La Procura di Palermo, negli atti depositati alla Consulta, nell’ambito del conflitto tra poteri dello Stato sollevato dal Quirinale in cui si è costituita, afferma, in sostanza, che solo se Napolitano fosse il re d’Italia si sarebbero dovute considerare del tutto illecite le intercettazioni delle sue conversazioni con il senatore Mancino e, di conseguenza, da distruggersi senza indugio. Secondo i difensori dei pm di Palermo, in particolare, l’immunità assoluta si potrebbe ipotizzare solo nel caso in cui fosse riconosciuta al capo dello Stato «una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali. Una simile irresponsabilità finirebbe invece per coincidere con la qualifica di “inviolabile”, che caratterizza il Sovrano nelle monarchie ancorché limitate». Abbiamo chiesto al senatore Stefano Ceccanti, costituzionalista della Sapienza di Roma, come si sta evolvendo la vicenda.
Può riassumerci il senso delle affermazioni della Procura?
Tanto per cominciare, va detto che la loro costituzione è un atto dovuto, successivo al costituirsi della parte che si è ritenuta offesa, ovvero il Quirinale. Ora, semplicemente, si stanno difendendo. La loro tesi afferma che Napolitano, rispondendo a Mancino, era fuori dall’ambito delle sue attribuzioni, rigidamente fissate dalle Costituzione. Di conseguenza, era intercettabile. Viceversa, sempre secondo la tesi della Procura, affermare che non fosse intercettabile corrisponderebbe a farne una sorta di sovrano assoluto. Il che non è conciliabile con l’ordinamento democratico. Questa, in sostanza, è la loro struttura argomentativa.
E invece?
Tale struttura è già stata ampliamente confutata dall’Avvocatura dello Stato. Secondo la quale, i poteri del presidente della Repubblica non si esauriscono in ciò che afferma l’articolo 87 della Costituzione («può inviare messaggi alle Camere; indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione; autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo ecc…») ma comprendono tutta un’altra serie di poteri funzionali al suddetto articolo.
Ci spieghi meglio
Interloquire con Mancino, ex presidente del Senato, ex ministro ed ex vicepresidente del Csm, è da considerarsi, ovviamente, tra le attività che competono al presidente della Repubblica per poter esercitare il proprio mandato. Si tratta della sfera di attribuzione funzionale alle prerogative del capo dello Stato. La telefonata sarebbe stata di tutt’altra natura se dall’altro capo del telefono ci fossero stati, per intenderci, un suo parente stretto, un amico o un conoscente. In tal caso, si sarebbe trattato di una semplice chiamata privata. La questione del monarca, quindi, non c’entra nulla. Casomai, riguarda la magistratura.
Cosa intende?
Nello schema della Procura, la magistratura, nel momento in cui intercetta, avrebbe facoltà di stabilire in cosa consistano le attribuzioni del capo dello Stato e in cosa non consistano. E nessuno dovrebbe poter contestare un tale giudizio. Se così fosse, saremmo di fronte ad una sorta di assolutismo della magistratura. Se passasse tale principio, si altererebbe profondamente l’equilibrio tra poteri, sbilanciandosi eccessivamente a favore dei magistrati.
Tuttavia, non crede che, a questo punto, si ponga un problema di fumosità della disciplina che limita l’ambito della attribuzioni del presidente della Repubblica?
E’ difficile stabilire a priori quali tipologie di attività rientrino nell’esercizio delle sue funzioni, se non addirittura impossibile. Ci si può arrivare, al limite, per via interpretativa.
Le pare normale, in ogni caso, che le 4 intercettazioni che riguardano Napolitano, su un totale 9.295 delle telefonate di Mancino (è stata la Procura stessa a rivelare questi dati su richiesta della Consulta), ancora non siano state distrutte?
Secondo l’interpretazione del Quirinale, le intercettazioni erano state effettuate nell’ambito dell’esercizio delle funzioni di Napolitano, secondo la Procura, tale esercizio non si identificata e, di conseguenza, prima di procedere alla distruzione occorre l’udienza.
Crede che la vicenda nel suo complesso, e a maggiore ragione alla luce della tesi difensiva della Procura, rischi di indebolire il ruolo di Napolitano?
Direi di no. Comunque vada, la vicenda si chiuderà a dicembre. E gli argomenti della Procura sono talmente deboli che non sortiranno alcun effetto.