Scorrendo i giornali stranieri, che come al solito sono morbosamente interessati alle vicende del nostro Paese, si legge che, mentre il naufragio del comandante della Concordia ha evidenziato nella codardia e nella fuga il carattere dell’italiano tipico, il governo Monti e la sua austera figura di professore servono a bilanciare parzialmente le immagini disastrose mostrando un campione di onestà e competenza che suscita dovunque credibilità e apprezzamento.



L’apprezzamento e l’ammirazione verso il governo Monti e la sua ieratica figura sono talmente forti che viene voglia di affidare anche a lui la cura del turismo marittimo assegnandogli il compito di scegliere al posto delle ormai declassate compagnie di navigazione italiane il ruolo di grande comandante della flotta di navi da crociera che solcano i mari di tutto il mondo. Di questo abbiamo bisogno: di un comandante coraggioso così come quasi tutti i giornalisti di casa nostra sottolineano continuamente, ribadendo che solo Monti oggi è in grado di rappresentare un’Italia laboriosa e austera in grado di suscitare il consenso unanime degli economisti e degli opinionisti della stampa italiana e straniera.



Non tanto per rispondere sullo stesso livello a questo razzismo anti-italiano che si manifesta nei giudizi sul nostro Paese, ma per dare almeno un indicatore che permetta di rispondere a pregiudizi tanto infondati quanto diffusi verso il nostro popolo, vorrei soltanto ricordare che appena qualche giorno fa sono stati diffusi dei filmati di militari americani che orinavano oscenamente sui cadaveri di afgani uccisi e sfregiati. Tutti poi conosciamo le “guerre celesti”, condotte con straordinari strumenti di precisione intelligente che hanno e continuano a commettere “errori di mira” falcidiando popolazioni civili e innocenti, e seminando il terrore in intere zone del mondo. La superiore civiltà dei diritti umani che compone l’immagine di un Occidente saggio e generoso si infrange penosamente tra mille episodi di tortura e di eccidi di civili innocenti, e nessuno di quegli intellettuali europei che condannano alla gogna il comandante Schettino si è mai preso la briga di vedere quali radici culturali abbia nel mondo anglosassone questa arroganza perversa che li trasforma in giustizieri senza legge. Per non parlare, come invece occorrerebbe fare, degli speculatori finanziari che, privi di ogni controllo, ricattano gli Stati e cercano di assoggettarli alle loro mire di conquista.



Colpisce che solo Bagnasco parli del mondo finanziario come una forma di terrorismo internazionale, mentre intellettuali, economisti e politici si difendono dall’accusa di incapacità dichiarando la loro impotenza a reagire all’offensiva speculativa dei grandi fondi. Che nessuno abbia il coraggio di proporre all’opinione pubblica un’analisi realistica della situazione in cui l’Occidente sta rispondendo alla grande crisi, è veramente sorprendente. Mentre tutti si abbandonano a condanne severe del regime liberticida di Teheran, nessuno si preoccupa di capire se, come alcuni pensano, le libertà democratiche non siano messe in pericolo anche dall’attuale congiuntura nella quale il governo dei tecnici e la governance economica europea ed internazionale hanno messo sotto scacco le politiche dei vari Paesi e hanno “commissariato” la Grecia e l’Italia.

Voglio limitarmi a considerare un punto che oggi dovrebbe essere per tutti il vero tema di approfondimento. Monti ha dichiarato pubblicamente, nel Parlamento e nelle molteplici interviste, che sono stati ormai fissati i tasselli di un mosaico pazientemente costruito per tirare fuori l’Italia dal rischio del tracollo fallimentare. Vorrei che su questa affermazione ci fosse una discussione vera per capire cosa sia stato fatto da questo governo per presentare oggi all’incasso un risultato così importante. A prescindere dalla discussione sul merito della prima manovra e dell’ultimo decreto sulle liberalizzazioni, ciò che appare a prima vista è che nessuno dei provvedimenti adottati è in grado di rispondere alla drammatica disoccupazione giovanile e al dissesto politico e morale dell’intero Paese. Non si capisce come una crisi epocale che ci avrebbe condotto sul baratro del fallimento possa essere contenuta nei suoi effetti più drammatici attraverso una manovra che si limita a far cassa utilizzando strumenti di prelievo fiscale sui ceti più deboli e di un ventaglio di liberalizzazioni che, come è stato scritto da alcuni rappresentanti di categoria, servirà soltanto a trasformare un povero intero in due mezzi poveri. Non amo i tassisti a cui debbo ricorrere continuamente per i miei spostamenti, ma mi sembra francamente ridicolo pensare che un aumento delle licenze possa produrre occupazione e abbassamento delle tariffe. Sembrava che la crisi mondiale dipendesse da caratteristiche strutturali dell’intero modello di sviluppo occidentale e in particolare dalla pirateria praticata dai grandi centri finanziari verso i debitori pubblici e privati che hanno difficoltà di adempiere ai loro impegni. Sembrava che ci fosse l’esigenza forte di un nuovo ordine economico mondiale e che senza misure adeguate a stroncare la speculazione non ci sarebbero state molte vie d’uscita oltre al continuo ricorso a manovre finanziarie destinate soltanto a ridurre in piccola parte il panico che l’andamento dei mercati finanziari produce nell’opinione pubblica.

Siamo stati ossessionati dai giudizi pesanti delle agenzie di rating e dalla difficoltà crescente di collocare i nostri titoli del debito pubblico ad un tasso di interesse che non fosse quasi usurario. La borsa e lo spread sono stati l’incubo delle notti italiane e la paura dell’insolvenza del Paese ha frastornato la mente di milioni di cittadini. Oggi Draghi e Monti dichiarano che le agenzie di rating non sono credibili e che la speculazione finanziaria sarà vittoriosamente contrastata dal pareggio di bilancio imposto agli Stati dell’Unione Europea.

Francamente non riesco a capire come le valutazioni che si leggono sugli organi di stampa specializzati continuano a parlare di difficoltà gravi per i prossimi due anni e pronunciano la terribile parola “recessione” per descrivere una realtà di crescente disoccupazione e di contrazione dei consumi anche fondamentali. Se le misure del governo e quelle imposte dalla Comunità Europea attraverso il dictat della Merkel sono sufficienti in qualche mese a sconfiggere il rischio di fallimento delle nostre economie, non può evitarsi il dubbio che o si è stati prima troppo catastrofici o si è ora troppo ottimisti. La realtà che ci circonda sembra suggerire che tutti i dati della nostra condizione economica mostrano la presenza di una gravissima difficoltà in tutti i settori a trovare risposte che aumentino l’occupazione e concorrano ad un nuovo sviluppo. Le famose tasche delle persone in carne ed ossa hanno nella maggior parte dei casi subito intrusioni e imposizioni che ne hanno notevolmente ridotto lo spazio fino a diventare soltanto dei taschini, dove conservare qualche moneta metallica. I rapporti dell’Istat, della Banca Centrale e di tutti gli istituti di ricerca sottolineano la divaricazione crescente tra la piccola percentuale di ricchi che non soffre alcuna limitazione e la maggioranza del popolo che è spinta verso le soglie di povertà.

Non credo che aumentando le farmacie e consentendo l’iscrizione agli ordini professionali si realizzi un vero rilancio dell’occupazione giovanile. Gli avvocati in Italia sono migliaia e migliaia e solo nella mia città ci sono più avvocati di quanti ce ne siano in tutta la Francia. Liberalizzare le tariffe stimolerà soltanto una concorrenza al ribasso pregiudizievole per la stessa dignità di chi dovrebbe essere garante della giustizia civile.

Naturalmente, poiché Monti è per tutti il nuovo Garibaldi di cui non si può parlar male, è consequenziale che tutta la protesta convulsa che si sviluppa nel Paese e che mobilita le varie “corporazioni” di interessi venga stigmatizzata come forma di plebeismo ottuso e infiltrato da poteri mafiosi e clientelari. Da Lerner a Bolzoni la Sicilia degli autotrasportatori e degli agricoltori viene rappresentata come un coacervo di arcaismo familistico e di mafiosità minacciosa. Questi prestigiosi opinion leader dimenticano che il nobile Guido Carandini guidò la rivolta degli agricoltori e degli allevatori che praticarono diversi blocchi stradali nel Lazio per difendere i loro diritti sacrificati da una politica subalterna nei confronto dell’Europa. Dimenticano anche che i pecorai sardi hanno bloccato più volte gli aeroporti di Cagliari e Olbia perché sopraffatti da tassazioni inique e di assenza di tutela dei loro prodotti. Per non parlare delle manifestazioni lombarde sul problema delle quote latte.

In realtà, sotto l’apparente paradiso montiano, che il sapiente Passera illustra come un modello di cooperazione di tutti gli italiani per il bene comune, ribolle una società frantumata e meschinamente egoista che sta producendo di fatto una rovinosa frantumazione del Paese in mille leghe locali e in mille rivendicazioni separatiste. Nessuno dice però che questa situazione senza controllo è stata determinata da anni di politiche neoliberiste che hanno scardinato la solidarietà sociale e hanno alimentato la guerra di tutti contro tutti.

Si è persa ogni idea di politica come spazio di mediazione e ricerca della sintesi. La scomposizione in mille tavoli delle trattative delle rivendicazioni particolari senza la mediazione dei grandi partiti e dei grandi sindacati degli anni ’70 rischia di consegnarci ad un Paese che, pur avendo un leader esperto e credibile, non riesce poi a produrre nessuna visione di insieme che giustifichi anche una fase di austerità e sacrifici. Ben diversa è stata negli anni ’80 la proposta di Berlinguer di fare dell’austerità e della coesione nazionale l’occasione di un grande cambiamento quando in una manifestazione degli operai si riconosceva interamente la maggior parte del mondo del lavoro.

Solo Luciano Gallino ha avuto il coraggio rispetto al coro degli economisti neoliberisti di sostenere che con un impegno di quindici miliardi si potrebbero occupare un milione di giovani in un grande progetto nazionale di manutenzione del territorio e dei beni monumentali. Ma Gallino, come si sa, non è un esponente dell’élite degli economisti monetaristi che invece oggi dominano nelle università e nei giornali spacciando per verità assolute e leggi economiche oggettive decisioni politiche che continuano a produrre drammatiche disuguaglianze e ingiustizie inaccettabile. Oltre i “padroncini” e i capipopolo sospetti di mafiosità o di strumentalizzazioni politiche, si sono mossi in questi giorni migliaia di agricoltori, pescatori, piccoli commercianti, famiglie intere che hanno partecipato ai cortei con grande semplicità e spontaneità. C’è un malessere nel Paese che ha radici molto profonde nella crisi italiana della seconda Repubblica e che non può essere cancellato dai sondaggi di Pagnoncelli sull’apprezzamento di cui il governo Monti continua a godere tra gli italiani.