia, di trattare con esponenti mafiosi di primissimo piano.

Il viceministro per le infrastrutture Roberto Castelli ha rivelato che ai tempi in ci fu ministro della Giustizia nel secondo governo Berlusconi, dal 2001 al 2005, rispedì al mittente diverse proposte di trattativa con la mafia. Castelli spiega che esponenti di primo piano gli offrirono una pubblica dissociazione in cambio di alcune contropartite. I contatti avvennero nel periodo 2003-2004 e Castelli agì, politicamente, in solitudine.



L’allora ministro disse di no «da solo ma non in assoluta solitudine perché vi era l’accordo con importantissimi magistrati dell’epoca». L’esponente leghista ha raccontato questi particolari finora segreti nel corso di una conferenza stampa organizzata dal Pdl in cui è stato denunciato l’atteggiamento «disponibile» del centrosinistra in merito alla revoca del 41 bis tra il ’92-’93.



«Il 41bis, che io ho stabilizzato – ha detto – è un regime veramente duro e i mafiosi lo temono. Ci giunse la proposta di una pubblica scelta di dissociazione. Si sarebbero arresi allo Stato a patto di avere una contropartita. Fu una decisione presa in piena coscienza in accordo con importantissimi magistrati».

Il motivo del rifiuto? «Io ma, non solo io – ha spiegato – abbiamo ritenuto che con la mafia non si può intavolare alcuna trattativa. Misi quindi sul piatto della bilancia questa offerta e il fatto che si dovesse trattare e decisi per il no. Non volevo assolutamente che si potesse pensare che lo Stato avesse intavolato trattativa. Io in quegli anni ho preso importanti decisioni in assoluta solitudine». Ai tempi, neanche il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi venne messo a conoscenza di questi episodi.