«Quando un governo, nonostante tutto, rimane in piedi, l’opposizione ha solo due possibilità: o se ne va o prova a migliorare le cose. Credo che per il Pd sia giunto il momento della responsabilità. Con le sue controproposte deve provare a strappare qualcosa per i lavoratori e per il popolo che rappresenta». Il direttore de Il Riformista, Emanuele Macaluso, invita il Partito Democratico a formulare una proposta alternativa chiara sulla manovra. «Per ora – dice Macaluso a IlSussidiario.net – domina la confusione tra le sue diverse anime. Anche la lettera che Walter Veltroni ha inviato ieri a La Repubblica mi è sembrata un riassunto di questioni già sollevate senza grandi novità».



Direttore, tornando al discorso con cui il Presidente Napolitano ha inaugurato il Meeting di Rimini, quanto è riuscito a incidere sul dibattito politico secondo lei?

A distanza di una settimana devo dire che un’influenza l’ha certamente avuta, sia sui comportamenti della maggioranza che su quelli dell’opposizione. C’è stata infatti più cautela e meno aggressività da entrambe le parti.
Tuttavia, lo spirito profondo di quell’intervento non è stato colto pienamente a causa di un passato che pesa troppo.



A cosa si riferisce?

Alla base dei difficili rapporti tra maggioranza e opposizione c’è la presenza di Berlusconi e di tutto ciò che i due schieramenti si sono detti in questi anni. Per questo sono convinto che un appello di questo spessore fosse indispensabile per rendere meno violenta la contrapposizione anche se non credo che sia possibile un rapporto virtuoso tra centrodestra e centrosinistra.
Lo dimostrano anche le reazioni che il discorso del Capo dello Stato ha suscitato sia sui giornali di destra che su Il Fatto Quotidiano.

Lei come si spiega questa convergenza?

Alla base c’è una comune passione per la guerriglia politica e giudiziaria. È ovvio che il discorso di Napolitano sia in contraddizione con le loro battaglie. A loro infatti non interessa che si faccia politica, ma che si continui con questa guerra civile. Ovviamente chi considera ogni dialogo un “inciucio” si muove su un terreno contrario all’ispirazione che vuole dare alla politica il Presidente della Repubblica.



Le parole pronunciate da Enrico Letta e Maurizio Lupi davanti al Capo dello Stato lasciano sperare che in un possibile “armistizio”?

È una speranza. Di sicuro Letta esprime una posizione spiccatamente dialogante e, rispetto a Bersani, è più attento nei confronti del centro e del ruolo che assolve e può assolvere nel Paese. Lo stesso vale nei confronti di Montezemolo, anche se Italia Futura non rappresenta ancora una forza consistente.

Passando ai contenuti della manovra: se nel centrodestra ogni verdetto è rimandato all’incontro risolutivo tra Berlusconi e Bossi, nel centrosinistra il Pd rischia di rimanere schiacciato sulle posizioni della Lega?

Su questo tema la penso come Enrico Morando. Una riforma che vada a incidere sull’età pensionabile è da mettere in cantiere, soprattutto in base all’allungamento dell’aspettativa di vita. Al di là degli aspetti tecnici, infatti, sono convinto che la bussola oggi sia puntare sulle nuove generazioni, abbattendo parallelamente il precariato diffuso.

A complicare le cose in casa Pd uno sciopero generale indetto dalla Cgil che suona come una sfiducia alla capacità di contrattazione del Pd e costringe il suo segretario a prestare il fianco all’iniziativa di Antonio Di Pietro.

È vero, Bersani è in difficoltà, anche se sono convinto del fatto che oggi sia l’unica personalità del Partito Democratico in grado di mediare tra le varie sensibilità interne tenendo al contempo ferma la barra.
Di Pietro, dal canto suo, fa demagogia come sempre e nella sua nuova veste “operaista” rischia di cadere nel ridicolo.
Al di là del rapporto con l’Idv sono però convinto che il vero problema dei democratici sia il Sel, una forza politica vera con cui bisognerà iniziare a fare i conti.

Il Pd dovrà chiarirsi le idee anche su tutti gli altri punti caldi della manovra?

È una necessità, anche perché sono convinto che su questo il governo non cadrà. Ci sarà sicuramente un logoramento, ma non la crisi.
Per questo tocca all’opposizione scegliere tra l’Aventino e la politica.

Se questo è il quadro politico che scenari si aprono?

Il centrodestra è scosso dalle tensioni interne al Pdl e alla Lega Nord, mentre il ministro Tremonti, che fino a poco tempo fa poteva costituire un’alternativa possibile a Berlusconi, è sotto un attacco incrociato senza precedenti.
I nodi comunque  verranno presto al pettine. Per questo sono convinto che il governo non cadrà sulla manovra, ma dubito che arriverà fino al 2013.

(Carlo Melato)

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