Il discorso di Capodanno del Presidente della Repubblica ha aperto una fase molto delicata per la politica italiana. Nel 2013 è infatti prevista la scadenza naturale del mandato del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e quella del governo di Mario Monti. Secondo Stefano Folli un’occasione di rinnovamento innanzitutto per le forze politiche che, ad eccezione della Lega e in parte dell’Idv, hanno deciso di sostenere il “governo del presidente”. «Servirebbe un segnale forte di moralizzazione e di autoriforma da parte del sistema politico  – spiega Folli a IlSussidiario.net –. La questione dei costi, infatti, non è più trascurabile. C’è una commissione che deve pronunciarsi al più presto sul tema, non tanto per demagogia, ma come segnale di comprensione del malcontento degli italiani. È un discorso molto ampio che passa dagli stipendi dei parlamentari alla rinuncia di privilegi anacronistici, arrivando fino allo snellimento delle procedure di Camera e Senato e di quelle della macchina dello Stato più in generale».



Una volta fatto questo passo secondo lei quali altre responsabilità attendono la classe politica?

Direi per prima cosa le riforme costituzionali. Manca più di un anno alla fine di questa legislatura. Non è detto che non ci sia il tempo per realizzare quelle riforme di cui si parla da tempo, a partire dalla riduzione del numero dei parlamentari.
In secondo luogo la riforma della legge elettorale. Il verdetto della Corte Costituzionale sull’ammissibilità dei quesiti referendari sarà certamente importante, ma nulla vieta al Parlamento di portare avanti un proprio progetto di riassetto del sistema elettorale.



Non c’è il rischio secondo lei che i partiti tengano un occhio fisso ai sondaggi e nei prossimi mesi, quando i sacrifici si faranno sentire ancora di più, siano tentati di far cadere il governo in base all’andamento dei consensi?

In linea teorica il pericolo c’è, in pratica penso che sarà molto difficile. Occorrerebbero infatti trend molto netti, a favore di un partito o dell’altro, affinché questo accada. È invece molto più probabile che la situazione rimanga stagnante.
Ad oggi, il quadro politico sembra infatti abbastanza definito: il centrodestra ogni giorno dimostra di non voler modificare l’attuale scenario, mentre il centrosinistra, che soffre molto le tensioni sociali, ha dalla sua la garanzia del presidente della Repubblica, un uomo di sinistra che sta lavorando seriamente affinché ciascuno possa dare un contributo costruttivo.



Ma secondo lei Monti potrà continuare a contare su questa vicinanza e questo sostegno del Capo dello Stato, o Napolitano dovrà pian piano defilarsi?

Guardi, questo governo è nato nel segno del presidente della Repubblica e penso proprio che la sua ala protettrice rimarrà stesa a lungo sull’esecutivo.  
Questo però non significa che non esista una responsabilità oggettiva e specifica del governo in carica nel mandare avanti il programma e nel mantenere il dialogo con le parti sociali e politiche.

A questo proposito, il premier è chiamato a un passaggio difficile: coniugare l’invito del presidente della Repubblica al confronto con l’insoddisfazione dei sindacati.

Questa è una partita in cui conteranno molto le capacità politiche, nel senso più alto del termine, del presidente del Consiglio.
Monti infatti è un eccellente tecnico, ma dovrà negoziare con i sindacati senza farsi imbrigliare e senza cadere nel vizio tipicamente italiano dei veti incrociati, portando andando avanti un programma di riforme indispensabili.
Non sarà facile. Il presidente del Consiglio ha già fatto capire di non avere simpatie per la concertazione vecchio stile, ma allo stesso tempo non è abbastanza forte da potersi disinteressare del punto di vista delle parti sociali.
Data la situazione non potrà fare altro che camminare lungo un sentiero molto stretto, dialogando con le parti sociali senza però smarrire la rotta.

E poi c’è la “fase due”: crescita e sviluppo.

È vero, anche se non dobbiamo pensare che la soluzione di questo rebus dipenderà soltanto da noi. Sono problemi talmente grandi che non possono essere risolti cercando di andare in controtendenza alla recessione dell’economia globalizzata. Dipenderà soprattutto dalla capacità dell’Europa di dare una risposta coesa e coraggiosa.
Certo, saranno indispensabili una serie di indicazioni forti da dare al sistema produttivo e agli investitori, ma su questo Napolitano e Monti hanno già dimostrato di avere le idee chiare.

La prova più difficile per Mario Monti resta perciò quella sindacale?

Direi proprio di sì. Monti dovrà avere grandi qualità politiche, senza snaturarsi. È un tecnico, un esperto autorevole ed è bene che lo rimanga a lungo.

(Carlo Melato)