Peppino Caldarola, già direttore de l’Unità e parlamentare del Pd, guarda con attenzione al dibattito sulla riforma del mercato del lavoro che si sta svolgendo, sia all’interno del Pd, sia tra il governo e i sindacati. Caldarola, pensa che si arriverà a una soluzione, a un compromesso ragionevole sulla riforma del mercato del lavoro? «Credo che qualche passo in avanti sia stato fatto – dice Caldarola a IlSussidiario.net -. Susanna Camusso ha accettato di discutere, punto su punto, con il ministro del Welfare, Elsa Fornero. È indubbiamente un passo avanti. Il segretario della Cgil era partita da posizioni che parevano sopra le righe, poi, ritengo, si sia resa conto che entrare nel merito delle questioni sia la strada migliore per difendere gli interessi dei lavoratori italiani, in una situazione economica e sociale che sembra sempre più complicata».



Ma nel Partito democratico il discorso sulla flexsecurity, la posizione del senatore Pietro Ichino, come viene giudicata?

Non è certamente maggioritaria la proposta di Ichino, anzi è minoritaria. Ma anche lui si deve rendere conto della storia di questo Paese, del ruolo storico della sinistra e dei sindacati. Ho molto rispetto per le sue posizioni, ma qualche volta mi sembra che pecchi di astrattezza. Io comunque credo che un compromesso si troverà anche all’interno del Pd, magari proprio sulla base dell’azione che sta facendo la Cgil. Ho trovato molto interessante, ad esempio, la mediazione che ha fatto il senatore Paolo Nerozzi, un ex cofferatiano di ferro. È il segno che sono in molti a cogliere la difficoltà del momento e a cercare di raggiungere un compromesso.



Su quali basi si potrebbe raggiungere questo compromesso?

Ma io ritengo che alla fine ci si potrebbe basare sul contratto unitario e poi sul prolungamento dei mesi di prova. Al posto dei due mesi, si potrà allungare fino a un anno. Questo già sarebbe un compromesso ragionevole e, a mio avviso accettabile, da parte dei sindacati.

Gli spazi di manovra in questo momento sembrano davvero ridotti. Il Governo Monti sembra più che mai insostituibile.

È proprio così. Più passa il tempo e più ci si rende conto che questo governo sembra quasi indispensabile. I partiti si sono completamente afflosciati. Non si vedono reazioni rilevanti. Credo che, sia a destra che a sinistra, si aspetti solo che Monti possa risolvere questa matassa intricata.



Ma il nodo principale quale è, secondo lei? 

È legato ai prossimi tre mesi, al funzionamento del sistema finanziario internazionale, al ruolo che devono avere le banche nella gestione del credito alle imprese e alle famiglie. Inutile stare a girare attorno a tanti altri problemi, il nodo della questione è soprattutto questo. E non dipende ovviamente solo da noi, dipende dall’Europa nel suo insieme.

È per questa ragione che Monti è volato improvvisamente a Bruxelles e si prepara agli incontri con Nicolas Sarkozy e Angela Merkel?

Credo che Monti, dopo che la manovra che ha varato e dopo aver messo in sicurezza i conti italiani, sia andato a concertare un’azione coordinata dell’Europa, anche un diverso ruolo della Bce. L’Italia ha fatto tutto quello che era possibile, ora tocca anche agli altri trovare soluzioni comunitarie. Ogni giorno che passa, arrivano avvisi di pericolo: la situazione della Spagna, il collasso del’Ungheria. Gli stessi grandi Paesi sono oggettivamente in difficoltà.

Lei teme che ci possano essere dei contraccolpi di carattere sociale in una situazione come questa?

Il clima non è dei più belli. E francamente non vorrei che si scambiasse l’acquiescenza dell’opinione pubblica in questo momento come un fatto scontato. Se si guarda bene, se si parla con le persone, si comprende che sotto questa acquiscenza c’è la brace accesa. Bisogna fare molta attenzione, perché può bastare pochissimo ad accendere delle fiammate di rabbia sociale che possono diventare incontrollabili.

(Gianluigi Da Rold)