Mercoledì prossimo sarà il giorno decisivo per il futuro della legge elettorale. I 15 giudici della Corte Costituzionale si esprimeranno sui due quesiti referendari. Se ne decreteranno l’ammissibilità, si andrà a votare. E se le consultazioni daranno ragione ai fautori del referendum, l’attuale legge elettorale, il “Porcellum” sarà abrogata. Tuttavia, sui giornali cresce il numero di chi scommette sulla bocciatura della Consulta. «Anzitutto, non credo sia un bene che queste informazioni siano uscite dalla Consulta ed emerse sugli organi di stampa; negli anni scorsi c’era stata maggiore riservatezza sull’orientamento dei giudici», dice a IlSussidiario.net Alessandro Mangia, professore di Diritto costituzionale presso l’Università Cattolica di Piacenza. «Detto questo, da quanto emerso finora, sembra proprio che la maggioranza dei giudici sia orientata verso l’inammissibilità». Secondo il professore, una decisione del genere sortirebbe, con ogni probabilità, l’effetto di mantenere lo status quo. «Credo che la bocciatura bloccherebbe ogni dibattito sulla riforma delle legge elettorale». Eppure, a parole, il sistema in vigore è criticato pressoché da chiunque. «Ma fa comodo a tutti i partiti – prosegue Mangia – perché attribuisce alle segreterie un grande potere, conferendo loro la possibilità di scegliere la posizione del candidato nelle liste elettorali. All’interno delle strutture partitiche, di conseguenza, dibattito interno e correnti non hanno più ragion d’essere e tutto può essere controllato dal vertice. Sicché si può capire perché, di fatto, ci sia una grande resistenza alla modifica della legge».
Secondo il ragionamento del professore, in caso di bocciatura, un accordo tra i partiti è improbabile. «È molto difficile, l’unica eventualità è che il referendum venga ammesso e che i partiti, per bloccarlo, approntino una riforma della legge elettorale in tempi molto stretti. Sappiamo, infatti, che il referendum, se ammesso, dovrebbe essere indetto tra il 15 aprile e il 15 giugno». Tuttavia, si tratterebbe di un fattore di forte instabilità, nello scenario politico attuale. «Se dovesse passare, quindi, ritengo che i tempi delle consultazioni elettorali sarebbero tali da far sì che si vada alle elezioni con un Mattarellum (il sistema elettorale precedente, che con l’abrogazione dell’attuale tornerebbe in vigore ndr.) non modificato». Resta da capire quale meccanismo elettorale andrebbe meglio per il nostro Paese. «Le leggi elettorali – spiega Mangia – vengono scelte nell’interesse delle formazioni partitiche, inutile nasconderlo. Detto questo, ritengo che un sistema proporzionale corretto da una soglia di sbarramento aiuterebbe un processo di ricostituzione dei partiti e del loro ruolo, la cui dissoluzione ha rappresentato, in Italia, il problema politicamente più rilevante degli ultimi 20 anni».
Tornando all’ipotesi più realistica: ci sono delle ragioni ben precise per cui la Consulta pare non darà l’ok alla consultazione referendaria? «Dubito che la Corte intenda intervenire in maniera così decisa, modificando i suoi pregressi orientamenti giurisprudenziali; questi referendum, infatti, mirano a far rivivere una normativa già abrogata e una pratica del genere non è mai stata ammessa dalla Corte».
In molti sostengono che i supremi giudici potrebbero decidersi in senso negativo per non ostacolare l’operato del governo retto da Mario Monti. «Mi sembra altamente improbabile. Questa è una considerazione di natura politica e la Corte si deve muovere sulla scorta di considerazioni tecniche. È più probabile che si decida per l’inammissibilità dei quesiti rivolgendo un invito alle Camere ad intervenire sulla legge elettorale».
(Paolo Nessi)