Anche il capo dello Stato è intervenuto in merito ai quesiti referendari per abrogare l’attuale legge elettorale per i quali, oggi, sono state depositate in Cassazione più di un milione di firme. Più del doppio rispetto a quanto richiesto dalla legge per proporre un referendum abrogativo. «Non voglio idealizzare certo il sistema delle preferenze che vigeva prima perché tutti sappiamo quali limiti avesse ma è certo che c’è la necessità di un meccanismo elettorale che faciliti un rapporto di fiducia tra elettori ed eletti», ha detto Napolitano. «Sicuramente il presidente continua sulla linea della moral suasion in cui denuncia un vulnus gravissimo nel nostro sistema costituzionale; ovvero, la sottrazione al popolo della possibilità di scegliere i propri rappresentanti», spiega, interpellato da ilSussidiario.net Vincenzo Tondi della Mura, professore di Diritto costituzionale presso l’Università del Salento e tra i 64 costituzionalisti firmatari dell’appello. L’inquilino del Quirinale, in effetti, pur non entrando nel merito dei quesiti, ha sottolineato come il sistema maggioritario uninominale creasse un vincolo forte tra eletto ed elettore mentre adesso «sembra che la cosa più importante sia mantenere buoni rapporti con chi ti nomina deputato».
Secondo Tondi della Mura, «la situazione attuale è insopportabile da un punto di vista politico e illegittima dal punto di vista costituzionale. Napolitano ha ribadito, secondo i limiti che gli sono imposti dal suo ruolo, la grava carenza del nostro sistema democratico derivante dalla legge elettorale». Che, per il costituzionalista, avrebbe prodotto effetti ben al di là delle evidenti storture: «la crisi che si è verificata in questi anni è imputabile in gran parte a questo deficit nella scelta. Nel momento in cui parlamentari devono rispondere ai loro capi partiti e non al popolo diventano facilmente corruttibili e dediti ad attività diverse da quelle istituzionali». Anche ai tempi delle preferenze, tuttavia, c’era la corruzione.
«Di per sé non esiste un sistema esente dai rischi di corruzioni e infiltrazioni mafiose. Ma il problema è che il sistema vigente elimina alla base ogni possibilità di controllo. La rappresentanza parlamentare presuppone, infatti, la responsabilità politica, quindi il controllo da parte della popolazione nei confronti dell’eletto».
Resta da capire che esito avrà il percorso referendario. «I quesiti sono soggetti a giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale, che potrebbe non concederlo. I giudici interverrebbero a gennaio-febbraio, il referendum si terrebbe a maggio. Personalmente non credo che si arriverà a farlo. Sono convinto che il Parlamento interverrà prima. Rispondendo all’esigenza manifestata con una legge che modifichi l’attuale sistema elettorale. Lo scopo è quello di innescare un processo politico».