La strada è obbligata e i margini di manovra sono molto stretti. Il downgrade della Francia, la retrocessione in “serie B” dell’Italia, l’attacco all’eurozona hanno irritato Mario Monti, ma al contrario di quanto alcuni possono pensare, non hanno indebolito il suo governo soprattutto sul fronte interno. Gli ultimi sondaggi danno ancora ampio credito al cosiddetto “governo dei tecnici”. Anzi, all’inizio di quest’ultima settimana c’è pure un recupero rispetto a una quindicina di giorni fa. La sostanza è che l’opinione pubblica, gli italiani nel loro complesso, comprendono che a questo governo non c’è alternativa e si deve andare avanti in questo modo.
L’opinione di Stefano Folli, editorialista di punta de “Il Sole 24 Ore” e grande analista politico, si basa sostanzialmente su questo schema. Il fatto è che persino i partiti, in qualche modo fintamente distratti o assenti in questo momento, sentono l’esigenza di “stringere le fila”, di arrivare a un’intesa più collaborativa con il Governo Monti.



Come giudica questo incontro-pranzo a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio e i tre leader più rappresentativi del Parlamento, cioè Alfano, Bersani e Casini?

È un fatto significativo e importante. Anche la semplice constatazione che i tre si sono fatti vedere insieme, in un momento come questo, ha una sua importanza. L’impressione è che nessuno dei tre grandi partiti voglia usare difficoltà oggettive, brandendo magari un po’ di demagogia per scopi elettorali. In questo incontro sembra di assistere a una svolta di responsabilità collettiva.



Eppure c’è anche chi sostiene che, dietro a questa forma di collaborazione, ci sia sempre qualcuno che possa soffiare sul fuoco. Le schermaglie su alcune liberalizzazioni, le punzecchiature a volte non mancano, soprattutto nel Pdl.

Ma io credo che a questo punto il Pdl deve decidere cosa vuol fare da grande. Non si può difendere alcune categorie o alcune corporazioni dalle liberalizzazioni e poi riservarsi una carta europea. Le due cose non stanno proprio insieme. Non è possibile una linea del genere.
Oppure si gioca una carta completamente anti-europeista. Vale a dire che per attaccare il Governo Monti, contrastare il grande lavoro che sta facendo il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, bisogna avere la forza e il coraggio di abbracciare una linea antieuropeista.



L’ultimo “fortino” di una linea politica di questo tipo potrebbe essere la Lega Nord.

Questo è vero, ma mi pare che sia un fortino in completo marasma, con la spaccatura tra Bossi e Maroni. Possiamo anche fare dei retropensieri, immaginare che i due, come altre volte hanno fatto, giochino uno “al poliziotto buono” e l’altro “al poliziotto cattivo”. Ma non mi pare che complessivamente da una simile linea possanno arrivare grandi consensi elettorali. La Lega mi sembra invece un partito in grande difficoltà.

Potrebbero venire noie da sinistra? 

Escludo che possano venire dal Pd. Certamente il Partito democratico può essere in un momento di sofferenza. Dopo la manovra varata dal Governo, non deve essere stato un piacere gestire certe situazioni all’interno. In più c’è da mettere a punto la riforma del mercato del lavoro e lì ci sarà una massiccia dose di flessibilità da regolare, cercando di congelare l’articolo 18. Insomma, una situazione non facile.
Tuttavia il Pd, realisticamente, non può permettersi di mettersi di traverso al governo Monti. Non può farlo, anche per non smentire il grande lavoro che sta facendo Giorgio Napolitano. Ma anche nelle altre sinistre non vedo dei grandi affondi. Certo, ogni tanto Antonio Di Pietro tira qualche bordata, ma un vero affondo non l’ho anocra visto. Poi c’è Nichi Vendola, fuori dal Parlamento, che non mi pare molto interventista in questo frangente. È piuttosto silenzioso.

Perché secondo lei?

Ma perché Mario Monti una copertura a sinistra l’ha ottenuta con la politica anti-evasori. Con operazioni come quelle fatte all’inizio dell’anno o durante le vacanze di Natale, oppure con una serie di dichiarazioni. Non c’è dubbio che tutto questo ha avuto un peso nell’elettorato di sinistra.

Ci sono ancora due problemi sul tappeto. Il primo è il “pacchetto” delle liberalizzazioni, o meglio la loro consistenza, il loro peso. Vale a dire che non sia un “pacchetto” a scarto ridotto, che tocchi solo tassisti, farmacisti e ordini professionali. Il secondo è la prospettiva di varare una legge elettorale.

Certamente sulle liberalizzazioni il “pacchetto” non può limitarsi solo a poche categorie. Deve dare la sensazione di un intervento ampio che riguarda coimplessivamente l’economia italiana e che porta dei benefici reali. Insomma deve toccare il “core business”, non si può limitare ad alcune categorie. Io credo che le misure del Governo saranno ad ampio raggio e saranno complessive, non scaglionate.
La legge elettorale, invece, è un discorso a parte.

In che senso, Folli?

Questo è un accordo che possono trovare i partiti in Parlamento e sarebbe un segno di grande responsabilità. Io ho qualche scetticismo al proposito. Ma posso dire che non ci sarebbe momento migliore di questo. Non dico che si stia formando una grande o piccola coalizione. Non è così. Ma i tre partiti stanno stringendo le fila intorno alla linea del governo e, varando un provvedimento come una nuova legge elettorale, inciderebbero veramente nella fase attuale della politica italiana. Sarebbe un ulteriore passo di responsabilità e credo che riguadagnerebbero anche credibilità. In una fase come questa ogni punzecchiatura, ogni sfasatura non viene compresa. Una volontà costruttiva, a mio parere, sarebbe ben accettata.

(Gianluigi Da Rold)