Non si placa la polemica sui privilegi della “Casta” e i costi della politica. La commissione presieduta da Enrico Giovannini, che aveva l’incarico di comparare le retribuzioni dei parlamentari italiani con quelle dei loro colleghi europei, è stata al centro di numerose critiche in questi giorni. Troppo poco, secondo la stampa, il documento di 37 pagine che gli esperti hanno redatto dopo ben quattro mesi di lavoro. «Per ora – ha dichiarato Giovannini, che è anche presidente dell’Istat –, non è stato possibile calcolare le medie retributive degli altri Paesi. Ma le polemiche di questi ultimi giorni sono state ingenerose: noi forniamo dei dati, non sosteniamo tesi. Le decisioni le deve prendere la politica e i dati forniti sono sufficienti per farlo».
«Le informazioni presentate dalla Commissione sono difficilmente contestabili – dice a IlSussidiario.net Roberto Poletti, uno dei primi giornalisti ad aver alzato il coperchio sul calderone dei privilegi del Palazzo, raccontando la sua esperienza di deputato verde tra il 2006 e il 2008 –. È vero che i parlamentari guadagnano 15.000 euro al mese, ma è altrettanto vero che se fanno seriamente il loro mestiere gliene rimangono in tasca 5.000. Purtroppo molti di loro non hanno motivazioni, né voglia di fare e puntano a intascarseli tutti. Basta non prendere l’assistente o non spendere i soldi per girare nel proprio collegio e il gioco è fatto. Lo dimostrai facendo pubblicare gli stipendi dei politici prima di dimettermi da parlamentare e purtroppo devo dire che non è cambiato niente».
Secondo lei da dove bisognerebbe partire per sanare questa situazione?
Non è facile, perché il Parlamento nel corso degli anni ha creato confusione e tutta una serie di meccanismi che ormai sono difficili da rompere. È evidente, infatti, che il problema non è lo stipendio in sé, ma il fatto che lì dentro chi è abituato a non fare niente si ritrova in una situazione ottimale, mentre chi ha voglia di lavorare, soprattutto se non appartiene alla cerchia dei big di partito, non conta nulla e viene continuamente mortificato.
Sia chiaro, non mancano le persone che credono in quello che fanno e lavorano duramente, ma sono ancora troppo poche.
In che modo, secondo lei, si potrebbe aumentare la produttività delle Camere e avere un sistema di retribuzione più trasparente?
Il Presidente Fini, aveva promesso un maggiore impegno del Parlamento, ma non mi sembra che sia cambiato molto. Difficile pretendere che anche i lazzaroni si mettano a lavorare se la Camera e la Commissione non vengono convocate. Sulla carta, comunque, è solo un problema di volontà.
Per quanto riguarda il compenso è un po’ strano che 5.000 euro siano tassati e gli altri dieci siano esentasse. Se un cittadino si facesse pagare a nota spese non documentata si troverebbe subito la Finanza sotto casa.
La classe politica, in pratica, sta dimostrando di non capire.
Cosa intende dire?
La gente è arrabbiata e inizia ad aver fame. Se non arriva un segnale in breve tempo il Paese esplode, anche perché sui giornali e in televisione non si parla d’altro. Eppure i politici continuano a difendere le proprie rendite di posizione. Sta di fatto che se chiedi a un operaio quanto guadagna ti risponde 1.200 euro, senza specificare che ne spende 600 per recarsi al lavoro o per il pranzo. E lo stesso dovrebbe valere per i deputati e per i senatori.
Ma secondo lei, il fatto di avere una classe politica, da un lato esautorata dal governo tecnico, e dall’altro con una credibilità ai minimi storici non può comportare anche qualche rischio per la nostra democrazia?
Guardi, non è un caso che io abbia smesso di cavalcare l’antipolitica dalla mattina alla sera. A un certo punto mi è venuto il sospetto che dietro questa campagna ci fosse qualcos’altro, anche se la maggior parte delle critiche sono fondate.
Spesso quando qualcuno grida che “fa tutto schifo” si prepara a sostituire un sistema con un altro. E non sempre i cambi di potere sono positivi…
(Carlo Melato)