«Spero che la giornata di oggi dia speranza al Paese». Questo l’auspicio di Enrico Letta, vicesegretario del Partito Democratico, a poche ore dall’atteso incontro inaugurale del Meeting di Rimini 2011, che vedrà la presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Anche quest’anno, come sempre accade, il Meeting ha saputo cogliere lo spirito del tempo, interpretato in questo delicato momento storico dal Capo dello Stato e dai suoi continui richiami alla coesione nazionale e alla costruzione di una “missione Paese” condivisa. Per questo motivo, oggi dentro di me c’è la riconoscenza e la gratitudine per l’invito che mi è stato rivolto, ma soprattutto una grande speranza».



Questo incontro, dal titolo “150 anni di sussidiarietà”, si inserisce all’interno dei festeggiamenti per l’anniversario dell’Unità d’Italia, fornendo una chiave di lettura originale della nostra storia. Che stimoli può dare alla politica italiana il dibattito questa sera?

Innanzitutto, credo che l’Italia si sia sempre salvata dal basso. La storia di questo Paese è costituita infatti dai sacrifici delle persone, dei lavoratori e delle famiglie nei diversi comuni e territori. Sono questi i nostri capisaldi, a differenza di altri paesi in cui il ruolo dei leader e dei grandi personaggi è stato predominante. Basta pensare al Ventennio, infatti, per accorgersi che da noi le leadership nazionali sono state fonte di tragedia più che di crescita. Per questo sono convinto che mettere la sussidiarietà al centro delle celebrazioni dei 150 anni sia fondamentale. L’Italia potrà salvarsi soltanto se ripartirà da questa sua cifra tipica.




Il principio di sussidiarietà, secondo lei, oggi è davvero compreso e sostenuto in maniera trasversale?

Bisogna ammettere che quando abbiamo cominciato il lavoro dell’Intergruppo parlamentare per la Sussidiarietà, otto anni fa, era un tema di nicchia. Ora invece è il titolo della ripartenza possibile dell’Italia. Questo significa che il lavoro svolto assieme all’On. Lupi e agli altri parlamentari che vi hanno aderito è stato utile: i semi per la costruzione di un’altra Italia sono stati sparsi.

Quali sono stati, secondo lei, i risultati più importanti?

Guardi, le poche (purtroppo) leggi bipartisan approvate in questi ultimi anni dal Parlamento sono state tutte promosse dall’Intergruppo. Stiamo parlando di temi cruciali, al cuore dell’Italia che vuole ripartire: dal merito, ai comuni, fino al cinque per mille.



Il Meeting di quest’anno parla di “certezza” in un momento storico in cui sembrano prevalere l’insicurezza e la paura della crisi economica. Secondo lei, da dove è possibile ripartire?

Devo dire che la scelta degli organizzatori è quella giusta, anche se certamente molto ambiziosa.
Stiamo vivendo infatti un tempus horribilis segnato da una crisi globale e, parallelamente, da una profonda crisi europea. A mio avviso, noi italiani, che abbiamo voluto l’Europa, che l’abbiamo costruita con De Gasperi e l’abbiamo guidata con Romano Prodi, dobbiamo fare tutto il possibile per rilanciarla. È l’Europa, infatti, il fondamento del nostro futuro. Questo è il tema che porrò oggi all’attenzione del Meeting e del Presidente della Repubblica, che in questo senso costituisce un vero e proprio faro. Accanto a questo, ovviamente, c’è il tema delle risposte immediate che la politica è chiamata a dare.

Proprio a questo proposito, qual è il suo giudizio sulla manovra del governo e quali sono le sue proposte per migliorarla?

Vedo purtroppo che in Italia c’è un governo che mette toppe, anche se è l’abito che andrebbe cambiato. Le toppe non sono altro che le manovre da 40 miliardi che ogni due mesi vengono proposte e continuamente modificate. Davanti a questa situazione devo confessare che ho un’aspirazione diversa: vorrei un governo diverso, capace di rifare il vestito dell’economia e della “missione Italia”. Con le toppe, infatti, non si va lontano.

Cosa intende per “governo diverso”?

Non parlo di un governo tecnico, ma politico, che comprenda le grandi forze politiche presenti in Parlamento. Un governo di “coesione nazionale”, senza vinti, né vincitori, che abbia lo spirito della ripartenza per l’Italia.

Questo implica un passo indietro di Berlusconi e un’iniziativa del Presidente della Repubblica?

Sono certamente indispensabili il passo indietro del premier e il passo in avanti delle forze responsabili del Parlamento. Solo così potremmo avere un governo in grado di completare la legislatura e fare in 20 mesi la riforma dell’economia, delle istituzioni e del fisco, dimezzando il numero dei parlamentari. Con uno spirito di coesione nazionale, ognuno potrebbe fare la propria parte, costruendo un nuovo sistema politico che avrà necessariamente nuovi equilibri.

Nell’attesa che questo si realizzi intendete comunque partecipare al miglioramento della manovra?

Certamente, il Pd ha già fatto le sue proposte. Se, come ha promesso, il governo non metterà la fiducia, saremo pronti a discutere e a cambiare la manovra punto su punto. Le cose che non vanno sono molte, come dicono tutti i giorni autorevoli esponenti della maggioranza. Se ci ascolteranno, li aiuteremo a raddrizzare una manovra approssimata e sbrigativa. Come dicevo, però, con le toppe non si va lontano…

 

(Carlo Melato)

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