Mentre il governo tecnico fa il tecnico, la politica si affanna per liberarsi dell’attuale legge elettorale. E’ vero, la Consulta ha bocciato il referendum che l’avrebbe cestinata con un tratto di penna. Ma lo ha fatto – dicono – per ragioni squisitamente tecniche. E, con ogni probabilità, quando saranno rese note le motivazioni della sentenza, emergerà un invito a riformare la legge che la politica non potrà ignorare. Del resto, non è suo interesse farlo. Sembra, quindi, che si vada nella direzione di un cambiamento. Che, come moltissimi auspicano, avrà le caratteristiche di un ritorno al meccanismo proporzionale. Una nostalgia che non convince per nulla Angelo Panebianco. Che, dalle pagine de Il Corriere della Sera, ricorda come il sistema maggioritario abbia garantito, tra le altre cose, un rapporto diretto tra il presidente del Consiglio e i cittadini. Prima, invece, gli elettori non erano altro che spettatori inermi degli accordi parlamentari. Abbiamo chiesto a Stelio Mangiameli cosa ne pensa.



Lei è d’accordo con Panebianco?

Bisogna ricordare che, contestualmente alla possibilità di indicare, anche se non formalmente, il presidente del Consiglio, vi sono una serie di regole tali per cui la sua figura ne risulta fortemente indebolita. Il problema è che il modello al quale si è deciso di ispirarsi non è stato interpretato correttamente.



Quale modello?

Quello della leadership politica e della premiership istituzionale. Si afferma che laddove i due elementi coincidano, si realizza nelle forme di governo parlamentare una concentrazione di potere tale da assicurare un’autorevole direzione del governo e una diretta canalizzazione della responsabilità politica. I sistemi che realizzano tale modello sono quello anglosassone e quello tedesco. Entrambi adottano tecniche completamente diverse. Nessuno dei due, tuttavia, contempla il premio di maggioranza o l’obbligatorietà (di fatto) delle coalizioni, derivante dalla soglia di sbarramento più alta per i partiti che corrono da soli. E’ da questi due elementi che dipende buona parte dell’alterazione del nostro sistema.



Cosa intende?

Costringendo i partiti a stare all’interno di una colazione, questi accetteranno, pur di aver qualche chance di governare. Ma manifesteranno concordia solamente fino al momento delle elezioni. Poi, come è accaduto negli ultimi governi, renderanno impossibile l’azione dell’esecutivo. In Germania il problema non esiste.

Cosa accade in Germania?

Ogni partito corre da solo. E non si abbassa la soglia di sbarramento a quello che decide di collocarsi in una coalizione. Devono tutti raggiungere il 5%. Se ci riescono, partecipano alla distribuzione dei seggi, altrimenti, vanno a casa. La coalizione alla quale prenderanno parte, inoltre, nel sistema tedesco, viene dichiarata;  ma in via del tutto convenzionale, prima delle elezioni. Ci sono state, cioè, delle volte in cui non è stata dichiarata.

Panebianco sostiene che il sistema vigente, per lo meno, è in grado di inglobare al’interno delle coalizioni i partiti estremisti, rendendoli, di fatto, inoffensivi; il proporzionale, invece, li esclude dal governo. Siccome, tuttavia, in Italia gli estremisti sono tanti, i partiti dei moderati non disporrebbero delle forza sufficiente per governare, salvo i soliti accordi parlamentari.

In realtà, se osserviamo le dinamiche del primo governo Berlusconi e del secondo governo Prodi, ci rendiamo conto che è vero il contrario. I partiti estremisti, infatti, dopo aver sottoscritto il programma, ed essersi fatti inglobare dalla coalizione, una volta in Parlamento hanno avuto bisogno di operare in modo da distinguere la loro posizione all’interno della colazione di governo, per conservare il marginale consenso che avevano ottenuto. Il che ha sempre indebolito l’azione dell’esecutivo.  

Resta il problema degli estremisti che, senza rappresentanza parlamentare, potrebbero deflagrare in seno alla società

E’ sufficiente che la clausola di sbarramento sia ragionevole. Una volta entrati in Parlamento, del resto, non avranno più interesse a condurre una politica estremista; dovranno, infatti, pur sempre ottenere gli stessi consensi che hanno gli altri partiti.   

Quale sarebbe il sistema più adatto alla situazione politica italiana?

Occorre responsabilizzare i partiti, facendoli correre da soli, in modo che il loro consenso sia misurabile in modo effettivo, senza le alterazioni del Mattarellum e senza le riduzioni o gli sconti del Porcellum. E introdurre un doppio turno, con clausola di sbarramento al 5%. Con la medesima clausola di sbarramento, inoltre, adotterei il sistema proporzionale. Sarebbe necessario, infine, introdurre una serie di convenzioni. I partiti dovrebbero dichiarare la coalizione e il candidato premier, che dovrebbe essere espressione del partito maggiore. Tutto ciò non andrebbe indicato formalmente. Si tratterebbe di un patto non scritto tra partiti e gli elettori.

Perché non scriverlo, questo patto?

Perché implicherebbe nuovamente le regole della coalizione vincolata. Che determinerebbe ancora una volta un bipolarismo forzato. L’evoluzione verso il bipolarismo – che di per sé è vantaggioso rispetto alla canalizzazione delle responsabilità – deve, invece, avvenire in maniera naturale e consapevole. Bisogna sempre ricordare, in ogni caso, che qualunque legge elettorale, in tal senso, avrà sempre notevoli limiti.

Come si superano?

E’ il costume dei partiti che deve’essere determinante per cambiare il Paese. In Italia il problema non sono le leggi ma la mancanza assoluta di convenzioni costituzionali tra i partiti politici; il che li rende incapaci di convivere in un sistema unitario.

Crede che i partiti, a prescindere dalle motivazioni della Corte, si metteranno d’accordo per una nuova legge?

Credo di sì. Il Porcellum, nello scenario attuale, danneggerebbe i partiti maggiori. Nessuno ha più interesse nel percorrere alleanze forzate. Se, infatti, ad esempio, il Pd dovesse scegliere di allearsi con il Terzo Polo, si produrrebbe un’emorragia di voti verso Sel. La stessa cosa accadrebbe, verso il Terzo Polo, se si alleasse con Sel.

 

(Paolo Nessi)