Anche il Pd aspetta le elezioni amministrative con grande trepidazione. Calcisticamente il risultato probabile prevede la tripla: uno, ics, due. Infatti Bersani può ottenere dal voto quel successo che lo rilancerebbe oppure potrebbe assistere alla demolizione della sua segreteria che in una recente intervista Walter Veltroni ha preannunciato con grande fragore.
Tutti i riflettori sono puntati su Milano. Qui la debolezza del sindaco uscente fa immaginare una possibile rivincita del centro-sinistra che sogna di portare la Moratti al ballottaggio e di batterla nel secondo turno. La scesa in campo di Berlusconi ha politicizzato lo scontro che è diventato anche il banco di prova della tenuta elettorale del governo. L’obiettivo ha inquadrato anche la contesa di Napoli dove il centro-sinistra è sfavorito dal bilancio negativo delle ultime amministrazioni e potrebbe subire anche l’affronto di vedere il suo candidato, il prefetto Morcone, superato dall’ex pm De Magistris.
Ma anche Bologna dà qualche pena al Pd. Il suo candidato non è fortissimo e la Lega cerca il colpaccio cercando di erodere il tradizionale elettorato di sinistra. In questo senso è indicativa la presa di posizione di un intellettuale d’area come l’urbanista Cervellati che ha dichiarato di votare per il sindaco proposto dalla Lega. Più tranquilla dovrebbe essere la situazione a Torino dove Piero Fassino eredita la buona immagine dell’amministrazione uscente di Chiamparino. Milano e Napoli sono in ogni caso i veri test elettorali e non si capisce per quali ragioni il centro-sinistra abbia voluto dare un valore così alto a queste due consultazioni in cui la sua corsa è in salita.
Il giorno dopo il voto, soprattutto se verranno smentire le attese, il Pd dovrà riaffrontare l’annoso dilemma sulla sua leadership. Anche nel caso di un risultato positivo a Milano, con la battaglia nel secondo turno, e di un contenimento del danno a Napoli, con la supremazia di Morcone su De Magistris, il tema della leadership si rivelerà ineludibile. Se n’è accorto lo stesso Bersani che a “Porta a Porta” ha deciso di rompere gli indugi e di candidarsi ufficialmente come premier di una coalizione fondata su Pd, IdV e Sel, lasciando aperto lo spazio a un altro candidato in caso di convergenza con il Polo di centro.
È facile immaginare che si stia profilando lo scontro fra il governatore pugliese e il segretario con Matteo Renzi ai bordi del campo che si sfila la tuta in attesa di giocare la sua partita. Bersani ha quindi un assoluto bisogno di vincere fra domenica e lunedì. Deve da un lato dimostrare di aver sfondato il muro di Milano, ma anche di essere stato in grado di rimettere in sella il centro-sinistra napoletano e di non subire colpi da parte della Lega a Bologna. Un vasto programma. Un insuccesso renderebbe difficile la sua navigazione e precipiterebbe il Pd in un nuovo scontro intestino dalle prospettive non immaginabili.
Sul partito grava anche la “damnatio” pronunciata dal Presidente della Repubblica che, commemorando Antonio Giolitti, ha giudicato l’attuale opposizione poco riformista galvanizzando le opposizioni interne. Finchè questa parte dello schieramento non risolverà i suoi problemi il post-Berlusconi tarderà ad arrivare, a meno che gli elettori milanesi non decidano di chiudere con l’esperienza del centro-destra mettendo Ko il premier. Anche questa volta, come in tutta la Seconda repubblica, sarà il Nord a decidere.