Per il Pdl l’anno che si è appena aperto porta con sé la delicata stagione dei congressi, all’ombra del sostegno al governo di Mario Monti. Per il segretario, Angelino Alfano, è il momento di dimostrare di saper trasformare in realtà quel “partito degli onesti”, democratico e libero dai “signori delle tessere”, promesso al momento del suo insediamento. Secondo i giornali però non sarà facile gestire il conflitto tra le varie anime: dagli azzurri, agli ex An, ma non solo. «Il percorso scelto da Alfano a noi va benissimo – spiega a IlSussidiario.net l’ex ministro per l’attuazione del programma, Gianfranco Rotondi –. Siamo l’ultima Democrazia Cristiana presente in Parlamento e siamo abituati a una vita di partito tradizionale, che la Seconda Repubblica aveva un po’ sconvolto. Prima di Alfano gli ex di Forza Italia e Alleanza Nazionale escludevano i nostri rappresentanti dai coordinamenti, ma adesso le cose stanno cambiando».



Nella vecchia divisione 70-30 non c’era spazio per la Dc?

Esatto, ora però non è più così e si litiga di meno.Ad ogni modo, in ogni partito che si appresta a celebrare un congresso ci sono inevitabilmente degli scontri interni. Non mi sorprende che i giornali a noi avversi cerchino di sottolineare le difficoltà e ignorino i successi, anzi bisogna farci l’abitudine. Se il Pdl discute si dice che è litigioso, se è compatto viene descritto come un partito di plastica.



Ma secondo lei le correnti sono una risorsa o il Pdl rischia ancora la balcanizzazione?

Posso parlare della mia scelta, degli altri non rispondo. Sono entrato nel Pdl come segretario politico di un partito. Una volta lì dentro l’ultima cosa che ho fatto è trasformare il mio partito in una corrente. Ci sono state affinità più naturali che si sono sviluppate, ma non ho voluto farne una, né tantomeno ho il complesso di non averla fatta. Per il resto ho dato fiducia ad Alfano prima che fosse segretario politico e ho scommesso su di lui per far valere le ragioni dei democristiani. Il tempo mi dirà se ho avuto ragione.



Il nuovo segretario dovrà anche decidere sul caso campano, che lei conosce molto bene. Si parla di un possibile commissariamento.  

Guardi,  ho grande rispetto per la magistratura, ma un conto sono le indagini su Cosentino e un altro i processi politici. Lasciamo che i magistrati indaghino serenamente, ma per il Pdl è difficile separare la propria storia da quella del suo segretario regionale campano. La stagione di successi che il partito ha avuto porta la firma di Nicola Cosentino e un partito che rinnega la sua storia non va da nessuna parte.

E cosa consiglierebbe quindi ad Angelino Alfano?

Gli direi che è presto per parlare di commissariamento. Cosentino è stato il coordinatore di un gruppo dirigente che annovera parlamentari, sindaci di altissimo rilievo, ex ministri e figure di grande valore. Tra di loro si potrà trovare una nuova guida. Basta che il segretario parli con i quadri campani, a cominciare dallo stesso Cosentino che ha sempre dimostrato grande generosità.

Al di là delle questioni interne, secondo lei che partito dovrà puntare a essere il Popolo della Libertà? Un Ppe italiano?

Lo dico alla mia maniera? Bisogna rifare la Democrazia cristiana.

Cosa intende?

Non bisogna partire dal precipizio in cui era caduta la Dc, ma dalle possibilità che aveva e a cui rinunciò. La Democrazia cristiana, infatti, sarebbe potuta diventare quel Partito popolare che in Europa c’è ovunque, tranne che da noi.
Purtroppo la Dc italiana non fu capace di compiere questa evoluzione naturale, perché dominata da una sinistra interna che in fondo non era democristiana. E così, nel dover scegliere se lasciare al suo destino la sinistra o tentare un’impossibile mediazione prevalse in Martinazzoli questo secondo generoso tentativo, che purtroppo fallì. Nel bipolarismo non c’era infatti lo spazio per un “partito supermercato” in cui si poteva trovare la destra, il centro e la sinistra. Serviva invece una Dc di centrodestra, un’opzione che oggi il Pdl può cogliere, avendo già integrato la destra e altre espressioni laiche e socialiste.

Ci sarà spazio anche per Casini?

Troverei singolare che Casini non trovasse posto in una casa che espone il suo stemma di famiglia, che per tutti i democristiani del 2012 è quello del popolarismo europeo.
Il problema casomai sarà ragionare con lui nel modo giusto. Conoscendolo bisognerà dargli le garanzie che chiederà, giuste o sbagliate che siano…

E per Fini?

In politica ogni cosa ha il suo tempo e ad oggi non sappiamo quanto ne occorrerà per ricomporre uno strappo che sicuramente ha fatto male al Pdl e all’Italia.

E Berlusconi, dovrà rimanere al centro del partito o defilarsi pian piano per lasciare che Alfano spicchi il volo?

Intanto bisogna dire che Alfano vola già da solo e ha dimostrato di saper tenere bene l’aria. Senza Berlusconi però manca la pista d’atterraggio e il controllore di volo…

(Carlo Melato)