Pare che anche il Pdl abbia al suo interno qualcuno intenzionato a rottamare l’anziana classe dirigente. E pure il Pdl. Secondo Daniela Santanchè quel che resta del partito fondato da Berlusconi «è peggio della peggiore Democrazia Cristiana: con lacci, briglie, organigrammi, statuti, congressi, coordinatori e vice-coordinatori». Quindi, tanto vale azzerare tutto e ripartire. Un azzeramento vero – non il maquillage ventilato nei giorni scorsi – dopo il quale, dell’attuale formazione, non dovrebbe rimanere pietra su pietra. Ovvio che l’ipotesi e gli attacchi personali a svariati esponenti della nomenclatura “rei” di eccessivo montismo stiano suscitando non poche polemiche. Fabrizio Rondolino, tuttavia – che non nasconde di conoscere bene ed essere amico della “pasionaria” del Pd – ci spiega perché l’archiviazione totale possa avere qualche ragione.
L’impressione, è che se la Santanché parla di neutralizzazione del partito si sia, quantomeno, consultata con Berlusconi
Berlusconi, in realtà, in questa fase è particolarmente imperscrutabile. La prima impressione è che lui abbia preso le distanze dal Pdl. E con Pdl intendo il suo gruppo dirigente. D’altro canto non ha ancora deciso che ruolo si ritaglierà in futuro. Non sa se ricandidarsi o no, se sarà assolto o meno; c’è chi dice, addirittura, che tornerà a occuparsi di televisioni, altri che pensano che si trasferirà all’estero. Regna, oggettivamente, l’incertezza. Il che, per il centrodestra, è un dramma.
Perché?
Perché il Pdl è inevitabilmente Berlusconi-centrico. Non tanto nel senso banale di chi lo ha sempre descritto come partito azienda, come ai tempi Forza Italia, quanto perché Berlusconi ha coalizzato un mondo che, altrimenti, sarebbe stato profondamente diviso. Ha messo insieme le forze del pentapartito e il suo “nuovismo” personale e, in seguito, la Lega e l’Msi, svolgendo un ruolo da federatore. La stessa Udc non sarebbe praticamente mai esistita senza una Forza Italia cui accodarsi. Senza Berlusconi, quindi, viene meno il collante delle forze moderate del centrodestra.
In questo quadro, quindi, che ruolo svolge la Santanché?
Quello della portavoce non di Berlusconi, ma dei berlusconiani orfani del leader e che vedono in lei, pur nel suo modo di porsi un po’ tranchant, un possibile erede; e, più che del Berlusconi federatore, di quello rivoluzionario, che non ne può più delle mediazioni, del teatrino della politica o del consociativismo. Non so se tale elettorato ammonti al 10, al 15 o al 20%, ma so che esiste.
Secondo la Santanché, i dirigenti del Pdl vanno rottamati anche in quanto montiani. Gli è stato risposto che il primo ad essere rottamato, allora, dovrebbe essere Berlusconi…
In realtà, la posizione di Berlusconi nei confronti di Monti è ambivalente. C’è da un lato l’imprenditore, che vede Monti e tira un sospiro di sollievo, perché ha salvato l’Italia dal default; dall’altro, il politico che, invece, reputa il premier il peggio del peggio, perché lo assimila all’eurocrazia, alle elite che governano nonostante il popolo. L’antimontismo della Santanché coincide, quindi, con la posizione di chi non accetta che a governare l’Italia siano i banchieri, la Merkel o le commissioni europee.
In ogni caso, non crede che la sua posizione sia compatibile esclusivamente con la creazione di una lista propria e, di conseguenza, con lo spacchettamento del Pdl?
Se la premessa della Santanché è che il Pdl non esiste più, il problema non si pone. Lei, di conseguenza, vuol dare rappresentanza a chi si trova spiazzato dai “neodemocristiani” del Pdl.
In ogni caso, cosa prevede? Ci sarà una scissione, o il Pdl, in un modo o nell’altro, si ricompatterà prima delle elezioni?
Credo che sia ancora troppo presto per dirlo. Molto dipenderà dalla legge elettorale. Il proporzionale indurrà ciascuno ad andare per il conto proprio. D’altro canto, lo stesso porcellum, in maniera mascherata, produce lo stesso effetto. Se è sufficiente allearsi in coalizione per vedersi abbassata la soglia di sbarramento al 2%, il gioco è fatto.
(Paolo Nessi)