Dal compagno G, al secolo Primo Greganti, al compagno P, Filippo Penati. C’ è, nelle vicende che coinvolgono la sinistra nell’illecito finanziamento del partito, un minimo comune denominatore: sono compagni che sbagliano, in qualche caso delinquenti, reprobi da espellere dal corpo immacolato della Santa casa madre. Non era vero per Greganti, non lo è per Penati, né tanto meno per i vari Pronzato, Morichini e quanti altri sono stati coinvolti in questa calda estate in inchieste giudiziarie.
Greganti era un compagno fedele, convinto della sua idea di comunista militante. Si è fatto tutti i mesi di carcerazione preventiva, si è preso una condanna definitiva a due anni e sei mesi. E, si badi bene, il compagno G fu condannato per avere illecitamente versato finanziamenti al Partito comunista, come tanti altri cosiddetti collettori di tangenti per la Dc e il Psi. Ma i vertici di Botteghe Oscure, per abilità o per un patto forse inconscio con certa parte della magistratura, sono sempre rimasti fuori, secondo il principio garantista mai applicato agli altri leader di partito, che loro potevano non sapere.
Carlo Sama, genero di Raul Gardini ed ex amministratore delegato di Montedison, dichiarò durante il processo del 1993 contro Sergio Cusani, che nel 1989 Gardini, Cusani ed un alto dirigente delle coop rosse, si recarono in via Botteghe Oscure per portare una valigetta con un miliardo di lire, grazioso omaggio alle affamate casse del partito al fine di ottenerne il consenso sulla defiscalizzazione nell’affare Enimont. Ebbene Cusani, che ammise la circostanza, si è fatto oltre cinque anni di galera e nella sentenza si fa esplicito riferimento anche al finanziamento illecito del Pci-Pds. Anche in quel caso, però, i dirigenti di Botteghe Oscure potevano non sapere.
La classe politica poteva risolvere questa antica questione rendendo trasparente il finanziamento pubblico al partito, come avviene, ad esempio, negli Stati Uniti. Un imprenditore decide di appoggiare un politico, gli consegna platealmente l’assegno, dichiara pubblicamente anche il motivo del suo appoggio: mi sta bene la sua linea politica e i suoi progetti, che vanno nella direzione dei miei legittimi interessi. Tutto alla luce del sole, da poter sottoporre al giudizio della collettività.
Perché, in Italia, questo non è stato possibile? Per due motivi: il primo, in Italia, la corruzione è purtroppo un fatto endemico, ed è facile, in assenza di regole chiare sul finanziamento pubblico, poter agire in parte nell’ombra, così che qualche “mazzetta” versata per il partito resti attaccata alle mani del collettore. Un tanto al partito, un tantino a me e ai miei spesso ingordi familiari. Il secondo motivo, più sottile ma a mio parere molto reale: dato che ci cascano tutti, è possibile, quando qualche collettore viene scoperto con le mani nella marmellata, speculare sulla disgrazia altrui e fare i moralisti contro gli avversari politici. Un atteggiamento di formidabile stupidità, che contribuisce al progressivo distacco dell’opinione pubblica da una politica incapace di dare qualsiasi risposta ai problemi reali del Paese.