“Oggi il Pdl è peggio della peggiore Democrazia Cristiana: con lacci, briglie, organigrammi, statuti, congressi, coordinatori e vicecoordinatori”. Daniela Santanchè torna all’attacco, questa volta ai microfoni di Radio Città Futura, chiedendo a gran voce l’azzeramento del partito e una radicale rifondazione dei ruoli e del programma politico. “E’ lo stesso Berlusconi – ha aggiunto – a dire da tempo che il Pdl non esiste più e che si deve cambiare”. Per questo motivo, spiega ancora, “bisognerebbe abituarsi a essere meno omertosi e a dire veramente e in maniera trasparente quello che succede nel nostro partito: io non ho difficoltà a dire che sarebbe opportuno sciogliere il Pdl e ripartire con una cosa nuova”. Il giornalista Rai Luciano Ghelfi, raggiunto da IlSussidiario.net, si trova in parte d’accordo con la necessità di rinnovare profondamente il Pdl, anche se definisce le parole della Santanchè come «il frutto avvelenato del “renzismo”, vale a dire l’effetto di ciò che Renzi sta attuando nel Partito Democratico».



Cosa crede stia tentando di fare la Santanchè?  

Credo stia cercando di dare una forte scossa al partito, chiaramente anche con l’interesse personale di guidare un processo che appare ormai inevitabile. E’ indubbio infatti che a destra sia arrivato il momento di un radicale cambio e la Santanchè ha deciso di essere la prima a percorrere con fermezza questa strada. Certo non so quanto possa essere considerata credibile in questa operazione.



I membri del partito l’hanno attaccata duramente…

Fino a rinfacciarle la rottura del 2008, quando è stata candidata alla presidenza del Consiglio con La Destra di Storace proprio contro Berlusconi. Resta il fatto che, più o meno come Renzi, anche dalle parole della Santanchè non traspare chiaramente cosa dovrebbe venire dopo la rottamazione del “vecchio” partito, anche perché non se ne può fare una questione solamente anagrafica.

Nel Pdl poi i giovani non mancano.

A partire dallo stesso Alfano, fino alla Gelmini o alla Meloni, in questo momento vi sono sicuramente più giovani che a sinistra. Quindi il problema oltrepassa la natura anagrafica e diventa probabilmente contenutistico, l’aspetto cruciale su cui ho l’impressione che il Pdl brancoli ancora nel buio.



Che conseguenze potrà avere la posizione della Santanchè?

Come minimo non farà altro che accelerare un processo: la Santanchè ha posto un serio problema e il Pdl deve adesso sciogliere quei nodi che sono tutti politici. Davanti al partito si pone infatti un grande ostacolo.

Quale?

Da una parte vi è il tentativo di riagganciare la Lega, tramite la candidatura di Maroni a presidente della Regione Lombardia, dall’altra quello di riavvicinrsi a Casini. Sono però due ipotesi assolutamente inconciliabili e forse ha ragione il senatore del Pdl Raffaele Lauro quando dice che il Pdl assomiglia, ogni giorno che passa, all’asino di Buridano. Il partito si trova nel mezzo, tra Lega e Udc, senza riuscire a decidere quali delle due strade percorrere. Questo è certamente un grande problema di fondo.  

Da cosa crede sia rappresentata quella linea di confine oltre la quale il Pdl rischia davvero di scomparire?

Credo che la “linea del Piave” del Pdl sia la candidatura di Musumeci in Sicilia. Se dovesse farcela, probabilmente si creerebbe un punto da cui il Pdl potrebbe anche ripartire. Al contrario, se dovesse vincere Crocetta, allora credo che potrebbe anche scattare il cosiddetto “liberi tutti”, quindi un’uscita di scena in ordine sparso. Dopo l’apertura della crisi in Lombardia, con una sconfitta di Musumeci il Pdl sostanzialmente non esisterebbe più. 

Come mai la partita di Musumeci in Sicilia è così importante?

Perché il Pdl deve dimostrare la capacità di saper ancora mettere in campo una proposta politica credibile: se il partito riuscirà a vincere con le sole proprie forze, senza l’Udc, senza Miccichè e senza Lombardo, potrà offrire una prova concreta di essere una forza politica ancora in vita. Se invece dovesse fallire, in quella Regione che nel ’94 fu la terra “del 61 a 0”, è chiaro che dovrà ammettere il proprio fallimento.

Vi sono diverse voci secondo cui dietro le parole della Santanchè vi sia l’appoggio dello stesso Berlusconi. Cosa ne pensa?

Potrebbe anche essere vero. Berlusconi in effetti non si è scaldato così tanto per smentire la Santanchè. Ha fatto parlare Bonaiuti, è vero, ma ha scelto di non metterci la faccia personalmente. Probabilmente la Santanchè è brava anche ad intercettare una sofferenza di Berlusconi nei confronti del suo partito che è ormai avvertito come un peso.

Si dice anche che sia in atto un duro braccio di ferro tra Berlusconi e Alfano.

Una guerra interna è senza dubbio presente e i segnali ci sono tutti. Alfano, lanciato inizialmente da Berlusconi, sembrava per un momento essere stato messo da parte proprio dal ritorno del Cavaliere, mentre adesso è nuovamente in prima linea a trascinare il gruppo. Credo però che questo andrà avanti finché Berlusconi non avrà sciolto il nodo riguardo il proprio futuro, il tutto mentre Casini continua a dire che è necessario rottamarlo. Questo, dunque, significa che il primo prezzo da pagare per l’accordo tra Casini e moderati è il sostanziale ritiro di Berlusconi dalla scena politica, cosa non facilissima da immaginare.

Cosa deve fare adesso il Pdl?

Senza dubbio deve aprire un necessario processo di rinnovamento interno e decidere che cosa vuole essere nel 2013. Circolano talmente tante voci, attribuite a Berlusconi e al suo entourage, che francamente credo sia proprio arrivato il momento di calare le carte. Berlusconi però tarderà ancora, perché certamente vorrà vedere quale sarà la legge elettorale con cui si andrà al voto.

 

(Claudio Perlini)