Le province: se ne andranno o resteranno? Il consiglio dei ministri riunitosi stamattina ha approvato l’abolizione, dopo lunga attesa al proposito, in pratica decidendo il nuovo e futuro assetto amministrativo dell’Italia. L’idea è quella di dar vita alle cosiddette città metropolitane al posto del vecchio concetto di provincia, idea che avrà vita anche nelle regioni a statuto speciale. Ma con una eccezione: rimarranno come sono oggi le province di Trento e Bolzano, un trattamento particolare dunque per la regione autonoma del Trentino Alto Adige. Come si sa, la motivazione per l’abolizione delle province è quella di ridurre la spesa pubblica come vuole la manovra finanziaria. Si tratta di un decreto che dice precisamente: “Dall’attuazione della presente legge costituzionale  deve derivare in ogni Regione una riduzione dei costi complessivi degli organi politici ed amministrativi”. Ovviamente adesso la decisione del governo prenderà il lungo iter della discussione ed eventuale approvazione parlamentare. Inoltre il governo ha discusso anche sulla proposta di legge che vorrebbe in tradurre nella costituzione il vincolo di bilancio, nonché il trasferimento alle Regioni delle materie di competenza attualmente delle province. E a proposito di enti locali, polemiche si stanno alzando per una norma inserita nella manovra, là dove si era invece parlato di tagli ai costi della politica, in particolare relativamente a deputati e senatori. I famosi doppi incarichi che la manovra doveva eliminare e che invece nella ultima versione, l’incompatibilità viene riferita alle cosiddette cariche elettive di “natura monocratica” e relative “a organi di governo di enti pubblici territoriali aventi popolazione superiore ai 5 mila abitanti”. Come si legge tale norma? In questo modo: i parlamentari potranno continuare a fare anche il sindaco nei piccoli comuni e in quelli medi, e potranno continuare a fare l’assessore in tutti i comuni, comprese le grandi città metropolitane. Così come ha suscitato polemiche il fatto che proprio in questa riunione del consiglio dei ministri non si sia discusso dell’annunciato taglio al numero dei deputati e senatori, che sembrava dovesse entrare nella manovra.



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