Non ci sono più alibi per nessuno. La decisione di Silvio Berlusconi annunciata mercoledì permette alla nostra compagine, ma a tutto il centrodestra italiano, di fare un passo avanti decisivo per il futuro. Berlusconi ha contribuito a sgomberare il campo dagli equivoci. E’ il primo di una serie di passi che andranno compiuti da oggi per mettere fine alle divisioni causate dai troppi personalismi. Ora non è più soltanto una speranza quella di tornare a vedere tutti i moderati uniti per lo stesso obiettivo alle prossime elezioni. La divisione innaturale che c’è stata sino ad oggi tra le forze politiche del centrodestra ha contribuito ad affievolire l’energia per il cambiamento del paese, e ha dato al centrosinistra il coraggio di rialzarsi dal fallimento della propria proposta di governo.
La situazione dell’economia ci ha messo di fronte a un dibattito che richiede risposte. La scelta delle primarie ci consente finalmente di discutere anche pubblicamente della direzione che vogliamo prendere. Finora siamo stati preoccupati, ossessionati, dal contenitore più adatto a noi ed al nostro consenso, tralasciando quasi l’impronta ideale che abbiamo il dovere di mettere a disposizione della società. Questi contenuti non dobbiamo affatto inventarceli. Sono gli stessi obiettivi dei grandi partiti popolari europei. «Non c’è bisogno di politiche moderate, ma di riforme radicali, possibili superando le distanze tra destra e sinistra». Le parole di Mario Monti sulle “politiche moderate” non devono essere viste come un freno al nostro rilancio.
“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. I partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi”. Questo è l’inizio del celebre “Appello agli uomini liberi e forti” con il quale il 18 gennaio 1919 venne fondato il Partito popolare italiano.
Le “riforme radicali” a cui fa riferimento il presidente Monti, sono nello spirito non tanto di gente che si definisce moderata, ma di gente che ha nel cuore la patria e l’Europa, la famiglia e l´impresa, la prosperità e la pace.
Per recuperare la credibilità che abbiamo perso in questi anni di governo, durante i quali abbiamo sprecato le numerose occasioni che i cittadini ci hanno concesso per mettere in pratica quelle riforme che restano la priorità del paese, occorre mettere fine ad un gioco di potere ormai ridicolo.
Da Italia Futura, a Giannino, alle difficoltà del Pdl e della Lega, si vedono a mare molte scialuppe, ma non si vede nessun cantiere dove costruire una nave capace di essere l’alternativa al campo di Agramante.
Anche per questa ragione, il confronto che precederà le primarie, per la scelta del candidato alla presidenza del Consiglio è quindi un altro momento decisivo. Dobbiamo individuare un leader che sappia recuperare il nostro spirito originario, un candidato capace di dire cose credibili sull’Europa e sul recupero di competitività del nostro Paese, che rifiuti ogni sorta di populismo, ma che rimanga ancorato alla concretezza di soluzioni che favoriscano innanzitutto il primato della persona, determinando istituzioni concepite come frutto di un patto di libertà. Garanti e non padrone della nostra vita, della vita dei cittadini e dei tentativi che fanno per migliorarla.