Nella maggioranza il tempo della mediazione sta per scadere. Entro le otto di questa sera, infatti, dovranno essere consegnati al Senato gli emendamenti alla manovra. Per questo, l’atteso vertice di oggi tra Berlusconi e Bossi, a cui parteciperà anche il ministro Tremonti, avrà luogo ad Arcore già da questa mattina. L’intesa sembrerebbe vicina: le pensioni non dovrebbero essere toccate, come vuole la Lega, in cambio dell’aumento dell’Iva. «Ad ogni modo, i conti non tornano – dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani a IlSussidiario.net –. Se per una volta riuscissimo a osservare l’intera foresta, oltre che il singolo albero, ci accorgeremmo di un problema evidente di credibilità complessiva. Si dà per scontato, ad esempio, che possano arrivare in modo non meglio precisato 16 miliardi dall’assistenza o che comunque potrebbero essere sostituiti da tagli alle detrazioni fiscali in modo altrettanto ipotetico. Nel frattempo si baratta l’Iva. È evidente che qualcosa non torna e temo che i mercati se ne siano accorti».



Iniziando proprio dall’Iva, qual è la vostra posizione sul suo eventuale aumento?

Siamo sempre stati contrari perché in un momento come questo la conseguenza più probabile sarebbe la riduzione dei consumi. Stiamo già attraversando una fase calante e la manovra sarà molto depressiva. Per questo la nostra proposta è quella di andare sui grandi patrimoni immobiliari e sull’evasione fiscale. 



La tassa sull’evasione proposta dal ministro Calderoli non la convince?

Sinceramente non si capisce di cosa stia parlando. Fino a quando non si faranno capire noi invitiamo il governo a fare proprie le tecniche di lotta all’evasione che gli consigliamo da tempo. E ne aggiungo anche un’altra: la deducibilità di tutte le spese relative alla casa di abitazione, una norma capace di creare un conflitto di interesse tra cittadino e potenziale evasore. Questa è l’unica strada.

L’eventuale dimezzamento dei tagli agli enti locali vi dovrebbe però trovare d’accordo. Non è così?

Noi eravamo contrari ai tagli agli enti locali fin dall’inizio anche se continuiamo a insistere sulla necessità di tagliare i costi della pubblica amministrazione. Sugli enti locali abbiamo comunque una serie di proposte, a cominciare da quell’una tantum sui capitali scudati, che tutti definiscono “inattuabile”.



Piero Ostellino, da queste colonne, invitava pochi giorni fa la politica a rispettare i patti che prende con i cittadini. “Non c’è emergenza  – diceva – che giustifichi la rinuncia ai principi della democrazia liberale”.

Sinceramente, quando sento parlare di “rottura del patto” non posso fare a meno di ridere. Ma come? Sono vent’anni che si rompono i patti. Non viene forse rotto con il contributo di solidarietà o mettendo mano alle pensioni? D’altra parte, la Corte costituzionale ha sancito che ci può essere questa rottura. Chi ci critica poi commette un grave errore perché, anche attuando la nostra proposta, non verrebbe rotto un bel niente. Noi infatti proponiamo soltanto di individuare nei condonati una platea che segnala una capacità contributiva. A queste persone noi vogliamo chiedere un contributo straordinario, con la garanzia dell’anonimato.

E cosa c’entra questo con gli enti locali?

C’entra perché noi proponiamo di utilizzare i soldi raccolti in maniera oculata: un terzo di questi 15-20 miliardi per la manovra, due terzi per i pagamenti della pubblica amministrazione alle piccole imprese e per gli investimenti degli enti locali, derogando al patto di stabilità. 

Mentre la politica discute, la Cgil indice uno sciopero generale. La tempistica scelta non può essere letta come un atto di sfiducia nella capacità di contrattazione del Pd?

Non voglio ragionare con la loro testa, ma il Pd non c’entra nulla. Il meccanismo che si è messo in moto è la conseguenza dell’incursione del governo nel confronto sociale. Per questo ho chiesto a Tremonti che venga rimesso in piedi l’accordo sulla rappresentanza del 28 giugno, che era stato salutato da tutti come un grande momento di unità. Vede, uno può anche non avere grandi simpatie per la Cgil, ma resta il primo sindacato italiano e quando governi sono tutti figli tuoi. Solo un fanatico o un irresponsabile può continuare invece a governare accendendo micce nella società e nel Paese. Lo dice uno che gira per le fabbriche e che continua a vedere con preoccupazione lavoratori che litigano tra loro, in uno stato di tensione sempre maggiore.

Il Pd perciò parteciperà allo sciopero?

Guardi, io la sussidiarietà la applico innanzitutto alla politica. Ci sono dei momenti in cui i partiti devono riconoscere la soggettività della società e arrotolare le proprie bandiere. Quando c’è stata la manifestazione delle donne, ad esempio, ho voluto partecipare rimanendo sotto il palco, così come ho fatto per la campagna di Pisapia a Milano, o per i referendum. Il Pd perciò potrà partecipare, a livello di militanti e di dirigenti, ma non “aderisce” allo sciopero. Che senso avrebbe? Non accadeva con i partiti di una volta, figuriamoci adesso…

Ma in questa fase molto delicata, a distanza di una settimana dal discorso del Presidente Napolitano al Meeting di Rimini, quale responsabilità sente di doversi assumere come leader dell’opposizione?

Quello che il Capo dello Stato ha rivolto dal Meeting a tutta l’Italia è stato un messaggio molto alto e forte. I giudizi che hanno colpito maggiormente evidentemente sono due: le critiche alla maggioranza e quelle all’opposizione. Riguardo alle primo devo dire che in qualunque altro Paese, se il Capo dello Stato avesse detto che il governo non dice la verità, ci sarebbero state le dimissioni. Da noi però Scilipoti tiene duro…

E per quanto riguarda le critiche all’opposizione?

Su questo vorrei fare una precisazione: noi non abbiamo mai accusato il governo di averci portato la crisi, ma di averla occultata e aggravata. Detto questo, il Presidente della Repubblica segnala un problema che percepisco anch’io: la personalizzazione estrema a cui ci ha portato Silvio Berlusconi ha creato ormai un meccanismo gravitazionale tale per cui anche l’opposizione, perfino nel linguaggio, rischia di non chiedere più il cambiamento, ma soltanto le sue dimissioni. Prendo perciò questa critica come un incoraggiamento. Stiamo infatti facendo uno sforzo, anche a livello di linguaggio, per liberarci il sangue da questa intossicazione. Non a caso nella campagna per le amministrative non abbiamo parlato di Ruby Rubacuori…

Cosa farete perciò da domani, una volta lette le proposte definitive della maggioranza sulla manovra?

Innanzitutto presenteremo le nostre, che sono ben più solide. Dopodiché, premettendo che non avremmo dovuto arrivare fin qui e che sono stati commessi errori enormi, manterremo un atteggiamento propositivo, con la speranza che le nostre idee vengano accolte. Su una cosa non faremo passi indietro: questa volta deve pagare chi è sempre rimasto al riparo, non chi ha sempre pagato. Speriamo che il governo lo capisca, altrimenti saremo costretti a metterci di traverso.

(Carlo Melato)