Mentre le Borse continuano a tenere con il fiato sospeso i governi di tutto il mondo, in Italia prosegue il dibattito su come affrontare questo passaggio cruciale, dopo la decisione annunciata dal premier Berlusconi e dal ministro Tremonti  di anticipare al 2013 il pareggio di bilancio. «Abbiamo perso la nostra sovranità nazionale, mica noccioline – attacca il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani –. Il problema è che la faccia di chi dovrebbe presentare le ricette prescritte dal commissario è quella di Silvio Berlusconi». Al gruppo dirigente democratico replica il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto: «Quando chiedono le dimissioni del governo, che è impegnato a evitare che la speculazione determini l’aumento dello spread, dimostrano tutta la loro irresponsabilità».



Senatore Follini, qual è la sua analisi su ciò che sta accadendo sui mercati?

Stiamo attraversando una crisi epocale che chiama in causa la robustezza degli Stati nazionali e il valore della democrazia. Davanti a uno scenario di questo tipo non dovrebbe prevalere un’ottica troppo provinciale. Questa crisi ha un profilo globale.
Detto questo, è evidente che per noi la campana suona più forte: abbiamo problemi strutturali di debito pubblico e, ormai alle nostre spalle, tre anni gettati al vento. Non c’è quindi da stupirsi se la nostra salita è più ripida rispetto a quella degli altri.



Secondo lei perciò è sbagliato parlare di “commissariamento” della politica italiana?

No, no. Lo stiamo vivendo in pieno, ma la globalizzazione implica forme di commissariamento che riguardano tutti i Paesi. Per noi quel vincolo è più forte in ragione di tutto ciò che non siamo stati in grado di fare in questi anni. Ed è su questo che si gioca maggiormente la responsabilità del governo.

Il pareggio di bilancio con un anno di anticipo è un obiettivo che secondo lei possiamo raggiungere in queste condizioni? 

La comunità internazionale ci chiede più rigore e questo ci obbliga a metterci subito all’opera. È altrettanto evidente però che dobbiamo affrontare anche un grave problema di mancata crescita. Bisognerebbe a questo punto accelerare le misure di liberalizzazione e di meritocrazia che consentirebbero di rimettere in movimento il sistema produttivo. Davanti a tutte queste sfide, però, il governo Berlusconi si è sempre rivelato drammaticamente impari.



Il governo tecnico diventa perciò un’opzione preferibile alla stabilità?

Guardi, un’opposizione degna di questo nome deve coltivare due obiettivi. Il primo è quello di concorrere alla salvezza del Paese con misure drastiche come quelle che la realtà ci sta imponendo di adottare. Il secondo è la caduta del governo e l’apertura di un nuovo ciclo politico.
Io resto convinto del fatto che il primo obiettivo sia molto più importante del secondo, tanto più se consideriamo che questo governo è arrivato già oltre il suo stesso capolinea.

Cosa intende dire?

Semplicemente che questo governo che non c’è più. Ha visto evaporare in queste ultime settimane la sua agenda politica ed economica e, come ultimo funambolismo, ha dovuto dissolvere se stesso, riscrivendo la manovra secondo il dettato internazionale.
Il Paese avrebbe bisogno di un governo che sia espressione di una coesione nazionale che difficilmente questa compagine potrebbe assicurargli. Il problema di rimettere in piedi un governo all’altezza in ogni caso si porrà da sé, anche se oggi la priorità è certamente la manovra.

Nel Pd Bersani vede nel voto anticipato la soluzione ideale, Enrico Letta lancia invece l’ipotesi di un “governo super-Ciampi”. Quale delle due proposte la convince di più?

Non amo molto il gioco della torre. In ogni caso è evidente che stiamo già vivendo una vigilia elettorale. Siamo infatti ormai ben oltre la metà di una legislatura che ha visto spegnersi ogni soffio di vitalità.
Chi guarda alla scadenza del 2013 evidentemente vive sulla Luna. Io continuo a credere che andare alle elezioni con un governo maggiormente all’altezza delle sfide che abbiamo davanti, sia la prospettiva migliore per il Paese.

Non sarebbe questo il vero “commissariamento” della politica, come dice Alfano: un governo di tecnocrati dovrebbe affrontare gli stessi problemi, senza però alcuna legittimazione popolare?

Se si riferisce alla legittimazione del 2008 credo che sia largamente da archiviare. Nessuno pensa di sottrarre agli elettori la voce in capitolo che debbono avere, ma una classe dirigente che affronta un’emergenza cerca risposte all’altezza. Vivacchiare perpetuando uno schema propagandistico che ha dimostrato di essere lesivo per l’interesse del Paese mi sembra, tra tutte le possibilità che abbiamo, la peggiore in assoluto.

E come giudica l’apertura di Casini alla maggioranza. Nel suo ultimo intervento alla Camera si è infatti detto disponibile a collaborare, nel rispetto dei ruoli, ma senza porre come pregiudiziale il “passo indietro” del premier. È una posizione che indebolisce il Pd o che offre nuove prospettive di unità nazionale a tutti?

Sinceramente, “ciambelle di salvataggio” non ne ho viste e la situazione è così compromessa che non possiamo pensare di salvarla con le nostre buone maniere.
Il cambio di rotta ormai si è imposto e credo che su questo tutta l’opposizione abbia delle responsabilità comuni.

(Carlo Melato)