Il Meeting di Rimini 2011 si apre oggi nel segno dei festeggiamenti per l’anniversario dell’Unità d’Italia, alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Un incontro atteso quello di questa sera, dal titolo “150 anni di sussidiarietà”. IlSussidiario.net ne ha discusso con il vicepresidente della Camera dei Deputati, Maurizio Lupi.



Onorevole Lupi, qual è il significato della partecipazione del Capo dello Stato a questa edizione del Meeting?

Il Presidente Napolitano in questi anni ha rappresentato per il nostro Paese un punto di riferimento essenziale, una garanzia del ruolo che le istituzioni possono e devono svolgere essendo, da un lato, al di sopra delle parti e, dall’altro, nel cuore dei problemi del Paese. Il suo è stato un continuo appello, una “moral suasion” al confronto e a un’idea di politica in cui non ci sono nemici da abbattere. D’altronde, lo scopo della politica al di là degli schieramenti, come ci insegna il Capo dello Stato, è servire il bene comune. C’è poi un altro aspetto da sottolineare.



Quale?

Il fatto che il Presidente abbia accettato l’invito a partecipare a questa edizione del Meeting di Rimini, che dedica all’anniversario dell’Unità la sua mostra principale (“150 anni di sussidiarietà”), è il riconoscimento di una storia segnata dal protagonismo di un popolo. Un momento perciò molto significativo sulla scia di alcune tappe cruciali di un lungo anno di festeggiamenti. Penso al messaggio del Capo dello Stato alle Camere, a quello del Santo Padre, Benedetto XVI, in occasione dell’anniversario e alla Messa celebrata dal Cardinal Bagnasco. Passaggi fondamentali che hanno riaffermato l’importanza della Chiesa e del cattolicesimo come pilastri fondamentali della storia di questo Paese, nel rispetto di tutte le storie che lo hanno fatto grande.



E che senso ha parlare di “certezza” in un momento come questo, come accadrà a Rimini durante tutta questa settimana?

Credo che sia la vera sfida per chi fa politica oggi. La crisi, infatti, sembra spazzare via tutte le nostre “piccole” certezze: il mercato, gli investimenti, il valore su cui sono costruite le cose. La rinascita dell’Italia e dell’Occidente non sarà però legata soltanto alla variabile economica. Potrà avvenire, invece, se partirà dalla ricostruzione del soggetto, di persone coscienti del proprio compito e della propria sfida nei confronti della realtà. Non a caso il nostro Paese è uscito dalla Seconda guerra mondiale puntando proprio sul capitale umano, sull’educazione e sulla valorizzazione dei talenti.

In queste ore la politica torna a discutere e a dividersi sulle risposte concrete e immediate da dare alla crisi. La manovra del governo torna così sotto il fuoco incrociato.

Innanzitutto, sarebbe sbagliato dare un giudizio che non fosse immerso nella realtà in cui viviamo. La situazione economica italiana, europea e mondiale è sotto gli occhi di tutti. L’enorme debito pubblico che abbiamo sulle spalle è un fattore limitativo alla crescita e, davanti a questa sfida, non c’è una strada alternativa alla riduzione della spesa pubblica. Se osserviamo soltanto la manovra è evidente che non possono bastare i tagli alla spesa e i contributi di solidarietà, ma si può iniziare a ragionare. Giorgio Vittadini, ad esempio, sul Corriere della Sera ha rilanciato ieri due questioni fondamentali: l’educazione e lo sviluppo. Sono perciò convinto che la manovra non potrà essere stravolta, ma si potrà decisamente migliorare al Senato, grazie al contributo di tutti.

E quali sono le sue proposte in merito?

Innanzitutto, l’introduzione del quoziente familiare. Non si può, infatti, chiedere un contributo di solidarietà che non tenga conto della composizione del nucleo famigliare. Dopodiché la grande sfida delle riforme strutturali: previdenziale e fiscale innanzitutto. Infine la riduzione dei “costi della politica”, senza dimenticarci che la democrazia è una risorsa e non un costo, e una discussione serena sul tema del federalismo, così come lo ha posto giustamente il Presidente Formigoni.

Molti di questi sono i temi “caldi” del rapporto tra Pdl e Lega?

In ogni maggioranza bisogna fare i conti con i propri alleati. Io resto però convinto del fatto che, con tutto l’affetto che ho nei suoi confronti, anche la Lega Nord sarà costretta a confrontarsi su questi temi, a cominciare delle pensioni. Non si tratta infatti di mettere mano a diritti acquisiti, ma di guardare al futuro del nostro Paese e a quello dei nostri figli.

Dal centrosinistra però insistono: serve un nuovo governo e un passo indietro del premier, Silvio Berlusconi.

L’appello che rivolgo agli amici dell’opposizione è quello di non comportarsi da “marziani”. Siamo in un sistema democratico, in Parlamento c’è una maggioranza legittimamente eletta dagli italiani, ed esiste un’opposizione, che legittimamente chiede le dimissioni del Presidente del Consiglio. Il punto però non è la naturale dialettica democratica, ma il fatto che questa non venga anteposta alle responsabilità che abbiamo. Il tema cruciale non è perciò il “passo indietro” del premier, ma le proposte che abbiamo davanti alla crisi. Il confronto sia duro, ma nel merito. Per questo mi auguro che anche il Pd faccia quel passo in avanti che l’Udc ha già pensato bene di fare.

(Carlo Melato)

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