La commissione Affari costituzionali del Senato si è espressa a favore della nuova proposta di legge elettorale. Nel testo, che porta la firma del senatore del Pdl Lucio Malan, un terzo dei candidati sarà eletto tramite listini bloccati e due terzi nelle circoscrizioni. Nessuno spazio alle preferenze, che pure secondo diversi opinionisti garantirebbero ai cittadini una maggiore possibilità di scelta nei confronti dei loro rappresentanti. Ilsussidiario.net ha intervistato Gianfranco Pasquino, docente di Scienza politica all’Università di Bologna.
Professor Pasquino, ritiene che sia più democratico un sistema con o senza le preferenze?
Se l’alternativa è tra con o senza, è meglio con. Ritengo però che la vera alternativa sia tra avere le preferenze e trovare un altro meccanismo. L’altro meccanismo, sicuramente migliore, sono i collegi uninominali secchi. In questi ultimi chi vince è eletto e chi perde non viene recuperato attraverso un meccanismo proporzionale o l’inserimento in una lista bloccata. E’ la ragione per cui ritengo che il Mattarellum vada cambiato, sostituendolo con il sistema alla francese nel quale chi vince lo fa passando attraverso il vaglio degli elettori e chi perde è eliminato.
Se un partito ha due buoni candidati nello stesso collegio, con l’uninominale è costretto a escluderne uno …
Non capita mai, in primo luogo perché purtroppo non c’è abbondanza di buoni candidati. In secondo luogo, se un partito dovesse avere davvero due buoni candidati, il secondo può presentarlo in un altro collegio. Nel nostro Paese non esistono requisiti di residenza, mentre c’è sempre un numero abbondante di candidati paracadutati e paracadutabili.
Perché ritiene che i collegi uninominali siano migliori delle preferenze?
Perché con l’uninominale i candidati non possono sfuggire all’esame dell’elettorato, e se vogliono essere rieletti dovranno tornare in quel collegio. Con le preferenze al contrario c’è un numero notevole di candidati, e ciascuno di essi non corre contro i candidati degli altri partiti bensì contro quelli del suo stesso partito.
E quindi?
Quindi chi controlla le preferenze può farle convergere sull’uno o sull’altro candidato e poi ritenerlo responsabile, anzi “imputabile” per quello che farà o non farà. Sono le preferenze che hanno consentito alla ‘Ndrangheta di comperarsi un assessore alla Regione Lombardia, e a Fiorito di crescere esponenzialmente perché più favori faceva e maggiori erano i voti che otteneva. Il sistema italiano purtroppo è molto malato e sostanzialmente incurabile.
L’eliminazione delle preferenze ha spostato solo il problema, in quanto la malavita ha altri sistemi per condizionare i partiti …
La ‘Ndrangheta può condizionare i partiti, ma per la scelta dei candidati nei collegi c’è la possibilità di ricorrere alle primarie. C’è inoltre sempre l’eventualità che qualche dissenziente denunci che un certo candidato è sostenuto dalla criminalità organizzata, e che decida di sfidarlo candidandosi a sua volta. In questo modo aumenta la trasparenza del sistema e per la criminalità organizzata diventa più complicato riuscire a controllare chi vincerà. Occorrono inoltre partiti in grado di non candidare personaggi collusi, esercitando un controllo che si sommi a quello di magistratura e polizia.
Che cosa impedisce che la malavita condizioni le primarie?
In linea teorica può avvenire anche questo, ma da quello che sappiamo in realtà le cose sono ben diverse. I candidati delle primarie sono selezionati in quanto devono raccogliere delle firme tra gli iscritti. Inoltre non si tratta di sconosciuti e quindi il partito, nel caso in cui si rendesse conto che c’è un pre-inquinamento, può anche decidere di non permettere quella candidatura.
Per quale motivo i collegi uninominali non sono stati inseriti nella nuova legge elettorale?
Perché il centrodestra è convinto che con i collegi uninominali perderà, mentre con il proporzionale potrebbe vincere. Non riesco a capire per quale motivo dovrebbe andare così, se non in quanto Pdl e Lega non avrebbero persone sufficientemente conosciute, per potere entrare in un collegio uninominale con ragionevoli possibilità di vittoria. Ma continuo a pensare che le cose non stiano così. Un candidato leghista in un collegio uninominale, nelle zone dove il Carroccio è sufficientemente forte, potrebbe vincere magari non al primo turno ma al secondo. Ritengo quindi che il no del centrodestra all’uninominale sia una posizione ideologica e controproducente.
(Pietro Vernizzi)