Due fiducie in 24 ore sono un bel record anche per questo governo che sembra giunto a quota 44… Quarantaquattro fiducie in tre anni sono in media più di una al mese: come se questa maggioranza sentisse il bisogno di verificare la tenuta della sua maggioranza ogni mese! Ogni mese per tre anni consecutivi, questo a prescindere dai contenuti specifici delle singole votazioni di fiducia.
Ciò che colpisce è il bisogno che ha questo governo di verificare con insistenza degna di miglior causa la tenuta della sua maggioranza. Perché non c’è dubbio che ogni fiducia è prima di tutto e soprattutto una verifica della tenuta interna di una coalizione. Una verifica tanto più problematica se si tiene conto del vantaggio che questo Governo aveva allo start up: un margine di oltre 100 voti, che si è andato consumando mese dopo mese, fino ad apparire stiracchiato e preoccupante.
La vera valutazione della fiducia del Governo va letta in questo  progressivo sfarinamento del consenso interno.  Agli inizi della legislatura non è stato estraneo a questo processo di lenta consunzione neppure il Pd, che ha visto una migrazione significativa dei suoi parlamentari dalla sinistra verso il centro, sia che si trattasse di un nuovo soggetto politico come l’Alleanza per l’Italia, sia che si creasse un convergere verso l’Unione di Centro.  Da sinistra lo spostamento al centro è stato motivato dalla tutela di una serie di valori messi tra parentesi con troppa disinvoltura da una parte del gruppo dirigente; una sorta di lenta emorragia che si è fermata nel momento in cui si è invertito il flusso dei consensi generali, che si è spostato da destra a sinistra.
Ora si avverte a sinistra un’atmosfera di euforia, che sembra preludere alla prossima vittoria elettorale sul piano delle politiche. Niente di strano se si tiene conto che dal 1994 abbiamo avuto una sistematica alternanza, per cui destra e sinistra hanno marcato il passo anche a prescindere dai risultati oggettivamente ottenuti dal governo in carica. Come se per l’appunto il Paese soffrisse di una cronica crisi di fiducia che obbliga a scaricare il governo in carica per verificare se l’altro, chiunque fosse, potrebbe fare meglio.



E’ questa la crisi di fiducia più interessante su cui varrebbe la pena soffermarsi, perché sulla fiducia di oggi, nonostante i venti di opposizione, non si può dubitare. Ci sarà e sarà letta dalla maggioranza come un plauso alla propria azione di governo, nonostante le recentissime batoste delle amministrative e dei referendum. Ma che ci sia tra un anno o due è cosa tutta da verificare, che contrasterebbe con l’andamento generale dei governi negli ultimi venti anni. Eppure è lì che un governo dovrebbe guardare come alla vera prova di fiducia del Paese nei suoi confronti.  E finora nessun governo è mai stato capace di farsi riconfermare, decretando così la più pesante prova di sfiducia da parte di quanti lo avevano sostenuto solo pochi mesi prima.
Fiducia sì, oggi e domani… ma quella che conta è la fiducia di dopodomani… quando ci presenteremo nuovamente davanti agli elettori per sapere a chi passerà il testimone dell’azione di governo… un governo difficile, con un debito pubblico spaventoso,  con il rischio di retrocessione sempre nell’angolo e con un cumulo di aspettative enormi davanti ad un popolo deluso, amareggiato e in cerca disperata di un cambiamento virtuoso e non solo delle tipiche promesse virtuali da campagna elettorale. E’ a quella fiducia che tutti dobbiamo guardare da oggi, ognuno nel proprio partito di appartenenza, ognuno nel proprio gruppo di riferimento ideale, da destra, da sinistra e dal centro. Occorre ricominciare oggi a recuperare fiducia, questa è la sfida per tutti.
Siamo tutti impegnati a cercare di ricostruire il tessuto di fiducia con gli elettori, che sembrano i più decisi a sfiduciare questa classe politica, dovunque si sia collocata in questi ultimi anni. Al premier oggi è andata bene, e forse anche domani andrà bene, ma l’importante è cosa accadrà dopo  domani… quando il giudizio degli elettori pronuncerà la sua parola definitiva… tanto definitiva come accade in politica: potrà durare venti mesi, come è accaduto con l’ultimo governo Prodi, oppure tre… quattro o cinque anni! Come potrebbe accadere per questo governo, che sembra ad orologeria, ma che comunque passo dopo passo sta sopravvivendo a se stesso e potrebbe perfino arrivare alla fine della legislatura. Anche se questo non lo esimerà dal doversi presentare all’unica vera fiducia che conta: quella con gli elettori alla scadenza della legislatura, per sapere a chi toccherà guidare la XVII.

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