Una sentenza ineccepibile, in quanto il principio costituzionale è stato certamente violato. Stelio Mangiameli, professore di Filosofia del diritto all’università Tor Vergata di Roma, definisce così l’azzeramento da parte del Tar della giunta regionale della Sardegna, in quanto non vi era nemmeno un’assessore donna. Una sentenza che giunge a soli dieci giorni da un’analoga decisione del Tar del Lazio per quanto riguarda la giunta del Comune di Roma. Come osserva il professor Mangiameli, «in Sardegna manca una legge attuativa delle norme costituzionali che prevedono la promozione delle donne all’interno degli organi pubblici anche di carattere elettivo. A livello nazionale esiste un testo sulla promozione della presenza femminile nelle cariche pubbliche, che si chiama Codice delle pari opportunità, che è già vigente. Mentre nello Statuto regionale esisteva una norma che indicava la promozione della presenza femminile nelle cariche pubbliche, oltre a una legge statutaria che indicava quale doveva essere la presenza dei due sessi all’interno della giunta. Se non che lo Statuto della Sardegna è stato annullato perché presentava un vizio procedurale, e da quel momento la giunta Cappellacci non ha più promosso l’emanazione di un nuovo Statuto». E aggiunge l’esperto di diritto costituzionale: «Il quadro normativo della Regione Sardegna è quindi in ritardo rispetto alla Costituzione italiana. Il Tar della Sardegna quindi di fronte al ricorso ha ricostruito il quadro costituzionale, che oggi su questo punto risulta profondamente diverso da quello originario del 1948».



Sono state diverse infatti le riforme che hanno aggiornato la Carta fondamentale per renderla al passo con i mutamenti della società. «Innanzitutto – osserva Mangiameli – la prima norma sulla promozione della pari opportunità nell’accesso alle cariche politiche è stata fatta nella costituzione per vincolare il legislatore regionale. Ed è stata introdotta dalla riforma costituzionale numero 30 del 2001, che ha modificato l’articolo 117. In un comma del nuovo articolo è stato inserito un principio vincolante per il legislatore regionale, che avrebbe addirittura avuto l’obbligo di promuovere le cosiddette azioni positive», cioè a prendere iniziative per ridurre le disparità tra i sessi. Un principio ribadito quindi «nell’articolo 51 della Costituzione, quello cioè che riguarda l’accesso alle cariche pubbliche. Il Tar della Sardegna ha quindi interpretato i due articoli della Costituzione come una forma di attuazione del principio dell’articolo 3, in cui si parla di “uguaglianza senza distinzione di sessi”, oltre che di “promozione delle condizioni di effettiva parità e partecipazione”». E aggiunge il professor Mangiameli: «Il punto è che il giudice ha sanzionato il fatto che nella giunta non c’era neppure una donna. Non c’è una prescrizione sul numero di assessori che dovrebbero essere di sesso femminile, ma certamente l’assenza anche di una sola donna nella giunta regionale, secondo il giudice amministrativo implica una totale disattenzione ai principi costituzionali».



Mangiameli quindi conclude: «Da questo dato di fatto, che risulta dalle nomine, il precetto costituzionale si deve considerare infatti certamente violato». E del resto, per l’esperto è indubbio che non si tratti soltanto di un problema formale, ma anche sostanziale: «Se uno deve dare un giudizio sulla pari opportunità, le norme che la promuovono sono il sintomo più evidente della disparità di trattamento tra i sessi. E d’altra parte, proprio perché c’è questa disparità di trattamenti, si giustificano le norme derogatorie che prevedono le quote. Perché altrimenti questa condizione strutturale di disparità non verrebbe mai né affrontata né messa in discussione per essere superata. E’ chiaro che questa è una prospettiva nuova dell’uguaglianza tra i sessi, che la Costituzione ha sposato con quelle due norme, riprendendo dal diritto costituzionale americano il principio delle cosiddette azioni positive».



 

(Pietro Vernizzi)