Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera, una grande esperienza politica e giornalistica nel suo “zaino” culturale, guarda e commenta con sicurezza l’evolversi dela complicata situazione politica italiana.

Scusi, Polito, ma lei come giudica il cambiamento dei rapporti tra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti? Cioè tra il premier del Governo e il suo superministro dell’Economia? Vorrei ricordarle anche una cosa: era Tremonti che assicurava l'”asse del Nord”, che era diventato il baricentro del dialogo tra Berlusconi e la Lega. E adesso lo stesso Tremonti non ha partecipato neppure alla seduta sul voto su Marco Milanese…



Certamente, Tremonti assicurava l’unità su quello che veniva chiamato il “partito nordista”. Ma non c’è dubbio che rapporti complicati tra Tremonti e Berlusconi esistono da tempo, sono di lunga data.  Di fronte alla crisi economica questi rapporti complicati sono via via esplosi. Berlusconi appare quasi selvaggio e istintivo nell’indicare una soluzione alla crisi e a cercare vie per la crescita: quindi è refrattario all’introduzione di nuove tasse. Tremonti segue una strada austera. Il ministro dell’Economia ha tenuto a posto i conti dello Stato e su questo ha avuto ragione. Il problema è che la sua ricetta non ha risolto la questione della crescita e a questo punto deve fare i conti con un grave insuccesso. In ogni caso, i rapporti tra Tremonti e Berlusconi erano già compromessi. Si dice che il premier fosse completamente espulso da quella che era la cabina di regìa della politica economica. Basti pensare a quello che dice Giancarlo Galan quando parla di provvedimenti che arrivano senza che nessuno li conosca. Si parla addirittura di conti dello Stato che conosce solo il ministro Tremonti.



Secondo lei, in questa politica economica, c’è stato una sorta di link, di aggancio con la sinistra?

È una sfumatura politica interessante. Molti a sinistra hanno certamente cominciato a puntare su Tremonti come se fosse una sorta di “vendicatore”, di “cavallo di Troia” all’interno della maggioranza berlusconiana. E a sinistra, qualcuno ha pensato e sperato che Tremonti con il suo rigore di politica economica, con il suo colbertismo, arrivasse a far esplodere la maggioranza.

Secondo lei, è possibile o addirittura probabile, che il Tremonti subisca un “commissariamento”, fino allo “spacchettamento” delle sue deleghe, con il benestare della Lega nord e, soprattutto, del ministro dell’Interno, Roberto Maroni?



Diciamo pure che Tremonti non gode più della fiducia di Umberto Bossi, mentre la sfiducia di Maroni è antica. Bossi, ad esempio, questa estate chiedeva un po’ di ossigeno politico. Sono avvenuti dei fatti, come la questione delle pensioni, lo stesso caso Milanese, che devono avere deteriorato ulteriormente i rapporti. Ma supporre che si arrivi a uno “spacchettamento” delle deleghe, così come si arrivò all’”impacchettamento” tra bilancio, finanze, economia, presuppone un premier molto forte e un governo molto compatto. Non è proprio questo il caso. Berlusconi non è più forte e Tremonti non è più forte. Parliamo di due debolezze che al massimo possono esercitare un diritto di veto reciproco.

 

C’è anche una varante Draghi in questi rapporti Berlusconi-Tremonti?

 

Beh, che Mario Draghi e Giulio Tremonti non si amino è cosa notissima. Inutile ripetere quello che i due si mandano a dire vicendevolmente per interposta persona. C’è il fatto che la famosa lettera della Bce possa essere stata una lettera ispirata proprio da Draghi, a cui probabilmente Berlusconi si appoggia o chiede consiglio.

 

Mercoledì in Parlamento si voterà anche sulla sfiducia al ministro Saverio Romano. E anche questa volta la Lega Nord soccorrerà il governo. Dobbiamo pensare che la Lega abbia ottenuto qualcosa in cambio?

 

Maroni è stato molto chiaro al proposito. Non può fare altro, anche attendendo le consultazioni congressuali della base leghista. Del resto, in una simile situazione che cosa si può fare? Dove vuoi andare? Se viene sfiduciato Romano c’è il rischio di una crisi di governo. Io vedo delle forze politiche con le mani legate, come se fossero all’interno di una camicia di forza. Quindi anche Maroni aspetterà. Al momento non vedo sorprese possibili all’orizzonte. Ma per uno stato di necessità.

 

Nel frattempo nel Pdl si torna a parlare prepotentemente di legge elettorale, primarie e (vedi Formigoni) di elezioni nel 2012. Che cosa sta succedendo? Le richieste di un “passo indietro” cominciano a esserci anche nel partito di Berlusconi o sono solo ipotesi degli osservatori della grande stampa?

Tutto quello che sta avvenendo è un modo per sfuggire al dilemma della leadership del Pdl. Si prendono altre strade. Parlare di riforma elettorale è il mezzo per allungare la legislatura. Il mese cruciale di tutta questa vicenda sarà gennaio, quando la Corte costituzionale deciderà sull’ammissibilità del referendum proposto da Di Pietro e gli altri. Una nuova legge elettorale può evitare questo referendum. E qui c’è un interesse a evitarlo, anzi a osteggiarlo anche da parte di Pier Ferdinando Casini.

 

E a questo punto, nella partita della legge elettorale, entra in gioco anche il problema più generale delle alleanze, con particolare attenzione a quello che farà il Terzo Polo.

 

Siamo realisti: la legge eletorale è la madre di tutte le leggi. Stabilisce i posti, i seggi, i soldi per i partiti. È evidente che in una simile situazione si innesta il gioco delle alleanze. Al momento Casini ha detto che l’unica cosa che gli interessa è la soluzione dei gravi probelmi economici del Paese, anche di fronte a una modifica dell’attuale legge elettorale che gli ha proposto il Pdl, cioè una soluzione spagnolo-tedesca, che potrebbe essere un ritorno al “Mattarellum”. Al momento Casini dice che non si parla di “stupidate”, ma si deve guardare ad altre cose ben più importanti. Penso che ci sarà tempo per decidere e per ripensare anche ad alcune dichiarazioni.

 

(Gianluigi Da Rold)