Mentre la bufera finanziaria imperversa e il governo mette finalmente la fiducia sulla manovra, e il premier Berlusconi è coinvolto nell’ennesimo caso giudiziario, a complicare – e di parecchio – il quadro, un fattore di troppo per sperare nella rapida uscita dalle incertezze economiche e politiche: la constatazione dello stato di salute dell’opposizione, che non pare passarsela meglio. Il numero uno del Pd lombardo, Filippo Penati, è sotto inchiesta per una storia di tangenti, Di Pietro detta la linea, bocciando l’ipotesi di alleanza con Casini, mentre il giovane sindaco di Firenze, Matteo Renzi, litiga con la presidente del suo partito, Rosy Bindi; lui si vuol candidare alla primarie, lei gli risponde che, allora, deve dimettersi dal Pd, come prevede lo statuto. Lui replica che lo statuto prevede anche un massimo di 3 mandati parlamentari (la Bindi è al quinto), ma lei controreplica che sono ammesse deroghe. Cosa sta accadendo nel centrosinistra e quali le conseguenze sullo stato del Paese? IlSussidiario.net lo ha chiesto a Peppino Caldarola.



Il Pd, a causa dell’inchiesta su Penati, rischia un terremoto?

Il caso Penati il Pd, al momento, lo ha “chiuso” in naftalina, con la decisione del comitato dei garanti di sospendere l’indagato dal partito. Il problema è capire, anzitutto, se sia colpevole o meno. E, in tal senso, le decisioni dei tribunali interni ai partiti non hanno alcun valore, parlano le sentenze. Detto questo, se risultasse effettivamente colpevole sarà necessario capire se siamo di fronte ad un caso di deformazione personale del rapporto tra politica e affari o ad un sistema diffuso. Ovvero, se ha agito autonomamente o per conto del partito.



E a quel punto?

Penati è l’uomo più importante del Pd milanese. E’ stato lui, inoltre, a portare al successo Bersani, affiancandolo nel primo periodo della sua segreteria. A quel punto si verificherebbe, per il partito, una situazione deleteria. Si tratterebbe della violazione di tutte le regole di cui il centrosinistra ha sempre chiamato al rispetto l’altra parte politica.

Non crede che l’affare Penati abbia già indebolito la segreteria?

Credo che abbia provocato un certo sconcerto tra i militanti. Tuttavia, l’indebolimento di Bersani è quasi esclusivamente politico. Ad oggi, infatti, non ha ancora avanzato una proposta chiara di coalizione con cui sostituire il centrodestra, né ha indicato il leader di tale coalizione o la procedura per eleggerlo.



 

Nel frattempo Di Pietro ha bocciato l’alleanza con Casini. Che alternative ha Bersani?

 

Bersani ha di fronte una strada molto stretta, con due sole vie d’uscita. La prima consiste nel fare un’alleanza con Vendola e Di Pietro e candidarsi, assieme a loro, e ad altri eventuali candidati, come Renzi, alle primarie. La seconda nel ripetere lo schema Prodi e indicare una personalità autorevole fuori dal partito che individui un’alleanza più ampia. Tradizione vorrebbe che Bersani si incamminasse lungo questa seconda via.

 

E l’alleanza col Terzo Polo?

 

La vedo più problematica. La politica italiana si modificherà parecchio nei prossimi mesi. E’ chiaro che Montezemolo si impegnerà in prima persona. Ci sono altri personaggi, come Profumo, che hanno manifestato la stessa intenzione. C’è sempre, come riserva della Repubblica, Mario Monti, a cui fare ricorso in casi eccezionali oltre, eventualmente, a Draghi. Il quadro politico non è analizzabile, quindi, guardando solo ai singoli leader di partito. Siamo in un periodo di profonde trasformazioni e la gravità della crisi può introdurre delle variabili non prevedibili.

 

Gli screzi tra Rosy Bondi e Renzi, secondo lei, cosa riflettono?

 

Renzi gioca un partita personale. La sua forza sta nella sua giovane età e nelle sue straordinarie capacità mediatiche. La sua debolezza nel fatto che dall’ala di sinistra del Pd non è particolarmente amato, per le sue critiche nei confronti del sindacato e dell’ala diessina. Non farei particolarmente affidamento sulle altre giovani leve. Mi sembrano, più che altro, affiatate nella successione interna ai nuovi leader. Salvo sconvolgimenti, la partita, in caso di primarie, si giocherà tra Bersani, Vendola e Renzi.

 

Come sarà connotato il Pd delle prossime elezioni?

Le due grandi costruzioni politiche di tre anni fa sono in grandi difficoltà. Quelle del Pdl si vedono ad occhio nudo. Quelle del Pd dipendono dal fatto che stanno venendo meno tutti i capisaldi sui quali era stato costruito. Ad esempio la componente che fa campo a Fioroni si sta muovendo con grande autonomia, e guarda da tempo con interesse alle forze cattoliche. Gli annunci di Profumo e Montezemolo, poi, fanno capire che è venuta meno la grande ambizione del Pd di rappresentare il punto di unione tra il tradizionale centrosinistra e la grande borghesia del Nord che, probabilmente, sta decidendo di fare un partito proprio.

 

Sia il Pdl che il Pd risultano drasticamente indeboliti. Cosa devono fare per riprendesi anche loro dalle rispettive crisi interne?

 

Ciascuno schieramento, oggi, va misurato dalla capacità di indicare alleanze larghe e personalità fuori dai giochi che possano dare un segnale di stabilità alla paura degli italiani.

 

Chi, per esempio?

 

Al momento, l’unico nome sul quale si sta realmente puntando è quello di Mario Monti. 

 

(Paolo Nessi)