E’ in atto uno scontro tra Napolitano e la Lega, sui ministeri al Nord. Secondo il primo confliggerebbero con l’articolo 114 della Costituzione (Roma Capitale); per il Carroccio, semplicemente, «non si toccano». Contestualmente, sempre in tema di federalismo, si sta consumando un’altra “battaglia”: quella  tra Stato e Regioni. Dopo la Commissione Bicamerale per l’Attuazione del Federalismo fiscale, anche il Consiglio dei ministri dà il via libera al decreto “premi e sanzioni” per Regioni ed Enti locali. Si tratta dell’ottavo e ultimo emendamento sul federalismo, il cui fulcro prevede la rimozione e l’ineleggibilità, per dieci anni – a qualsiasi carica pubblica – per quei governatori che dissestano i conti di Regioni, Asl e ospedali e che non riescano a rispettare i piani di rientro dal deficit sanitario. Analoga sorte toccherebbe a quei sindaci e presidenti di provincia condannati in primo grado dalla Corte dei conti per dissesto finanziario. Il provvedimento, in Commissione, è passato con l’appoggio dell’Idv e l’astensione di Pd e Terzo Polo. La bocciatura (ma si tratta di un parere consultivo) è giunta, invece, dalla Conferenza delle Regioni e dagli Enti locali. Che condividendo il principio sanzionatorio, ne hanno ritenuto l’applicazione pratica (la rimozione degli amministratori) incostituzionale. IlSussidiario.net ha chiesto un commento al governatore lombardo Roberto Formigoni.



Presidente, anzitutto: cosa ne pensa della querelle Napolitano-Lega?

Mi sembra chiaro: i ministeri sono tutti a Roma. Quelli al Nord sono uffici decentrati, aperti sul territorio. Ce n’erano anche prima.  Il ministero delle Finanze ne ha uno a Milano, in centro, a meno di un chilometro dal grattacielo Pirelli, da diversi anni; idem il ministero della Difesa, mentre quello dell’Interno ha le Prefetture. Adesso alcuni ministri hanno, semplicemente, ritenuto di aprire alcuni uffici di rappresentanza nella Villa Reale di Monza. Quindi: Napolitano ha fatto bene a ribadire il principio. I ministeri sono a Roma e solo a Roma, ma quello che è accaduto non viola la legge.



Rispetto al decreto “premi e sanzioni”, condivide le preoccupazioni degli Enti locali?

Regioni, Comuni e Province hanno sollevato dubbi di costituzionalità e sarà bene che la Corte sciolga il dilemma dicendo se il decreto è legittimo o no. Se sarà ritenuto valido, io non mi opporrò. Credo, in ogni caso, che in questo momento, in cui abbiamo bisogno di dare prova di virtuosità e di risparmiare, una legge “very strong” ci possa anche stare.

 

Crede che possa sortire benefici oggettivi?

 

Prima, tenere i conti in ordine era un obbligo di tipo morale e politico. Adesso viene introdotta una norma sanzionatoria per chi non rispetta tale dovere. Il decreto, quindi, ha una valenza pesantemente costrittiva che aiuterà ad essere virtuosi, se non per convinzione, per costrizione. Ma di questa virtuosità avrebbe dovuto farsi interprete, anzitutto, il governo.



 

Cosa intende?

 

E’ inaccettabile che i ministri approvino una norma che vale per tutti, tranne che per se stessi. Mi sarei aspettato uno scatto di dignità da parte loro. Avrebbero dovuto dire, al collega che presentava il provvedimento: “Bene, da questo momento chi sgarra con i conti subisce delle sanzioni, ma noi ministri ci sottomettiamo per primi a questo regime straordinariamente severo, ma giusto all’esame dei conti. Ed emaniamo il decreto, anzitutto, per noi”. Ma non hanno sentito il dovere morale di farlo. La trovo una gravissima mancanza di senso dell’eleganza e di rispetto delle regole fondamentali.

 

Cosa suggerisce, a questo punto, al Governo?

 

I ministri riparino a questo atto di ineleganza la settimana prossima, emanando una norma che valga anche per loro. Del resto, le Regioni amministrano solo il 16% della spesa pubblica italiana, i ministeri ben il 70%. Un ministro che sfora rispetto ai propri parametri, quindi, deve essere analogamente espulso e reso ineleggibile. Non difendano più, inoltre, le persone nominate da loro stessi.

 

A chi si riferisce?

Le rivelo una curiosità. E’ previsto che, nel caso di dissesto della sanità, decadono anche i direttori generali e i consigli d’amministrazione degli organi che vi presiedono; ma non i sindaci revisori,  perché questi sono indicati dal ministero dell’Economia. Non le pare ridicola una cosa del genere?

 

Con la nuova norma cambierà qualcosa per la Regione Lombardia?

 

Il decreto è estremamente severo, ma io sono pronto a raccogliere la sfida. Anzi, l’ho già raccolta, in questi anni. A noi, la nuova norma non ci tocca, perché siamo perfettamente in regola con il bilancio, con il bilancio sanitario e con il patto di stabilità. E siamo l’unica Regione ad esserlo da 9 anni.

 

A proposito di Regioni: lei ha proposto di accorparle…

 

Credo che il sistema amministrativo italiano possa essere riformato e razionalizzato. E, a differenza dei ministri, parto da me stesso. Quindi, la prima proposta riguarda le Regioni, le province e i comuni. E per rendere più razionale, meno costose e più efficienti le Regioni, possiamo benissimo passare dalle attuali 22 a 8-10, le Provincie possono essere ridotte da 104 ad una 40ina, e i Comuni sotto i 5mila abitanti possono essere accorpati. E’ una riforma alla quale sto lavorando e che presenterò in settembre.

 

Crede che il governo a cui la presenterà, sarà ancora quello in carica attualmente?

Deve esserlo. Guai se ci fosse una crisi in questo momento di difficoltà dell’euro e dell’economia mondiale. L’economia del Paese più forte del mondo, gli Usa, è a rischio e la caduta del governo avrebbe  ripercussioni dannosissime.

 

(Paolo Nessi)

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