Forse ci siamo. Non sarà quel progetto ampliamente condiviso, dal sapore – e dalla maggioranza – costituzionale; tuttavia, per lo meno, non resterà tutto uguale a prima. In commissione Affari costituzionali del Senato, la rediviva alleanza Pdl-Lega-Udc ha approvato un testo di riforma della legge elettorale che potrebbe anche giungere alla conclusione del proprio iter e vedere la luce. Pd e Idv hanno votato contro ma, almeno, non si dirà che il Parlamento, mentre il governo tecnico lavorava, se ne è stato completamente con le mani in mano. Tra le principali novità previste dal testo la reintroduzione delle preferenze e l’abbassamento al 12,5% del premio di maggioranza alla coalizione vincente. L’opinione di Marcello Sorgi.
Come valuta le nuove misure votate in Senato?
L’importanza del contenuto della legge è relativa perché potrebbe sempre essere cambiato in corso d’opera. Ciò che emerge è il dato politico, e consiste nel fatto che si è ricostituito, almeno in commissione, il centrodestra. Un centrodestra con l’Udc, assente ormai dalle elezioni del 2008. Si tratta di una piccola svolta, gravida di conseguenze.
Cosa ha smosso le acque?
Indubbiamente l’annuncio del ritiro di Berlusconi. Tuttavia, non essendo ancora possibile darlo per certo, non è detto che il fragile accordo raggiunto in Senato possa avere una prosecuzione alla Camera. Anche perché, alla Camera, Lega e Pdl non hanno la maggioranza.
Hanno bisogno dell’Udc.
Esatto. E’ evidente, quindi, che il partito di Casini ha offerto la sua disponibilità a far parte dell’alleanza in cambio delle preferenze e, soprattutto, del ritiro di Berlusconi. E, se la rinuncia non sarà effettiva, il tavolo delle trattative salterà inevitabilmente, mentre l’Udc tornerà più agguerrita che mai a dar battaglia al Pdl, facendosi forte del fatto che il suo leader è un imbroglione.
Eppure, Berlusconi, come è noto, disprezza il sistema delle preferenze. Perché, allora, il suo partito le ha accettate? Forse, è il segno che si tratta di un passo indietro reale?
Credo che Berlusconi, nella situazione in cui si trova, sia disposto a qualunque cosa pur di rimettere insieme il centrodestra, anche ad uscire dalla politica. Solo in questo modo ha qualche chance di scongiurare la vittoria del centrosinistra, data praticamente come certa, e la relegazione del suo partito all’opposizione. Per lui si tratterebbe della peggiore in assoluto delle ipotesi.
Perché?
Per uno come Berlusconi stare all’opposizione sarebbe la cosa peggiore per la sua storia politica, per le sue aziende e per il suo modo di concepire se stesso. Sta facendo di tutto, di conseguenza, per non far vincere o per far vincere di poco la sinistra.
Fino a pochi giorni fa era opinione comune che lo scopo di Berlusconi, consapevole di non poter vincere, fosse quello di fare una grande coalizione, per poi farne parte alla pari degli altri.
La grande coalizione si farà se non ci sarà una maggioranza politica. Una situazione che potrebbe essere favorita da una correzione in senso estremamente proporzionale della legge elettorale. Già di per sé, aver abbassato il premio di maggioranza al 12,5% va in questa direzione. Spinge i partiti ad avere un po’ meno interesse a coalizzarsi. E’ pur vero che il fronte dei moderati, da Casini a Storace, compresa la Lega, potrebbe ottenere fino al 53%. Ma si tratta di sondaggi che, letti oggi, lasciano il tempo che trovano.
L’accordo sulla legge potrebbe essere messo in discussione dalle frizioni tra Lega e Pdl in Regione Lombardia?
Credo che dopo quanto accaduto ieri, la trattativa dovrà procederà su più fronti; d’altro canto, se l’alleanza si ricostituisse, lo farebbe a tutti i livelli, dallo Stato ai Comuni, passando per le Regioni. Prima che il testo di legge arrivi all’aula del Senato, quindi, verosimilmente i leghisti pretenderanno la testa di Formigoni.
(Paolo Nessi)