Domenico Zambetti, l’assessore alla Casa della Regione Lombardia, è stato arrestato con l’accusa di aver comprato un pacchetto di 4.000 preferenze dall’ndrangheta, per 200mila euro. L’episodio, di per sé, indigna, ovviamente. Tanto più se sommato agli ormai innumerevoli scandali che stanno travolgendo svariate Regioni italiane. Tuttavia, il fatto può essere interpretato secondo un’altra lettura. Era il 24 giugno, e il sindaco di Varese, Attilio Fontana, affermava, su queste pagine: «La Lombardia, Formigoni e la Lega erano gli ultimi baluardi di una certa concezione della democrazia e della politica. Farli fuori spianerebbe la strada a quelle scelte poco democratiche e molto burocratico-europeiste che certa intellighenzia cerca di portare avanti da tempo. Non è un caso che, pochi mesi fa, sia stata utilizzata la Borsa per spaventare il presidente del Consiglio e far cadere un governo democraticamente eletto». Fontana si era detto, inoltre, convinto, del fatto che, dopo la Lombardia, sarebbe toccato a molte altre Regioni. Gli abbiamo chiesto un commento sui fatti di questi giorni.



La prima fu la Lombardia, poi il Lazio, con gli scandali annessi; nel frattempo, la Guardia di Finanza sta passando al setaccio le Regioni Piemonte ed Emilia Romagna.

Guardi, io non ho mai ceduto al complottismo. Mai, nemmeno una volta. Alla mia tenera età, tuttavia, sono convinto che sia in atto un complotto molto ben orchestrato che stia cercando di porre in essere qualcosa di molto peggiore di un semplice regime centralista.



Cosa?

Credo che sia in gioco la stessa democrazia. Spero di sbagliarmi. Ma ho questa impressione da almeno sei mesi.

Effettivamente, alcuni mesi fa, ci disse qualcosa di analogo

Nel momento in cui si è instaurato il governo Monti, ho iniziato a percepire un sostanziale cambiamento della qualità di vita del nostro Paese.

Cosa ne pensa, in ogni caso, delle inchieste?

Senza entrare nel merito, lascia quantomeno esterrefatti che Zambetti, intercettato nel febbraio del 2011, sia stato arrestato nell’ottobre del 2012; in questo periodo avrebbe potuto tranquillamente continuare a compiere reati legati all’ndrangheta. Non solo. Le inchieste sulle regioni sono emerse tutte nelle stesso periodo mentre, guarda caso, il governo, in una notte, con un tratto di penna, ha cancellato gran parte della riforma del Titolo V. Il che, assieme all’obbligo per i Comuni di sottoporre le proprie opere al vaglio preventivo della Corte dei conti, ai continui tagli lineari e all’irrigidimento del patto di stabilità, va nella direzione di eliminare gli enti locali. Tanto vale che ci commissarino direttamente e che, invece dei sindaci, nomino dei prefetti da Roma.
Siamo di fronte ad una sorta di Mani pulite bis?



No, allora, effettivamente, ci fu un tentativo, da parte dei giudici, di sovvertire l’ordine costituito; ma fu molto meno violento.  Se ai tempi la magistratura assunse prerogative che non le competevano, oggi siamo di fronte ad un progetto organizzato scientificamente.

Da chi?

Dalle burocrazie europee, dai poteri finanziari e da tutti coloro che hanno interesse nel sottrarre agli enti locali democraticamente eletti il governo del territorio. 
Eppure, una questione morale c’è

E la politica, putroppo, non è mai stata in grado di autoregolamentarsi, lasciando la sua regolazione nell mani di altri.

E adesso?

La politica dovrebbe avere il coraggio di riappropriarsi del proprio ruolo. Senza lasciarsi intimidire dai giornali, o da quello che certi organi di informazione cercano di veicolare come pensiero comune.

Il Parlamento cosa dovrebbe fare?

Quantomeno, dare un segnale approvando la legge sulla corruzione e varando una riforma elettorale decente.

Con le preferenze?

Le preferenze sono un’ipotesi. Non dimentichiamo, tutavia, cosa può nascondersi dietro di esse: ‘ndrangheta, accordi sotterranei o il prevalere di chi dispone di maggiore potere economico.