La giornata finanziaria italiana di ieri è stata molto particolare. La Borsa ha sì chiuso in rialzo, ma aveva aperto le contrattazioni in rosso, con una perdita dell’1,9%, passando in pochi minuti oltre il -4%. A metà mattinata la svolta, con un progressivo recupero che ha portato gli indici in positivo sfiorando il +1%, dopo che la Banca d’Italia aveva reso noti i risultati dell’asta sui Bot con scadenza annuale: il loro rendimento è salito al 3,67% dal precedente 2,14%. Un incremento che fa il paio con il nuovo record toccato ieri dallo spread tra Btp e Bund a 347 punti base. «Nell’asta precedente non c’era però ancora stato l’aumento dei tassi della Bce, quindi la crescita “reale” del rendimento è stata inferiore a quella nominale», ci spiega Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze. «E c’è anche un altro aspetto da chiarire».



Di che cosa si tratta?

In tutti i discorsi sull’indebolimento delle borse europee si è parlato della crisi della Grecia e dei problemi dell’Italia, ma ci si è dimenticati che l’aumento dei tassi della Bce, che prelude ad altri incrementi, accompagnato dalla decisione della Fed di tenere il tasso allo 0,25%, ha inevitabilmente determinato un effetto deflattivo sulle posizioni di liquidità in Europa. Quindi, parte della discesa delle Borse in Europa è dipesa da questo fenomeno, che ha senz’altro influito anche sull’asta dei Bot.



Resta il fatto che l’Europa, e l’Italia in particolare, si trovano in un momento di forte difficoltà.

L’Europa è in sofferenza perché ancora non si è riusciti a capire che tipo di interventi si vogliono usare per risolvere la situazione greca e se questi comporteranno sacrifici (volontari?) per le banche che potrebbero metterle in una situazione di minor patrimonializzazione. Questo ha creato una situazione di difficoltà per tutti i debiti pubblici e i sistemi bancari europei. L’Italia ha però subito un attacco diverso. A leggere i giornali stranieri si rimane stupiti, perché è evidente che la propaganda politica della nostra sinistra, ma anche di alcuni “apprendisti stregoni” che non stanno a sinistra, ha indotto a supporre l’esistenza di due cose completamente errate.



Quali?

In primis, che via sia una lite tra Berlusconi e Tremonti che rende incerta la manovra. Notizia priva di senso, perché la questione è un po’ diversa. I problemi di Tremonti dipendono dalla magistratura di Napoli e non certo dal Premier, che anzi gli ha confermato la fiducia. I problemi giudiziari del ministro, veri o falsi che siano, non inficiano assolutamente la manovra, perché non c’è dissenso nel governo e nella maggioranza parlamentare sull’entità di questa finanziaria.

 

Ci sono state però richieste di modifiche ad alcuni provvedimenti dall’interno della maggioranza.

 

Le correzioni chieste sono minime, perché si tratta di operazioni di “limatura” che hanno spesso solo un effetto inferiore allo 0,1% del Pil. Non è quindi in discussione il saldo.

 

Qual è il secondo errore in cui sono “incappati” i giornali stranieri?

 

Da un lato, hanno dato retta a chi in Italia ritiene che la manovra sia incompleta per il 2014 e che manchino ancora 20 miliardi per arrivare al pareggio di bilancio. Evidentemente, chi lo sostiene non ha letto bene le tabelle. La verità è che c’è un effetto strutturale della manovra dei due anni precedenti, che vale anche per il 2014 e quindi abbassa già l’entità necessaria per quell’anno. Del resto, se le manovre determinano un aumento di entrate o una diminuzione delle spese a livello strutturale è evidente che generano un impatto anche sugli anni seguenti. Dall’altro lato, hanno ascoltato quelli che definirei gli “apprendisti stregoni” che sui giornali italiani sostengono che bisognerebbe anticipare la manovra in modo da arrivare al pareggio di bilancio già nel 2013: un’affermazione che ha un impatto negativo sui mercati.

 

Perché?

 

Perché da un lato fa supporre che senza una manovra di anticipo il 2014 abbia un brutto bilancio, cosa non vera perché senza interventi il deficit/Pil sarebbe all’1,4%, un livello sicuramente non pericoloso per il debito pubblico. Dall’altra parte, l’idea di rifare adesso la manovra crea un’enorme incertezza. A queste affermazioni degli “apprendisti stregoni” si è poi aggiunta (non so se casualmente o volutamente) la tesi della necessità di una coesione, di una solidarietà nazionale per modificare la manovra. Una situazione che porterà tensione sui mercati per tutta la settimana, perché abbiamo un’opposizione e dei giornali che continuano a remare contro, dando l’impressione (priva di fondamento) che non esista una compattezza della maggioranza. All’estero si ha quindi la sensazione che la collaborazione dell’opposizione serva alla maggioranza per avere voti sufficienti all’approvazione della manovra, come accaduto in Grecia e Portogallo.

 

Come dovrebbero comportarsi allora maggioranza e opposizione?

L’opposizione dovrebbe prendere atto che la maggioranza è autosufficiente e, responsabilmente, decidere di non presentare emendamenti dilatori. Per quel che riguarda la maggioranza, alcune delle preoccupazioni sulla perdita di popolarità che legittimamente erano nate la scorsa settimana, viste alcune misure della manovra, si sono spente adesso che è scoppiata la crisi dei mercati, perché i parlamentari della maggioranza devono solo dimostrare di avere una coscienza dell’interesse nazionale, superiore a ogni considerazione particolare su qualche misura della manovra. Tutto è perfettibile, ma la cosa essenziale è chiudere al più presto, come ha ricordato giustamente Emma Marcegaglia.

 

Secondo lei, basterà quindi l’approvazione di questa manovra a fermare gli attacchi verso l’Italia?

 

Le turbative continueranno fino a quando l’opposizione continuerà a remare contro e non si sarà chiuso il dibattito sugli emendamenti. Dall’altra parte, la maggioranza deve dimostrare di essere coesa, così da tacciare definitivamente le voci insistenti sulla necessità di una “coesione nazionale”. Penso che questa dimostrazione avverrà giovedì con il voto in Senato e spero che venerdì sia chiaro a tutti, anche agli operatori finanziari, che l’Italia va verso il pareggio di bilancio entro il 2014. Vedo però all’orizzonte una nuova “invenzione”, in parte dovuta a incapacità matematica.

 

Di che cosa si tratta?

 

Sicuramente qualcuno sosterrà che essendo aumentato lo spread Btp-Bund adesso la manovra non basta più. Questo non è però vero, in quanto non dobbiamo dimenticare che i tassi di interesse sui titoli che vanno in conversione non sono tanto diversi da quelli cui si è giunti con lo spread. Quindi, non c’è motivo di supporre che ci sarà un aumento della spesa per interessi rispetto a quella che abbiamo. In ogni caso farei una raccomandazione al governo.

 

Quale?

 

Di pubblicare subito i saldi di bilancio della manovra, perché nessuno li conosce ed è per questo che si diffondono notizie prive di fondamento. È vero che l’opposizione sta adottando una linea di corte vedute che la punirà, ma è anche vero che se la maggioranza facesse più chiarezza sui conti pubblici questo intorbidimento della situazione avrebbe meno efficacia.

 

Qualcuno vede in quel che sta accadendo in questi giorni un’analogia con quanto avvenne nel 1992. Cosa ne pensa?

 

A parte che quel che avvenne con Ciampi, eletto nel ’93 Presidente della Repubblica, mi ricorda un po’ la vicenda di Badoglio, che perse a Caporetto ma fu poi messo a capo dell’esercito, Ciampi e Amato non avevano capito bene la situazione e si trovarono a fronteggiare una speculazione insostenibile. La situazione ora è diversa, sia perché non abbiamo più la variabile cambio nelle nostre mani (ora abbiamo l’euro che è una variabile esogena), sia perché il nostro rapporto deficit/Pil tende al 3%, mentre allora era al 10%. A bene vedere c’è però un’analogia, ma non di tipo economico.

 

E di che tipo allora?

Anche allora la situazione fu drammatizzata in modo artificioso. Le misure che adottò Amato erano modeste rispetto a quello che si era ventilato essere il nostro rischio, perché negli anni precedenti si era creata una situazione di tendenza verso l’equilibrio dei conti pubblici, solo che bisognava dichiarare che c’era l’emergenza, perché bisognava fare un nuovo “ribaltone”. La stessa cosa che si vorrebbe ora, solo che siamo nell’eurozona e creare la situazione di emergenza è molto più artificioso, anche se si utilizza la Grecia.

 

L’Europa e l’Italia sono in panne, ma anche gli Stati Uniti sono alle prese con difficoltà sui conti pubblici. Non è che gli attacchi che stiamo subendo servono a rafforzare Washington?

 

Gli Usa sono in una situazione molto grave ed è chiaro che altre economie emergenti vogliano diversificare le loro riserve investendo sull’euro piuttosto che sul dollaro. Ciò induce i gruppi finanziari dell’area del dollaro a fare vendite allo scoperto sull’euro per dimostrare che questo è fragile. Il governo americano sta avviandosi al default, ma penso che troverà un accordo in extremis con i Repubblicani che controllano il Congresso per alzare il tetto del debito pubblico. Però un’agenzia di rating che non fosse americana direbbe che questa modifica legislativa è un quasi default. Credo, in ogni caso, che i Repubblicani, che probabilmente vinceranno le prossime elezioni, non siano disposti a portare avanti questa specie di guerra fratricida e preferiscano che si adottino politiche ortodosse di bilancio su entrambe le sponde dell’Atlantico.

 

(Lorenzo Torrisi)

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