A poche settimane dagli scandali che hanno travolto la Regione Lazio, facendo prendere alla governatrice Polverini la decisione di dimettersi, è giunto il turno della Lombardia. Lunedì Formigoni presenterà la nuova giunta. Poi, entro Natale, ci saranno nuove elezioni. Sarà un caso che tutto è accaduto in così poco tempo? Non lo è. E neppure il fatto che, da un anno a questa parte, l’Italia è governata da una compagine tecnica insediatasi al posto di un esecutivo indicato da un Parlamento eletto dal popolo. Secondo il direttore de Gli altri, Piero Sansonetti, non si può parlare di complotto. Ma di un disegno lucido con attori ben noti che operano in maniera poco trasparente, sì.
Direttore, che idea si è fatto di tutta la vicenda?
Mi pare evidente che quella contro Formigoni sia un’operazione squisitamente politica.
Orchestrata da chi?
Partiamo dal presupposto che la caduta di Berlusconi, al di là di come si concluderanno le sue personali vicende giudiziarie e del ruolo che si ritaglierà in futuro, c’è stata. E ha comportato una cambio della guardia, un terremoto, anzi, ai vertici della borghesia italiana della quale, dal 1994, aveva assunto la leadership.
Non crede che si debba parlare di un potere a sé, comprendente buona parte dei salotti buoni e della finanza italiana?
Su questo non c’è dubbio. Ma sta di fatto che il comando, in questi anni, lo ha avuto lui. In molti, tra cui Fiat, Mediobanca o tutta la borghesia piemontese, non l’hanno mai sopportato, questo è vero. Ma l’hanno subìto. Ora, quindi, venuta meno la sua leadership, si è verificata una liberazione di forze che intendono modificare i rapporti di potere, e assumere la guida della borghesia e della politica italiana.
Torniamo alla Lombardia.
…Naturalmente, questo produce contraccolpi molto forti. Specialmente in Lombardia dove, assieme al Piemonte, risiede il gotha della borghesia italiana. La riapertura di questi giochi rimette in discussione tutte le interfacce politiche. Era inevitabile che un personaggio come Formigoni che, per 17 anni è stato il capo della borghesia lombarda, sarebbe stato il primo ad essere fatto fuori dopo Berlusconi.
Il conflitto è solo italiano?
Se finora l’ideale democratico e quello europeo erano considerati compatibili e gerarchicamente organizzati, con il primo superiore al secondo, oggi l’ordine è stato capovolto. Il disegno europeo, infatti, prevede un’Europa al di sopra, e non al di sotto o a fianco della democrazia. All’interno di un tale disegno, occorre indebolire gli Stati nazionali e, al loro interno, le Regioni che dispongono di risorse e di una quota importante di sovranità.
Che ruolo ha assunto, in questo quadro, la magistratura?
E’ il solito problema della giustizia a orologeria. Non tanto perché vengono decise strategicamente le date delle inchieste e dei processi, quanto perché la magistratura è da tempo estremamente sensibile al mondo dell’informazione: la campagna contro la Lombardia e contro Formigoni è partita prima dai giornali. Del resto, ormai da anni, l’interlocutore della magistratura è la stampa, non più la politica che, al limite, ne subisce le incursioni o cerca di cavalcarne le inchieste.
Come sta succedendo in Lombardia?
Per forza. Essendo la magistratura, in Italia, praticamente l’unica titolare dell’iniziativa politica, la sinistra non può fare altro; come, d’altro canto, in molte altre occasioni, la destra. In ogni caso, la sinistra raccoglie quello che può: con quanto sta accadendo nel Lazio e in Lombardia ha avuto due colpi di fortuna enormi; nel primo caso, la sua vittoria è scontata mentre nel secondo, pur avendo molte meno chance di vittoria, guadagnerà parecchio seggi in più in Consiglio.