Forse non passerà alla storia, ma l’immagine sfocata di Antonio Di Pietro e Silvio Berlusconi seduti tra i banchi della Camera a discutere amichevolmente è di per sé una notizia. «Il segno che i tempi stanno cambiando – dice Massimo Franco a IlSussidiario.net -. Solo un mese fa sarebbe stato impensabile».



Un fatto su cui riflettere soprattutto perché ieri, alla ripresa dei lavori, il leader dell’Idv non ha attaccato il premier, ma un’opposizione a suo dire ancora incapace di proporre un’alternativa credibile al Paese. Cosa sta accadendo secondo lei?

Il dato politico più importante di questa due giorni è l’incapacità dell’opposizione di consolidarsi. È emblematico il fatto che l’Idv non abbia applaudito il discorso del segretario del Pd e che Bersani e Di Pietro in pratica non si parlino. Di conseguenza il Presidente del Consiglio, seppur galleggiando con affanno, non sembra aver nulla da temere, almeno dalle file dell’opposizione.



Ma Di Pietro sta costruendo il suo nuovo profilo moderato?

Il leader dell’Idv ha capito che la fine del berlusconismo coincide con quella dell’antiberlusconismo. In termini elettorali sa benissimo che quella di Napoli è stata una vittoria di De Magistris e non del suo partito e sente che l’esigenza di accordarsi  con lui nel centrosinistra non è più considerata strategica come qualche tempo fa. Per tutti questi motivi è alla ricerca di una nuova identità, anche se il suo sarà un percorso faticoso.

Quella tra Vendola, Bersani e Di Pietro è una rivalità destinata a crescere?  



I problemi di Berlusconi hanno finito per mettere in agitazione il centrosinistra. Il quadro è in evoluzione anche in questo schieramento, con esiti del tutto imprevedibili.

Qual è invece il bilancio per il governo?

Per certi versi è paradossale perché Berlusconi oggi si riscopre forte numericamente e debole politicamente. La scadenza del 2013 sembra sempre molto lontana per una maggioranza raccogliticcia che però può contare sul fatto che la crisi viene tenuta a distanza dal timore generalizzato di elezioni anticipate. In questo quadro sarà determinante la capacità di reggere della Lega Nord. E’ questa la vera incognita.

Per ora le richieste di Pontida sembrano destinate a rimanere deluse.

La Lega sta attraversando una crisi di identità. La doppia sconfitta delle amministrative e dei referendum l’hanno resa inquieta, facendo traballare tutti i suoi equilibri interni. Il Carroccio in pratica non sembra più quel monolite a cui ci eravamo abituati e continua a interrogarsi sull’appoggio a un governo che le ha dato molto, ma che in termini elettorali la sta penalizzando.

Berlusconi deve augurarsi che all’interno della Lega regga quel “cerchio magico” di fedelissimi più propenso dei colonnelli a restare fedele a Berlusconi?

Ciò che dovrebbe temere il Cavaliere è una Lega acefala, senza più una guida e una sintesi politica, soggetta agli scarti di un gruppo dirigente che debba rispondere alla base in modo molto più duro di quanto non abbia fatto finora.
Effettivamente fino ad ora il “cerchio magico” è stata la garanzia della leadership indiscussa di Bossi. E il fatto che ieri il Senatur abbia voluto la riconferma per acclamazione di Reguzzoni come capogruppo sta a significare che non ha intenzione di cedere. Ha deciso di tenere duro e di non permettere una sostituzione che poteva essere letta come un segno della sua debolezza. 

In quale situazione si trova invece Tremonti? A Pontida Bossi non gli ha risparmiato critiche e Berlusconi chiede insistentemente di abbassare le tasse.

Il ministro dell’Economia sarà anche più solo all’interno della maggioranza, ma resta tutt’altro che isolato a livello internazionale. È lui la garanzia dell’Italia agli occhi delle cancellerie occidentali. La sua forza sta proprio nel fatto che le sue eventuali dimissioni sarebbe colpo durissimo per la credibilità internazionale dell’esecutivo.

È destinato perciò a vincere il braccio di ferro sulla riforma fiscale?

Questo non è dato di saperlo. Di certo però il governo Berlusconi non può sognarsi di fare una riforma fiscale senza il suo volere.

(Carlo Melato)