«Da direttore e da ascoltatore di Radio Padania devo dire che quando leggo i giornali rido. Sulla Lega in questi giorni se ne scrivono di tutti i colori». Parola di Matteo Salvini, europarlamentare e capogruppo uscente della Lega Nord al Comune di Milano. «L’invenzione più risibile che sento – dice Salvini a IlSussidiario.net – è quella che ci vuole tutti preda di un clima di tensione e di panico in vista dell’appuntamento di domenica, a Pontida. Non è così, la discussione c’è ed è accesa, ma non potrebbe essere altrimenti all’indomani del risultato negativo delle elezioni amministrative. Detto questo, abbiamo passato momenti ben più difficili di questo e ci siamo sempre ritrovati lì, dopo le vittorie e dopo le sconfitte, sotto il sole cocente o con il fango alle caviglie. Anche questa volta si sente una grande voglia di esserci».



Chi dice che la base è in rivolta è in malafede?

Il dibattito è aperto, come si può sentire dalla radio. Ogni giorno, tra telefonate e sms, si possono ascoltare circa 500 opinioni, senza filtro. Se uno avesse la pazienza di sintonizzarsi dalle 6 alle 22 avrebbe un quadro molto ampio e interessante, anche perché chi chiama non trova un centralino, ma va direttamente in onda. Chiaramente c’è chi, come L’Unità e Repubblica, fa dire alla Radio ciò che vuole estrapolando dichiarazioni a proprio piacimento, e chi prova a fare il furbo, ma questo fa parte del gioco. Siamo l’unico partito a offrire questo spazio, lo abbiamo sempre fatto e non smetteremo certo di farlo adesso.



Gigi Moncalvo, già direttore de La Padania, nell’intervista di oggi a Ilsussidiario.net, dice che se nella Lega ci fosse davvero democrazia dovrebbe poter dire la sua anche dal sacro palco di Pontida.

Pontida è un momento di sintesi e di rilancio, non una terapia di auto-analisi psichiatrica. Se poi uno vuole il microfono può sempre andare allo Zelig. Vede, è davvero strano che certe critiche vengano fatte proprio alla Lega. Non mi risulta che nelle altre forze politiche la base possa avere un contatto così diretto con i vertici. Le posso assicurare infatti che Bossi, Maroni, Calderoli e tutti gli altri ascoltano le testimonianze della gente che tutti i giorni ci chiama. Ad ogni modo Moncalvo può stare tranquillo perché domenica sul palco non ci saranno né sfilate, né nomenclature, ma soltanto Umberto Bossi, a dimostrazione del fatto che in questo momento bisogna tenere i nervi saldi.



Questo significa che per questa volta parlerà solo lui?

Solitamente hanno sempre parlato i segretari regionali e il Capo. Non conosco ancora la scaletta definitiva, ma posso dire che stiamo valutando l’ipotesi di un messaggio chiaro, univoco ed eloquente.

Ma secondo lei cosa si aspettano i militanti da Bossi?

La gente non si aspetta per domenica la moltiplicazione dei pani e dei pesci, la Rivoluzione francese o la fine del mondo. Vuole però un rilancio e una risposta alla sofferenza che questa fase di stallo sta generando.

Cosa intende per sofferenza?

La popolarità del premier non è certo ai massimi livelli degli ultimi 15 anni. Serve una reazione e un’accelerazione, a partire proprio dall’economia. Se la situazione di reddito delle famiglie e delle imprese fosse diversa, infatti, non saremmo qui a commentare dei risultati elettorali di questo tipo. Lo stesso discorso vale per i comuni del Nord che hanno le risorse, ma non possono spendere. Non importa se da altre parti non li hanno perché hanno speso male, la nostra gente non può più aspettare. Dopodiché sono urgenti delle risposte chiare su sicurezza, immigrazione e missione in Libia.

Sempre secondo Moncalvo l’unica cosa seria che potrebbe fare il Carroccio è abbandonare Berlusconi al proprio destino.

È una delle ipotesi sul tavolo. Dopo la sconfitta di Milano ho fatto incontri in tutte le sezioni e, personalmente, ho le idee chiare: se non arrivano risposte in fretta, meglio tornare a correre da soli. Certo, a quel punto raddoppieremmo i voti, ma si ricomincerebbe da zero, perdendo il lavoro fatto. Ma vale la pena andare avanti? La domanda è aperta, ci stiamo pensando. Di sicuro non stiamo a Roma per il gusto di lavorare a fianco di Scilipoti e Cosentino…

Ma Berlusconi e Bossi non hanno ormai un destino politico comune?

Non penso proprio. Lega e Pdl sono momentaneamente alleati. La Lega c’era prima e ci sarà anche dopo il Cavaliere, questo l’abbiamo già dimostrato. Al premier faccio i migliori auguri, spero che il governo acceleri e che si vada avanti assieme. Se però così non fosse non sarebbe certo un dramma.

In entrambi i partiti non è il caso di iniziare a parlare di successione?

Per quel che ci riguarda questo non è un argomento all’ordine del giorno. Ne riparleremo fra una decina d’anni.

E ovviamente le correnti leghiste non esistono…

Ne sento parlare da 15 anni, dai tempi di Formentini. Ci saranno anche diversi approcci, a ciascuno potrà stare più simpatico Tizio o Caio, ma da noi non esistono né correnti democristiane, né maroniani, maroniti, reguzzoniani o giorgettiani…

Da ultimo, l’asse Lega-Tremonti è in crisi o anche su questo i giornali sono fuori strada?

L’affinità geografica e culturale rimane, ma se si chiede a uno dei trecento sindaci leghisti (che hanno in cassa un miliardo di euro, senza poter spendere una lira) cosa pensano della sua politica, non c’è da aspettarsi grandi sorrisi. Al di là di quel che dice Moncalvo, se dovessimo scegliere tra Tremonti o Maroni premier non avremmo grossi dubbi…

(Carlo Melato)