Mai prendere alla lettera certe affermazioni e tentare di interpretarle senza conoscere il tono e il contesto in cui sono state pronunciate. Trattasi infatti di esercizio pericoloso in quanto fonte di facili fraintendimenti nonchè inutile, in quanto difficilmente verificabile. Val piuttosto la pena di leggere il tutto in filigrana, nel tentativo di discernere un senso compiuto e possibilmente positivo. E, pertanto, al di là delle possibili chiose, è indubbio che il Premier abbia toccato, pur con una formula quanto meno originale, un tema cruciale per il risanamento del Paese, tema che va di pari passo con il richiamo alla moralità necessaria all’uomo politico, richiamo fatto da più voci , e autorevoli, dall’interno del mondo cattolico.
Se la prima cosa da fare è recepire l’urgenza e la drammaticità dell’evasione fiscale, la seconda – che segue a ruota – è di prendere atto che, purtroppo, il rapporto tra cittadini, anche fiscalmente non evasori, e sistema fiscale nel suo insieme, si è andato da tempo fortemente deteriorando e non solo per l’incremento della pressione fiscale, da tutti definita ben al di sopra degli standard europei, ma per le mille sfumature di ingiustizia di cui il sistema stesso, soprattutto nelle sue fasi applicative, è intriso. Vi è, infatti, una immoralità sostanziale e radicale di chi sistematicamente si sottrae ai suoi doveri verso lo Stato, e che va combattuta in quanto profondamente ingiusta, drammaticamente incivile, e vi è – a lato – un sistema che è intessuto di dettagli percepiti dal cittadino come profondamente scorretti e vessatori. Ciascuno ne fa o ne ha fatto esperienza: non è stato certamente da ciò scoraggiato nel continuare a compiere i propri doveri verso il fisco ma ne ha tratto un senso di sfiducia, di lontananza da quel principio fondamentale del no taxation without representation, che è la base della democrazia.
Qualche esempio? Le norme fiscali sono di difficile interpretazione e solo raramente i cittadini sono in grado di gestire in autonomia le proprie dichiarazioni dei redditi; si tassano le borse di studio, in quanto redditi assimilati ai redditi da lavoro; se si ha un credito nei confronti dello Stato, questo viene restituito dopo molto tempo e senza interessi; spesso le sanzioni vengono applicate senza proporzione rispetto alla violazione… E, poi, fatto ancora più grave: alle famiglie non viene riconosciuta una no tax area corrispondente alle spese essenziali da esse sostenute per il mantenimento dei figli e solo raramente possono dedurre o detrarre fiscalmente spese per l’acquisto di servizi che pure sono indispensabili per lo svolgimento dei compiti di educazione e di cura che gravano sulla struttura familiare. Basti pensare alla annosa questione della parità scolastica, tema mai sopito né mai risolto a casa nostra.



Tutto questo giustifica l’evasione? Ovviamente no. Esso serve solo a mantenere alta la soglia della dimensione critica della partecipazione democratica la quale, oltre a pretendere la legalità che deve caratterizzare uno stato di diritto, comporta che si guardi a tutti gli aspetti del problema e si ponga mano a riforme di sistema, volte a rendere più giusto l’ordinamento nel suo complesso. E’ importante, quindi, che la “caccia agli evasori” non esaurisca la domanda di giustizia che i cittadini rivolgono alle istituzioni in generale e all’amministrazione fiscale in particolare; ed è fondamentale che essa non diventi un paravento per evacuare la necessità, oggi fortemente sentita, di ricreare le condizioni perché tra cittadini e fisco si instauri un clima di fiducia senza del quale anche il più accanito progetto di riduzione dell’evasione fiscale risulta un colosso con i piedi di argilla. 
Se dietro alle affermazione del Capo del Governo sta tutto questo, esse sono più che benvenute. Ma non bisogna fermarsi a metà del percorso.

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