L’uscita di scena di Berlusconi suscita parecchie perplessità. Se il passo indietro fosse reale e definitivo, gli scenari sarebbe destinati ad alterarsi radicalmente. Tuttavia, l’ipotesi che non si ricandidi alla presidenza del Consiglio – anch’essa messa in discussione da alcuni – non rappresenta di certo l’addio alla politica. La pensa così anche Giuliano Urbani, forzista della prima ora ed ex ministro della Cultura. Secondo il quale il Pdl non potrà mai fare a meno di Berlusconi.
Si parla di scomposizioni, rinascita di Forza Italia, spirito del ’94…
Guardi, non so che nome potrebbe assumere l’eventuale (o le eventuali) nuova formazione. Spero soltanto che assuma i connotati di una forza in grado di aiutare il Paese a uscire dalle difficoltà in cui si trova rispetto a tre diversi ordini di problemi: italiani, europei e mondiali.
Ci spieghi meglio
A livello italiano, dobbiamo aggredire e ridurre significativamente il nostro debito pubblico; a livello europeo va rinegoziato con i Paesi comunitari, anzitutto con la Germania, un modello di convivenza che non disintegri l’unione come quello di adesso; a livello mondiale, dobbiamo tornare ad essere competitivi. Quest’ultimo obiettivo dipende in gran parte dalla realizzazione dei primi due. Tanto più che, non disponendo di materie prime, e basandosi la nostra industria sulla trasformazione dei prodotti, non possiamo fare altro che puntare sull’efficienza del sistema.
Detto questo, crede che il passo indietro di Berlusconi sia reale?
Francamente, non ho nessun motivo per dubitare del fatto che non intenda ricandidarsi a premier.
Quindi, ricoprirà altri ruoli?
Potrebbe contribuire a quanto detto sinora. Solo lui, tuttavia, può chiarire il ruolo che effettivamente intende assumere. Sta di fatto che, qualunque spazio si ritaglierà, è pur sempre lui che ha creato il partito dal nulla. Continuerà, quindi, a godere di infinita autorevolezza sia dentro, perché tutti, in qualche modo, sono sue creature, che fuori, perché gli elettori disposti a seguirlo sono ancora tantissimi.
Secondo lei il Pdl ha le risorse per superare politicamente Berlusconi?
Direi di no. Se il partito è nato per suo volere, non potrà fare altro che immaginarsi in continuità con lui.
E se Berlusconi lasciasse pure la politica e non si candidasse neppure in Senato?
E’ un’ipotesi alquanto inverosimile. A quel punto, il Pdl sarebbe destinato al disfacimento completo.
Come valuta l’ipotesi di un nuovo governo Monti sostenuto dal Pdl?
Mi pare che Monti abbia già dato abbastanza al Paese, evitandoci il baratro. Ora, tocca alla politica agire. Mobilitanto, anzitutto, i rispettivi elettorati. Non mi pare il suo mestiere.
Eppure, Monti, la disponibilità ad essere nuovamente chiamato a fare il premier, l’ha data
Potrebbero essere i partiti ad accordarsi per chiedere tutti insieme di tornare a fare il presidente del Consiglio. Mi pare, tuttavia, che l’ipotesi stia venendo pian piano scartata da tutti gli schieramenti.
Il passo di Berlusconi potrebbe consentire all’Udc di tornare ad allearsi con il centrodestra?
Le intenzioni dell’Udc sono insondabili. In ogni caso, si tratterebbe di una minestra riscaldata. Il problema, oggi, non è quanto una formazione sia sbilanciata o meno al centro, ma di trovare una soluzione alla situazione delle nostre finanze. Tutto il resto è secondario.
Le primarie del Pdl potrebbero produrre un leader vero?
Guardi, anzitutto, normalmente, si tratta di competizioni inficiate da un tale numero di regole assurde da renderne l’esito poco credibile. Posto che ci siano norme ragionevoli, molto dipenderà dai voti che prenderà il vincitore. Se lo scarto con il secondo arrivato sarà esiguo, si tratterà, evidentemente, di una vittoria di Pirro.
E se invece la vittoria sarà considerevole? Il nuovo leader del partito potrà non essere costretto a vivere nell’ombra di Berlusconi?
Anzitutto, dobbiamo pur sempre ricordare che le primarie incoronano il candidato al governo, non il governante. Detto ciò, chi dovesse risultarne vincitore potrebbe godere di una sua autonomia a due condizioni: dovrebbe avanzare una proposta seria e convincete per uscire dalla crisi; e disporre, al di là dell’esito delle primarie, di ”truppe” proprie. Ovvero, di moltissimi voti personali.
(Paolo Nessi)