La riforma costituzionale annunciata dal ministro della Semplificazione normativa, Roberto Calderoli, al termine dell’ultimo Consiglio dei ministri sembra pronta a iniziare il suo iter. «È stata trovata un’intesa di maggioranza, il prossimo passo sarà quello di presentare il nostro testo ai gruppi di minoranza», aveva dichiarato il ministro leghista. Ma la riduzione del numero dei parlamentari e la soppressione delle province diventanno davvero realtà in tempi ragionevoli? IlSussidiario.net lo ha chiesto all’On. Donato Bruno, presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati.
Presidente, partiamo dal nodo delle province di cui si parla da mesi. Qual è lo stato dell’arte a questo proposito?
Pdl, Lega Nord e Pd poco tempo fa hanno rigettato la soppressione tout court delle province proposta dall’Idv. L’ipotesi di fondo era quella che fosse necessaria una riscrittura di questo livello istituzionale, limitando certamente il numero delle province, ancorandolo però al numero dei cittadini e all’estensione territoriale. Le proposte in questo senso erano già oggetto di approfondimento presso la mia Commissione. Ora abbiamo appreso che il governo ha presentato un progetto di legge per l’abolizione, o la diminuzione, del numero di province che è passato alla Conferenza Stato Regioni.
Questo cosa comporta?
La Commissione Affari costituzionali della Camera abbinerà le varie proposte esistenti a quella del governo, che arriverà da qui a 20 giorni. Sono convinto che si riuscirà a trovare una convergenza su una proposta seria e risolutoria. Dopodiché si potranno modificare anche gli articoli 81 e 41.
Ci spieghi meglio.
Il primo inserisce il pareggio di bilancio all’interno della Costituzione. Un’iniziativa che il ministro Tremonti ha assunto e che ha voluto comunicare alle commissioni Affari costituzionali e Bilancio di Camera e Senato l’11 agosto di quest’anno. Con la modifica dell’art. 41 verrà invece ampliata la libertà d’impresa.
Si parla poi della riduzione del numero dei parlamentari e della fine del bicameralismo perfetto.
Esattamente. Oltre all’annunciata riduzione del numero di deputati e senatori nascerà il Senato federale, che si occuperà esclusivamente dell’art. 117, terzo comma. Avrà fine in questo modo il bicameralismo perfetto in favore di un sistema misto, poiché in materia di bilancio e di riforme delle leggi costituzionali le camere lavorerebbero assieme con il sistema che abbiamo oggi. Per tutto il resto sarebbe la Camera dei Deputati a legiferare, mentre il Senato per la prima volta vedrebbe al suo interno rappresentate le Regioni.
In che modo?
Ogni regione dovrà nominare due rappresentanti, uno di maggioranza e uno di opposizione, che avranno diritto al voto in tutti i provvedimenti, ad eccezione del voto sulla fiducia. Questo perché a differenza degli altri senatori non verranno eletti direttamente. Questi sono, in sintesi, gli argomenti che di qui a poco verranno discussi. Aggiungo però una novità.
Quale?
L’elettorato attivo e passivo verrà portato a 18 anni. Questo significa che chiunque, una volta raggiunta la maggiore età, potrà votare per la Camera e per il Senato ed essere eletto deputato o senatore.
A livello di tempistiche, il ministro Calderoli ha dichiarato che l’ultima riforma costituzionale tentata dal centrodestra è durata 14 mesi, questa volta però potrebbe volerci meno.
Ha ragione. Considerando le quattro letture e l’obbligo di attendere tre mesi dal momento in cui inizia la discussione nella camera di appartenenza, si può prevedere che iniziando in ottobre potremmo varare questa riforma entro aprile dell’anno prossimo.
Il governo secondo lei deve comunque imparare qualcosa dalla precedente esperienza?
Certamente, ma sono convinto che la maggioranza abbia già fatto tesoro degli errori del passato. Questa volta, infatti, il corpus delle riforme costituzionali è stato frazionato. L’ultima volta, invece, il nostro progetto era così ambizioso da prevedere la modifica di 55 articoli della Costituzione. Purtroppo non fummo in grado di comunicare ai cittadini la bontà del nostro lavoro ed ebbe gioco facile chi spaventò il Paese urlando contro “l’attacco alla Costituzione”.
Confidate davvero in una riforma condivisa con l’opposizione?
Se osserviamo nel merito le proposte che abbiamo appena elencato sono dell’avviso che l’opposizione condivida quasi tutto. Purtroppo però dipenderà dal clima politico. Se resta così incandescente il rischio è che alla fine prevalga l’opportunismo sulla volontà di perseguire il bene del Paese.
Ma se il dialogo dovesse fallire sareste pronti ad affrontare un nuovo referendum?
La riduzione del numero dei parlamentari e delle province, la fine del bicameralismo perfetto e gli altri punti in discussione sono chiesti a gran voce dagli italiani. Dubito che questa volta una battaglia ideologica su questi temi possa passare.
(Carlo Melato)