«Il dibattito pubblico di questo Paese ha ricevuto ieri, dal Meeting di Rimini, un contributo importantissimo». Stefano Folli, intervistato da IlSussidiario.net, inizia così la sua riflessione sul significato della partecipazione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, all’incontro “150 anni di sussidiarietà”, che ha aperto questa edizione del Meeting.
«Innanzitutto – prosegue Folli –, il Capo dello Stato ha tenuto un discorso molto alto che segnerà la discussione delle prossime settimane. Non solo, il suo è stato anche un importante riconoscimento dell’opera sociale e culturale che Comunione e Liberazione svolge da molti anni. La concordanza che si è potuta riscontrare nella lettura delle linee guida di questi 150 anni ha infatti rappresentato un passo in avanti della nostra storia, a mio avviso costantemente segnata dall’incontro tra cattolici e laici.
Al centro di questa convergenza il ruolo fondamentale che la sussidiarietà ha avuto e che continuerà ad avere, soprattutto in questi tempi di tempesta».
Quali sono stati secondo lei gli altri “passaggi chiave” dell’intervento del Presidente Napolitano?
In primo luogo il richiamo alla politica affinché sappia dare risposte rapide e credibili e riprenda l’iniziativa con quello “slancio morale” che ha segnato i momenti più importanti della nostra storia. Di quello slancio, purtroppo, oggi c’è ben poco, anche se dovrebbe essere la base di una risposta corale all’emergenza.
Riguardo a queste precise responsabilità nessuno dei protagonisti è stato “risparmiato”. D’altronde, tocca sia al governo che all’opposizione ritrovare uno spirito unito e coeso, simile a quello della Costituente. Per certi versi, infatti, questo periodo storico ricorda il Dopoguerra.
Il Capo dello Stato ha poi posto una domanda alle istituzioni e alla società: abbiamo davvero saputo parlare in questi anni il linguaggio della verità?
È un passaggio che mi ha colpito e che ha diverse implicazioni. Innanzitutto servirebbe maggiore autocritica riguardo a ciò che è stato fatto male o che non è stato fatto in tutti questi anni. Come ha detto Napolitano, da vent’anni la nostra economia non cresce e il nostro debito pubblico non riesce ad essere abbattuto.
Importante anche il riferimento a un’Europa negativamente condizionata da “iniziative unilaterali”.
Una critica implicita all’asse Merkel-Sarkozy e un invito deciso affinché l’Italia si faccia avanti.
Quanto incideranno secondo lei tutti questi spunti su un dibattito che negli ultimi tempi non sembra certo aver brillato per lungimiranza e chiarezza?
Credo che la giornata di ieri porterà i suoi frutti. D’altra parte sarà difficile evitare di paragonarsi con le parole che sono state dette.
Effettivamente, la discussione negli ultimi tempi è stata piuttosto mediocre e le recenti uscite di Bossi, hanno creato una grande amarezza.
Ad ogni modo, serviva una scossa ed è arrivata. Ora tocca alla politica uscire dal piccolo cabotaggio.
Vedere sullo stesso palco due autorevoli esponenti del Pdl e del Pd, come Maurizio Lupi ed Enrico Letta, parlare di “servizio al bene comune”, “fine della guerra civile” e “riconoscimento dell’avversario” fa ben sperare?
Certamente. Questo dovrebbe essere il biglietto da visita di ogni democrazia, il tono abituale di ogni dibattito tra governo e opposizione, che potrebbero trovarsi domani a ruoli invertiti.
Non è un problema di bon ton, ma una questione di fondo.
Per troppi anni il nostro sistema politico è stato lacerato e improduttivo. A questo punto, dopo le parole pronunciate in una cornice simile da Lupi e Letta, abbiamo l’obbligo di sperare.
(Carlo Melato)