Emergenza rifiuti e riforma del fisco. La maggioranza, turbata dalle tensioni interne alla Lega e non solo, ha davanti a sé due ostacoli difficili da superare. Secondo Paolo Cirino Pomicino, napoletano doc, già ministro democristiano del Bilancio, le difficoltà del governo lasciano però intravedere una crisi di sistema che va al di là della normale dialettica tra le diverse forze politiche. «Il Paese è a un passo dallo sfascio e Napoli è il simbolo più eloquente di questa situazione. D’altra parte, la politica ha smesso di governare e gli interessi di parte hanno finito col prevalere, lasciando così le istituzioni una contro l’altra, armate. In questo quadro è ancora più evidente che manca una guida politica e che il governo non ha nemmeno una politica economica».



Partendo proprio dalla manovra, cosa ne pensa dell’acceso dibattito che si è sviluppato all’interno del centrodestra?

Sono tra i pochissimi che da sempre criticano la politica economica e di bilancio di Berlusconi e Tremonti. Scaricare tutte le colpe sul ministro dell’Economia o applaudirlo per attaccare il premier è da ingenui, perché tra i due è in atto il più classico gioco delle parti. Hanno praticamente governato insieme negli ultimi dieci anni. Il risultato? L’Italia non è cresciuta, il debito è aumentato, così come il deficit. D’altronde, siamo stati i primi, grazie alla manovra del 2008, a entrare in recessione, anticipando così tutti gli altri Paesi europei.



Anche lei, comunque, punta il dito sulla politica dei tagli lineari del ministro?

Innanzitutto c’è un equivoco: lo sviluppo non contraddice il rigore. Detto questo, se si fanno dei tagli alla pubblica amministrazione, lasciando inalterati i compiti e le funzioni dello Stato, si crea soltanto debito sommerso. Le faccio un esempio: possiamo ancora permetterci delle forze armate da 200.000 unità? Se la risposta è sì non si deve tagliare nulla, altrimenti l’esercito rimane senza benzina, se la risposta è no bisogna avere il coraggio di ridurre, arrivando a 150.000. Lo stesso discorso vale per l’eventuale abolizione delle province.
La discussione però continua tra errori da scuola elementare e leggende metropolitane…



Cosa intende dire? 

Evidentemente in molti non capiscono, mentre chi capisce tace, perché, ad esempio, si sente dire spesso che stavamo meglio di Francia e Germania quando il nostro deficit era minore. In questo modo però ci si dimentica che il deficit non si misura solo in quantità, ma soprattutto in qualità.
E così, nel 2009, mentre gli altri investivano in economia reale preparandosi alla ripresa, noi ci cullavamo su un deficit più basso, ma di pessima qualità.
Oggi, guarda caso, siamo al palo, mentre la Francia dovrebbe crescere all’1,8% e la Germania al 2,6%.
Una delle tante cose incomprensibili di questo governo, infatti, è che non investe nemmeno nelle somme già iscritte a bilancio. Nel 2010 la spesa è aumentata dell’1,5%, mentre la spesa per investimenti è crollata del 18%. Questo significa che Tremonti potrà anche raggiungere il pareggio di bilancio, ma nel frattempo l’Italia sarà morta.

E quali sarebbero gli errori madornali a cui faceva riferimento prima?

Bloccando gli aumenti nel settore del pubblico impiego, lasciando inalterate le pensioni di anzianità, si è imboccata la strada della depressione economica. Se si fosse fatto il contrario sarebbe invece aumentato il potere d’acquisto delle famiglie.
Quando però manca una guida politica all’altezza e il Parlamento non viene messo nelle condizioni di dare il proprio contributo, è inevitabile che le manovre vengano fatte dai burocrati. D’altronde, i tagli lineari sono propri di chi non ha idea di Stato e non sa minimamente come ridare competitività al nostro sistema produttivo e incentivare la domanda interna di consumo.

E quali sono le sue proposte in merito?

Occorre riordinare le agevolazioni e gli incentivi assegnati “a pioggia” in modo da generare un impatto significativo sul mondo delle imprese, attraverso la riduzione del costo del lavoro. In questo modo le imprese recupererebbero competitività sui mercati internazionali e i lavoratori avrebbero qualche euro in più da spendere.

Passando invece al disastro dei rifiuti napoletani, quali sono le sue conclusioni politiche?

Ciò che sta avvenendo è la testimonianza più evidente della crisi profonda della nostra classe dirigente. Certo, le responsabilità sono diverse perché la sinistra in Campania ha governato per 15 anni, facendo solo disastri, mentre il governo è in carica da tre anni. E così, mentre il Sindaco di Napoli continua fuori tempo massimo la sua campagna elettorale, la dignità istituzionale del Paese è in serio pericolo.
Sarebbe bastato un po’ di buon senso in più per dichiarare prima lo stato d’emergenza e affidare al Comune e alla Regione poteri speciali e procedure in deroga.

Nella sua analisi ha parlato addirittura di un Paese allo “sfascio”. Ma come se ne esce secondo lei?

A mio avviso, l’Italia si potrebbe salvare soltanto se abbandonasse un modello perverso che ci ha regalato partiti di stampo proprietario, privi di cultura politica e legati soltanto agli interessi del leader di turno. Questo potrebbe avvenire se il Pd inglobasse il partito di Vendola, ricostruendo così la sinistra, e se i vari spezzoni centristi si ricomponessero uniti dalla cultura del cattolicesimo politico che ha incarnato, in Italia e in Europa, il meglio della politica.

Secondo lei la Terza Repubblica sarà davvero un ritorno allo schema Dc-Pci?
 
Chiamiamoli come vogliamo, ma in tutti gli stati membri dell’Unione europea vedo al governo i cristiano democratici o i socialisti, alleati con i liberali (Inghilterra e Germania) o con gli ambientalisti.
Sono queste le quattro grandi culture politiche. Altre vie di salvezza sinceramente non ne vedo…

(Carlo Melato)