Giovedì l’assessore alla Sanità, Paolo Monferino, ha dichiarato la Regione Piemonte “tecnicamente fallita”. Ieri il presidente Roberto Cota ha organizzato una conferenza stampa per spiegare che si è trattato di affermazioni riprese fuori contesto, e che “i conti non sono fuori controllo. L’assessore Monferino ha usato un’espressione da settore privatistico, ma ritengo che in questo momento una mentalità di rigore e di efficienza sia quella che ci vuole per raddrizzare la barca”. Ilsussidiario.net ha intervistato Gianna Pentenero, consigliere regionale del Partito democratico in Piemonte ed ex assessore della giunta presieduta da Mercedes Bresso.



Chi ha ragione, Monferino nel dire che la Regione è fallita o Cota nello smentire tutto?

C’è una situazione di incertezza, nel senso che giovedì si è detto che la Regione era in una situazione di cassa a livelli drammatici, al punto da essere sulla soglia del tracollo finanziario, mentre ieri si è fatto un passo indietro. Le minoranze hanno chiesto un consiglio regionale ad hoc sul tema per fare chiarezza. Di fronte a dichiarazioni così pericolose e così importanti, non si può immaginare di essere così superficiali e di creare tutto questo allarmismo. O è vero o non è vero, i numeri non si possono mistificare.



E’ vero che all’origine del dissesto finanziario ci sono scompensi accumulati dalle Asl da 20 anni?

Il problema della sanità piemontese arriva da lontano, cioè almeno dal secondo mandato del governatore Enzo Ghigo. Durante la giunta Bresso gli interventi fatti non hanno permesso di sanare totalmente una situazione difficile e complicata. Cota ha accettato il piano di rientro senza prima accettarne la reale sostenibilità. Il fatto che poi le Asl non trovino rispondenza alle loro spese rispetto al bilancio regionale, è un aspetto che va chiarito e certificato. Rappresenta davvero una situazione di grave dissesto e di irresponsabilità. Tutti questi elementi messi insieme creano una situazione che potrebbe essere esplosiva.



Per quale motivo il piano di rientro non andava accettato?

Si tratta di un piano che prevede il rientro rispetto alle risorse che la Regione ha stanziato per la sanità, raggiungendo una situazione di pareggio ipotizzata dal ministero. Questa era probabilmente una situazione che andava valutata con più attenzione da parte della giunta Cota, in quanto il piano del governo non è sostenibile.

C’è anche un problema di trasferimenti nazionali?

Sì. Anche nella finanziaria 2013 c’è un ulteriore taglio delle risorse della sanità, e ciò diventa un nuovo gravame su una situazione già di per sé complicata. E’ davvero un quadro difficile, per il quale occorre fare chiarezza e avere le informazioni corrette che non possono cambiare da un giorno all’altro. Non si può certo ragionare in questo modo rispetto a una Regione che oggi sembra porre dei rimedi difficoltosi su un tema quale quello della sanità.

 

Se la responsabilità è anche della Bresso e il problema è legato ai trasferimenti nazionali, perché Cota si deve dimettere?

 

Le dimissioni di Cota sono un segnale che bisogna dare. Negli ultimi due anni e mezzo abbiamo assistito gradualmente a un peggioramento della situazione mese dopo mese. C’è un’incapacità nel dare risposte incisive, e il piano che è stato approvato non è in grado di risolvere il problema.

 

Che cosa farebbe il Pd se avesse la maggioranza?

 

La prima cosa da fare è rivedere il piano di rientro con il ministero. Il piano sanitario non consente un’ottimizzazione delle risorse all’interno delle nostre aziende sanitarie. E’ necessaria un’analisi sulle Asl più piccole e sugli eventuali doppioni. Si tratta peraltro di un percorso che era stato iniziato dall’assessore alla Sanità della giunta Bresso, Eleonora Artesio. Occorre realizzare un’analisi di quei servizi che possono essere ancora gestiti in forma più efficiente grazie a una maggiore collaborazione con le aziende sanitarie. Ritengo ancora valida la soglia di riduzione delle aziende sanitarie presentata con il piano della giunta Bresso.

 

(Pietro Vernizzi)