«Il governo Monti ha varato misure importanti sulle liberalizzazioni, che costituiscono il primo passo di una sorta di “rivoluzione liberale” – spiega il senatore Marco Follini a IlSussidiario.net –. Da questo le forze che sostengono il governo devono trarre una ragione per essere d’aiuto e di stimolo».

Dal Partito Democratico quali proposte arriveranno?



Per prima cosa il mio partito deve dire che su quello che è stato fatto fin qui non mancherà l’appoggio in Parlamento. Se poi in alcuni settori, dalle banche alle assicurazioni fino ai trasporti, si potesse fare qualcosa in più sarebbe certamente una buona cosa. Dobbiamo dare il nostro contributo anche perché le resistenze corporative stanno dimostrando di essere molto forti ed è tutto da verificare che gli applausi degli opinionisti si traducano in consenso.



Terrete un atteggiamento di apertura anche sul tema del lavoro?

È chiaro che introdurre elementi di dinamismo, competitività e, a volte, flessibilità nel nostro ordinamento è un’operazione da portare avanti a 360 gradi.
Non entro nel dettaglio, per rispettare lo svolgimento dei colloqui in corso. In linea di principio però la disponibilità ad assecondare una riforma del welfare che viene imposta dalle nuove circostanze fa parte della nostra agenda.

Arrivando al nodo della legge elettorale, tocca ai partiti a questo punto cambiarla?

Ribadisco che la ritengo una priorità. E per quanto mi riguarda lo è dal giorno dopo l’approvazione del Porcellum, anzi dal giorno prima.



Ma i partiti che sostengono il governo dei tecnici sono o non sono una maggioranza politica?

Non c’è dubbio che quella che sostiene Monti sia una maggioranza. Per quanto possa esserci disagio nello stare insieme dopo essersi combattuti a lungo oggi è necessario che ciascuno di noi aggiorni il proprio codice e non rimanga aggrappato agli argomenti del passato.
Detto questo, che questa maggioranza, così com’è, possa presentarsi agli elettori alle prossime elezioni mi sembra molto improbabile. Che all’interno di questa maggioranza invece si possa enucleare una sorta di asse strategico che abbia il suo progetto per l’Italia, al di là e all’indomani dell’emergenza, mi pare più realistico. Si tratta ovviamente di selezionare le forze che possono condividere un progetto su cui assumere anche una responsabilità elettorale.

Tra Pd e Idv le distanze si sono decisamente allargate.

Guardi, secondo me sono molto più ampie di quelle che gli uni e gli altri hanno immaginato nei mesi passati. Oggi per fortuna è ancora più evidente e credo che il censimento delle differenze basti ad archiviare un’alleanza che non c’è mai stata.

Secondo lei, a cominciare da Passera, ci sono delle personalità di questo governo che possono diventare una risorsa per il centrosinistra di domani?

Non entro nel toto-candidati. Quello che a me sta a cuore è che le forze che possono fare una proposta comune redigano un programma. Poi l’uomo giusto che possa fare da portabandiera si troverà. Dobbiamo però rovesciare il costume recente per il quale viene prima il capo e poi il resto. In ordine di tempo e di importanza la scelta del candidato è l’ultima cosa da fare.

Da ultimo, secondo lei c’è una preoccupante relazione tra le proteste di questi giorni e la scomparsa della politica dalla scena?

Gli elementi di ribellione ci sono tutti. Li abbiamo già visti in opera, qualche volta anche con molti eccessi. Ho rispetto di tutti, anche dei camionisti e delle loro ragioni, ma il blocco stradale rischia di far precipitare il paese in una sorta di Medioevo.
I partiti devono sapere che le difficoltà maggiori sono da qui in avanti. L’approdo a Monti è stato in un certo senso ovvio, il sostegno a una politica controversa e combattuta in tante parti del Paese dal suo sistema corporativo, sarà un impegno ancora maggiore.

Non c’è quindi nessun legame con il commissariamento della politica?

Penso che siano due cose diverse. Da un lato c’è la crisi dei partiti, dall’altro la ribellione di molti ceti.
Il problema per i primi non è quello di mettersi a cavallo della protesta, ma di mostrare che le cose che il governo sta facendo hanno un senso e contengono una prospettiva di sviluppo.