Il nuovo ministro della Giustizia, Paola Severino, parla alla Camera sulla situazione della giustizia in Italia. E i dati che fornisce sono impressionanti. In più ci sono i giudizi del ministro, che in altre circostanze, o forse in altri Paesi, potrebbero sollevare delle polemiche roventi. In realtà Paola Severino fa il quadro della situazione e riproduce la fotografia della giustizia italiana, che sembra sempre la stessa, da molti anni a questa parte, con mille problemi irrisolti.
Nella relazione del ministro c’è l’anomalia italiana per i 28mila che sono in carcere e che sono ancora in attesa di giudizio. Il ministro della Giustizia si dice angosciata per lo stato delle carceri e critica anche il troppo ricorso alle misure di custodia cautelare. Ma adesso, in piena crisi, con i soldi che mancano o che vengono ridotti in tutti i ministeri, non c’è la possibilità di fare grandi progetti, riforme epocali. Il problema oggi è quello di saper coniugare “efficienza con pochi soldi”. IlSussidiario.net ha chiesto a Nicolò Zanon, membro del Consiglio superiore della magistratura, un commento sulla relazione del ministro.
Zanon, lei condivide questo impegno?
Non mi pare che ci sia molto altro da fare in una situazione come quella attuale, nella crisi in cui viviamo. Il ministro ha fatto la sua relazione ed è importante che insistita su alcuni passaggi, sottolineando l’esigenza di una maggiore efficienza della nostra giustizia.
Il problema di questo governo, per il tempo che ha a disposizione e per la sua stessa natura di esecutivo d’emergenza, è che non può fare altro che guardare l’organizzazione, riordinare quello che è possibile. E certamente puntare sull’efficienza della giustizia.
Emerge dal quadro che il ministro ha delineato proprio un problema di efficienza. Sembra quasi che ci sia un’esigenza di svolta culturale anche tra i magistrati, che hanno difeso soprattutto la loro indipendenza e la loro autonomia.
Si, questo è vero. In passato si è insistito tanto sulla difesa dell’indipendenza e dell’autonomia dei magistrati e forse si sono sacrificate esigenze che oggi sono diventate drammaticamente importanti. Ma bisogna dire che questa svolta culturale, se così la si può chiamare, sta crescendo nella magistratura.
Ci spieghi meglio…
Oggi molto più di prima, c’è un grande cambiamento di mentalità all’interno della magistratura. C’è la voglia di assicurare processi in tempi giusti, quindi l’importanza dell’efficienza di tutto l’apparato giudiziario. Non è un salto di mentalità che è stato semplice, ma è stato fatto.
E oggi, in piena crisi economica, con pochi soldi a disposizione, anche i magistrati hanno la consapevolezza che si debba coniugare efficienza con pochi mezzi.
Ma da questo governo voi sperate di avere risposte anche ai grandi tempi della giustizia italiana?
Al momento non è possibile, per la natura stessa di questo governo. I punti cruciali dell’ordinamento giuridico dovranno essere ripresi, dibattuti e poi risolti, ma in ben altre circostanze e con governi differenti. Al momento pare importante una fotografia adeguata, una relazione puntigliosa, alcuni interventi di carattere organizzativo e quindi l’esigenza di far funzionare il meglio possibile, con questa condizioni, la macchina della giustizia.
(Gianluigi Da Rold)