Lega Nord e Pdl sembrano ormai lontani. La ratifica di una incrinatura marcata arriva dall’annuncio del voto differente sull’autorizzazione a procedere, cioè la galera, per Nicola Cosentino. Di fatto, il famoso “asse del Nord” sarebbe un specie di pezzo di antiquariato. Ma osservando bene dietro a questa situazione, c’è ben altro che bolle nella “pentola” della Lega e dei rapporti tra leghisti e Silvio Berlusconi. Secondo alcuni Umberto Bossi e Berlusconi si incontrano sistematicamente. Il senatùr, per quanto riguarda l’ex premier, si limita a commentare: “Sta con Monti”. Poi guarda all’interno del suo partito, nel movimento leghista, e non può sfuggirgli che ci sia una po’ di bufera. Ma non pare affatto preoccupato, a questo tipo di situazioni Bossi è abituato, da decenni ormai. La Lega Nord, in queste settimane, sta cercando di recuperare forza elettorale e credibilità politica di opposizione nei confronti del “governo delle banche”, nei confronti del tanto avversato governo di Mario Monti. Ma salta fuori una storia di investimenti, per circa otto milioni di euro, fatti in Tanzania, Norvegia e Cipro, curata dal tesoriere del partito, Francesco Belsito, che lascia tutti, anche all’interno della Lega, piuttosto esterrefatti. Anche perché sono stati usati cinquantamila euro in “commissioni”, inevitabilmente in contanti. Ora, quegli otto milioni di euro fanno parte di un “tesoretto” che è avanzato dai rimborsi elettorali. Può anche darsi che Belsito sia un genio finanziario e abbia colto un’opportunità al volo. Ma che questa storia non sia molto gradita nel partito appare chiaro un po’ a tutti. Ci sono sezioni che fanno fatica a pagare l’affitto della sede, c’è il giornale della Lega “la Padania” che non naviga in buone acque. Insomma le spese ci sono eccome. Come può essere giustificato un investimento di questo tipo con tutte le spese che ci sono da pagare ? Ufficialmente, dalla Lega non arrivano commenti. L’ordine è tacere, soprattutto con i giornalisti. Tutto regolare. Dietro alle quinte, invece, si moltiplicano le voci, i rumors, che riguardano pure inchieste giudiziarie su quello che sarebbe l’entourage di Bossi, soprannominato da alcuni come il “cerchio magico”. Solo voci, ripetiamo. Ma esistono. E poi contrapposizioni pesanti. Si parla di un prossimo comitato federale dove sarebbe messo in discussione il tesoriere. Insomma, Maroni, a quanto si dice, chiederebbe le dimissioni di Belsito. Ma sarà vero? Per antica consuetudine, nella Lega Nord, alla fine chi decide è sempre Bossi, in qualsiasi circostanza. Poiché il tesoriere dipende direttamente dal segretario, un attacco a Belsito sarebbe, per la proprietà transitiva, un attacco diretto a Bossi.



E un tipo di atteggiamento simile, nonostante il malumore, che serpeggia un po’ ovunque nessuno se la sente di fare. Non di certo Maroni, che è stato spinto da molti in questi mesi a rompere con Bossi, ma alla fine non lo ha mai fatto e, probabilmente, non lo farà mai. Non gli altri rappresentanti di prima fila che, dietro al nome di Bossi, “si piegano sempre”, secondo l’espressione da un illustre ex leghista che è stato anche ministro. La sostanza è che, dietro a un fatto come questo che investe la Lega Nord, si accumulano una sequenza di opinioni e di ipotesi che non tengono conto della autentica realtà della Lega Nord. Se il Pdl è ed è stato un “partito personale”, quello di Silvio Berlusconi, occorre dire, una volta per tutte, che anche la Lega (seppure siano esistiti vari movimenti autonomisti e separatisti) è ed è stato un altro “partito personale”, quello di Umberto Bossi. Se si va a riguardare la storia della Lega Nord negli ultimi venti anni, si arriva sempre alla conclusione che quello che decide Bossi, alla fine, diventa una sorta di “legge non scritta”, che va bene per tutti. Così è stato per le scissioni che ci sono state, per le tante fuoruscite, per i “ribaltoni” e i controribaltoni. C’è da scommettere che sarà così anche questa volta. Mentre si parla di un capogruppo leghista alla Camera, Marco Reguzzoni, pronto con altri a votare contro la carcerazione di Cosentino, Bossi si concede battute al vetriolo contro l’esponente politico campano e “promuove” il figlio Renzo, laureando in Economia, a nuovo “guru economico” del partito. Schermaglie, contrapposizioni, bufere localistiche. Ma alla fine si tratta delle gestione di un partito da “seconda repubblica”. Occhio anche a pensare che quello tra Berlusconi e Bossi sia un rapporto finito. In quel mondo, la regola d’oro è il colpo di scena.

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