«A pochi giorni dai referendum il quadro politico appare piuttosto ingessato. Il vertice Pdl-Lega ha certificato l’“impasse” che regna nella maggioranza e la mancanza di alternative per il Carroccio. Sono fasi queste che solitamente non durano molto, da un momento all’altro potrebbero infatti mettersi in moto processi politici rapidi e, forse, risolutivi». Secondo Stefano Folli, intervistato da IlSussidiario.net, non sarà poi la promessa di portare i ministeri al Nord a calmare gli animi della base leghista che il 19 giugno si ritroverà sul prato di Pontida. «Si tratta di un argomento decisamente modesto, segno che al momento non esistono vie d’uscita percorribili per Umberto Bossi. Il Cavaliere ha tutto l’interesse nel provare a governare fino al 2013, ma per la Lega Nord sarà sempre più dura reggere, anche perché il contesto economico, come ci ricorda continuamente l’Europa, non lascia molti margini all’iniziativa».



Non esiste quindi la possibilità che Tremonti apra i cordoni della borsa?

Capisco che ogni tanto convenga tirar fuori questo argomento, ma non esiste alcuna possibilità di farlo. Il binario stretto su cui ci dobbiamo muovere è quello del pareggio di bilancio, difficilmente conciliabile con una riduzione delle tasse. Chiaramente il ruolo di custode dell’ortodossia dei conti, che Tremonti mantiene volentieri, può causare delle frizioni con chi in questo momento ha un grave problema di consenso, Lega compresa.



Come giudica invece le prime mosse del Pdl per reagire alla sconfitta delle elezioni amministrative, a partire dalla designazione di Alfano al ruolo di segretario?

In queste settimane si vedono i segnali di un certo movimento interno al partito. Per ora sono certamente contraddittori e scollegati l’uno dall’altro, anche se tutti insieme potrebbero davvero andare a comporre il complicato mosaico della successione a Berlusconi.
Riguardo alla nomina di Alfano bisognerà vedere quale sarà il suo potere reale. Per ora l’ex ministro non può contare su una forza politica propria, anche perché è stato nominato dallo stesso Berlusconi. Se non avrà ampie deleghe non potrà certo costruirsi un’identità politica chiara e non riuscirà a portare alcun cambiamento.



Nel frattempo è stato sdoganato anche il tema delle primarie.

È vero, ma non basta. Saranno primarie vere? Su questo si gioca la differenza tra innovazione reale e trovata mediatica. Nonostante i limiti e i problemi di questo strumento, effettivamente, potrebbe essere un modo per legittimare una classe dirigente senza passare dalla designazione del sovrano. Comunque, ripeto, sia per quanto riguarda il ruolo di Alfano che per la formazione di una nuova classe dirigente dovremo giudicare i risultati.

Il Pdl non rischia di inseguire il Pd su un terreno che spesso si è rivelato impervio?

Problemi ne incontrerà sicuramente, ma è anche vero che il nostro sistema politico è più maturo di dieci anni fa e più disposto ad accettare lo strumento delle primarie, largamente collaudato dal Partito Democratico, non senza qualche buon risultato.

I due principali partiti sembrano poi entrambi orientati a ricucire con l’Udc. Se da un lato Scajola evoca una nuova Democrazia Cristiana, dall’altro Enrico Letta propone uno schema a tre punte con il Pd affiancato da Udc-Sel-Idv.

Anche in questo caso si rischia di riproporre formule con una carica di astrattezza francamente insopportabile. Teoricamente si può dire e fare qualunque cosa, ma di concreto non c’è nulla.
Il partito di Casini, infatti, in questa fase non ha alcuna voglia di schierarsi. Da un lato vede chiaramente il rischio di allearsi a un centrosinistra in cui Vendola e Di Pietro rischiano di assumere un ruolo predominante. Dall’altro i centristi, pur avendo una collocazione naturale all’interno del centrodestra, non possono certo tornare sui loro passi all’interno di un nuovo schema berlusconiano. Hanno bisogno che il discorso della successione sia per lo meno ben avviato. 

In questo contesto si gioca la partita del referendum. Quali ripercussioni potrà avere questo nuovo voto sulla tenuta del governo e quante sono secondo lei le reali possibilità  che il quorum venga raggiunto?

I governi non crollano da un giorno all’altro, ma la vittoria dei referendum indebolirebbe sicuramente una maggioranza già in grandissima difficoltà.
Penso però che, nonostante l’effetto trascinamento delle elezioni, questo risultato sarà difficilmente raggiungibile, anche a causa del voto degli italiani all’estero.

Ci spieghi meglio.

Questa legge è stata una vera mannaia per l’istituto referendario. È facile infatti prevedere un’elevata astensione da parte dei circa tre milioni di aventi diritto sparsi per il tutto il globo. Di conseguenza, per raggiungere la famosa asticella bisognerà mobilitare circa il 55% degli elettori sul territorio nazionale. Non è cosa da poco.
Beninteso, se anche i referendum fallissero, Berlusconi non potrebbe comunque esimersi dal risolvere tutti i problemi che elencavamo prima…

(Carlo Melato)