Era sul punto di rovesciare per l’ennesima volta il tavolo da gioco. Poi, si è dovuto fermare. Berlusconi, dopo aver promesso il passo indietro a cui ben pochi tuttora credono, stava mettendo a punto una lista personale. Si sarebbe dovuta chiamare “l’Italia che lavora” ed essere costituta da pasdaran berlusconiani e personaggi della società civile. Poi, sondaggi alla mano, gli hanno spiegato – e l’hanno convinto – che una formazione del genere avrebbe preso tra il 4 e il 6%. Una disfatta. Meglio pensare ad altro. In attesa della prossima trovata, il Pdl è praticamente allo sbando. Abbiamo chiesto a Paolo Franchi qual prospettive si prefigurano.



Secondo lei, Berlusconi che intenzioni ha?

Credo che non abbia ancora ben chiaro cosa fare del suo futuro. L’impressione è che sia combattuto tra la spinta a fare un passo indietro e quella a continuare a restare in campo. D’altro canto, pure il Pdl, al suo interno, è animato da pulsioni contrapposte.

Quali?

In molti vorrebbero il superamento di Berlusconi. Tanti altri, tuttavia, sembrano attanagliati dalla paura di non sapere che direzione assumere senza la presenza del leader storico. Vedo, in sostanza, un partito privo di prospettive politiche e di leadership alternativa.  



Crede, in ogni caso, che il Pdl potrebbe sopravvivere a Berlusconi?

Il Pdl, così come lo conosciamo, no. Nel bene o nel male è una costruzione politica voluta e governata dall’ex presidente del Consiglio.  Sopravvivrà, caso mai, buona parte dell’attuale personale politico del partito. Tuttavia, l’incognita è: dove andrà?  

Lei escluderebbe un’alleanza tra il Pdl deberlusconizzato e l’Udc?

Beh, ma chi la condurrebbe questa trattativa? Alfano? E con quale rappresentatività politica? Guardi, da qualunque parte la guardiamo, il problema sempre lo stesso: il Pdl senza Berlusconi è destinato al disfacimento. E’ inutile, quindi, discutere di un’alleanza tra l’Udc e di una cosa che non esiste.



Intanto, la lista che Berlusconi sarebbe intenzionato a creare è data solamente tra il 4 e il 6%.

La semplice aritmetica non è sufficiente a descrivere quello che accadrebbe se Berlusconi andasse per conto suo lasciando il Pdl in balìa di se stesso. Il partito, attualmente, è dato attorno al 15%. L’assenza di Berlusconi non comporterebbe una semplice detrazione del 4-6% lasciando intatto l’8-10% rimanente, come si è tenuti a supporre. Senza di lui si scomporrebbe in tempi rapidi. L’elettorato della sua creatura, infatti, è estremamente composito e senza di lui fluirebbe in diverse direzioni. Alcuni voterebbero Casini, altri la Lega, altri ancora Beppe Grillo.

A questo punto, quali prospettive rimangono al centrodestra?

Molto dipenderà dalla legge elettorale. Posto che lo schema non sia più fondato su una logica bipolare, l’alternativa all’implosione consiste nell’imporre uno spacchettamento fatto con un minimo di ordine. In sostanza, torna in auge l’ipotesi che era stata attribuita a Berlusconi di creare una serie di liste federate tra di loro. Si tratterebbe, in pratica, di una procedura di “fallimento concordato”; questo, probabilmente, frenerebbe l’emorragia di voti. Tuttavia, affinché lo spacchettamento sia razionale, e per gestire professionalmente l’operazione, occorrerebbero competenze tecniche di cui dubito che il personale del centrodestra disponga.  

E se Berlusconi si rimangiasse tutto e rimanesse a capo del centrodestra?

Gran parte del Pdl è del tutto contrario. L’ipotesi, tuttavia, non si può escludere. Il vero ostacolo consiste nel fatto che Berlusconi sa bene che si troverebbe parecchio in difficoltà a giustificare come dal 37% delle elezioni del 2008, il suo partito, con lui alla guida, sia crollato al 15%.

Secondo lei, la Lega cosa farà?

Sembra che dalla Lombardia si stiano gettando le basi per la costruzione di un nuovo accordo con il Pdl. Che, dal canto suo, tuttavia, dovrebbe dare ai leghisti la titolarità del nord. Non credo che il suo elettorato muoia dalla voglia di dare alla Lega pure la Lombardia. Lo stesso elettorato del Carroccio, inoltre, dall’uscita di scena di Bossi in poi, si è radicalizzato. Credo, quindi, che l’ipotesi di una nuova alleanza con Berlusconi produrrà resistenze difficilmente sopibili. 

 

(Paolo Nessi)